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La Regina Nera dopo quel confronto, si rifugiò nella cripta in cui esercitava la magia. Si perse a pentersi del comportamento tenuto con Mister Everever. Perché l'aveva chiuso a chiave in quel buco? Per starlo star zitto? Probabilmente da un lato anche per quello. Ma soprattutto perché voleva dargli una lezione, fargli capire che certe domande non deve farle. Non erano neppure amici e lui già si prendeva la libertà di giudicarla. Di mettere in discussione la sua vita e il resto di cui non c'entrava niente. Tuttavia, era convinta che avesse ragione sul modo di vivere che conduceva, infatti quello glielo aveva concesso, ma quella domanda su Memower...non poteva passarla. Come si era permesso di considerare quella torre cadente un luogo senza anima? Nel suo mondo non esisteva quella cultura? Non poteva saperlo, ma immaginò che qualcosa ci fosse. L'Altomondo non poteva essere tanto diverso, era pur sempre un regno fantastico come il suo.

Dopo essersi tormentata per una buona mezz'ora su quell'impertinente e la sua mancanza di tatto, si ricordò di Alice. Quindi, si piazzò davanti alla sfera di cristallo e ci posò delicatamente sopra i polpastrelli. Si concentrò fissando l'oggetto e pochi minuti le si presentò avanti un'immagine: Alice e il Cappellaio, insieme. Erano in una stanza dell'ala destra della Rocca Tetra, piena di cappelli in tessuto rosso e nero. Laureline fu molto rasserenata da quella visione, voleva dire che la ragazza era riuscita ad entrare senza alzare sospetti ed aveva pure trovato Tarrant. Si soffermò per un momento su di lui che tutto sommato non era poi così cambiato rispetto all'ultima volta che l'aveva visto: i cappelli rossi erano li stessi -solo un po' più scompigliati del solito- e le iridi oculari pure -una verde, l'altra di una tonalità più vicina al giallo. La differenza sostanziale era il viso ricoperto da un trucco piuttosto marcato sul viso e le palpebre. Una color blu mare, l'altra rosa. Il tutto accompagnato da uno strato di pelle bianchissima perché ricoperta da troppa cipria.
I due si scambiarono una battuta che la terza ragazza naturalmente non sentì, poi si sorrisero divertiti e una stretta le prese il cuore. I ricordi fecero la stessa cosa passandole attraverso le pieghe più contorte e remote del cervello. Senza che se ne rese molto conto, una lacrima le solcò la guancia pensando che un tempo quegli occhi felici e sorridenti erano tutto per lei. Nei giorni in cui giocavano nella foresta con gli altri, aggiungevano quel tocco in più a una giornata già perfetta o la miglioravano se c'era brutto tempo. Erano motivo di gioia e spensieratezza, specie dopo il loro addio in cui si rivelarono l'unica cosa che rendeva un po' più rilassata agli occhi degli altri la figlia più piccola del re altrimenti perennemente triste e affitta. D'altronde non era ancora capace di "spegnere" completamente le emozioni in modo da non farle intuire, al contrario di quanto imparò in seguito.

Chiuse per un attimo le palpebre e il contatto con la Rocca Tetra si spezzò. Sfortunatamente. Fece qualche tentativo per ristabilirlo, ma per non ci riuscì perché sebbene fosse abile nel praticare quell'arte, non aveva la possibilità di vedere più di una visione al giorno. Sospirò amareggiata e preoccupata allo stesso tempo. Lentamente, con passo pesante ma felino si allontanò per affacciarsi alla finestra. Fissò un punto in lontananza immaginario senza motivo per una decina di minuti circa...nel profondo però sperava di intravedere la reggia della sorella nonostante fosse consapevole che non avrebbe mai potuto. Erano a centinaia di chilometri di distanza e geograficamente parlando, dalla parte opposta rispetto alla posizione della sua torre dalla quale a malapena si poteva scorgere la cupola madre-perlata della torre più alta tra quelle che componevano il castello della Regina Bianca. Il suo pensiero si posò su quest'ultima. Si chiese se Mirana l'avrebbe ospitata per parlare, se avesse anche solo abbozzato un piano per evitare la battaglia. Un attimo dopo scosse la testa scartando l'idea sul nascere. Sua sorella non l'avrebbe fatto sebbene crescendo fosse diventata più educata e giusta...in un certo senso. Ai suoi occhi rimaneva la vile persona che non le ha mai davvero voluto bene, che le rispondeva sempre in maniera meschino a qualsiasi cosa le chiedesse e che non ha mai fatto un passo indietro per lei e Iracebeth. Fin da piccola voleva essere la ragazza modello, mamma e papà si scioglievano davanti alle sue lunghe ciglia e le facevano scontare tutte le punizioni che si sarebbe meritata. Ai suoi occhi era in ogni occasione...perfetta.
Laureline con questi ragionamenti di colpo si accorse di quanto fosse simile alla rossa su una cosa. Una nuova crepa si aprì nel suo cuore, questa volta più dolorosa e penetrante. Perché la famiglia non le aveva mai amate? Perché una andava in giro con dei presunti svitati e l'altra per un maledetto incidente si era presa quella specie di "patologia" che le rendeva la testa enorme?
Non ci volle molto prima che la sua coscienza le rispondesse: si vergognavano di aver due figlie così disperate e diverse dalla gente comune. Questa era la verità e la consapevolezza che lo fosse era a dir poco straziante. A quel punto Laureline decise, quindi si fiondò fuori da quella stanza e di conseguenza giù per le scale. Arrivata in soggiorno prese al volo il mantello, due perle nere da un vassoio appoggiato sul comò d'ingresso e uscì senza preoccuparsi troppo di Evernever che sicuramente se la sarebbe cavata. Era notte fonda e quindi era più che probabilmente che oramai fosse crollato in un sonno profondo. Non si sarebbe svegliato prima che lei tornasse.

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