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Qualche tempo dopo...

Per quanto il tempo nel Sottomondo sia strano e per certi versi incalcolabile, dal giorno del festa passarono circa due anni. Nei quali Laureline e Tarrant non fecero altro che incrementare il loro rapporto rendendolo ancora più forte di prima, lei ignorando ancora ripetutamente i sentimenti che provava nei suoi confronti perché terrorizzata da quello che avrebbero causato se liberati. Kalea imparò a leggere e a scrivere e ogni giorno migliorava a vista d'occhio nella magia - grazie anche a un piccolo aiuto di Erebus che ormai si era stanziato permanentemente. Non aveva più doveri nel suo regno, quindi aveva pensato che finché suo padre stava bene, poteva rimanere lì. Insieme agli amici e a Laureline che oramai nonostante i continui battibecchi, considerava come una sorella. Le voleva un bene dell'anima e sebbene non glielo avesse detto apertamente, desiderava solo il meglio per lei e Kalea. Se lo meritavano entrambe, dopo quello che hanno dovuto affrontare.

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Quel giorno Laureline e Kalea erano a fare una passeggiata nei dintorni. Il Deserto Oscuro non era più una landa in cui non cresceva nulla, ai confini erano cresciuti dei forti e possenti alberi d'acero e nonostante il buio permaneva, vicino a Memower erano riuscite persino ad avere un piccolo orto. Con un incantesimo di Laureline che per qualche ora al giorno creava una specie di luce solare artificiale per far crescere i vari ortaggi. Erano felici e la vita gli sorrideva come mai prima di allora, per loro -una donna esiliata per anni a star da sola e una ragazzina ormai quattordicenne che aveva perso da piccola i genitori- quello equivaleva praticamente al paradiso. Non avrebbero potuto chiedere di meglio.

«Kalea guarda!»
«Uno scoiattolo. Che carino!» rispose la ragazzina con dolcezza per poi guardarsi intorno, per far vedere la scoperta a Erebus che però non trovò alla sue spalle. «Dov'è Evernever? Era qui fino a un secondo fa.» chiese quindi a Laureline che scrollò le spalle, ignorante. Non ne aveva la più pallida idea.

«Boo!!»
Il ragazzo sbucò fuori dal nulla con una nuvola di fumo, facendo prendere a Kalea un attacco di cuore «Maledetto! Mi farai prendere un infarto prima o poi.»
Erebus le sorrise con innocenza, facendosi perdonare. Laureline invece non potè fare a meno, ma poi tornò seria. «Dai voi due, torniamo a casa.» disse e così senza dire una parola si avviarono per tornare a Memower. All'orizzonte stava giungendo la sera e quindi era meglio tornare, il Deserto Oscuro nella notte era ancora più minaccioso, anche se sostanzialmente non c'era nulla di cui preoccuparsi o che lo rendeva pericoloso.
Senza proteste, i due la seguirono e tutti insieme si incamminarono. Erebus e Kalea chiacchierando come due vecchi amici al bar. Nell'ultimo periodo si erano legati molto E lei aveva imparato ad apprezzare la sua schiettezza che tuttavia si era un po' smorzata grazie anche a Laureline. Erebus aveva imparato a tenere un po' più chiusa la bocca e inutile dire che alla Regina Nera la cosa non poteva far altro che piacere.

Arrivarono alla torre, ma davanti all'entrata c'era una figura che mai si era presentata prima. Laureline affrettò il passo intimando con un gesto della mano ad Erebus e Kalea di rimanere in disparte e la raggiunse. «Mirana. Che...che ci fai qui?» chiese alla sorella con sorpresa. Non era mai passata, neanche dopo che si erano riappacificate quindi non aveva senso la sua presenza in quel momento.
L'altra sospirò «Oh Laureline...non sai quanto mi dispiace.» disse con la voce spezzata da un dolore che non aveva mai esternato. Era la prima emozione che riusciva a mostrare e la sensazione di tristezza che stava Laureline stava evidentemente notando -calcolando l'espressione sul suo viso- era strana da gestire. Di solito cercava sempre di reprimerle, ma in quel caso non riusciva proprio a farlo.
«Cos'è successo?» insistette con gentilezza sua sorella facendo un passo avanti. Non aveva idea di cosa le avrebbe detto di lì a poco, ma sicuramente non era qualcosa di sciocco. Mirana non si sarebbe mai mossa dalla sua reggia per un motivo qualunque. «Si tratta del Cappellaio. Lui...»

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