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In poco tempo arrivarono nell'area riservata alle stanze della regina. Laureline ne aveva si e no una e il pensiero che la sorella invece ne avesse come minimo un decina, la face sentire un po' a disagio. Era incredibile come Iracebeth e Mirana si fossero sistemate rispetto a lei che aveva una per casa un rudere cadente. Era sicura di una cosa però: Memower era più speciale e significativa. Si fece scivolare questo pensiero addosso e lo rimise al suo posto. Stayne d'un tratto si fermò e lo stesso fece lei «Che c'è? Problemi se non mi interessa ciò che mi stai dicendo?» chiese con una smorfia. Lui le stava spiegando delle cose, lo sapeva, ma non aveva voglia di ascoltarlo. La sua voce profonda e meschina le dava sui nervi e inoltre era quasi certa che non fosse niente di importante. Per una volta però non era così, infatti Ilosovic rispose con un amaro sorriso «Ti stavo dicendo di star attenta a come parli là dentro, mia cara. Probabilmente sai molto più di me quanto possa esser imprevedibile Beth.»
«Si, Stayne, lo so. Infatti adesso se mi lasci andare, vado, ci parlo, esco e tolgo il disturbo.» ribatté con fermezza. Lui annuì e la lascio andare, non capiva il motivo, ma qualcosa gli diceva che quella ragazza a breve si sarebbe scottata. Stava giocando col fuoco e si sa, prima o poi si ci brucia nel farlo se si esagera. Lei invece, dal canto suo non comprendeva quella premura da parte sua, ma non le importava quindi scrollò le spalle e con passo svelto e deciso, avanzò per un altro paio di metri verso la stanza principale dove si sarebbe tenuto il "confronto."

Bussò con la giusta quantità di forza e prese un respiro gonfiando il petto nei minuti che la separavano dall'apertura della porta che fu effettuata da una piccola e graziosa scimmietta che la Regina Nera ringraziò con un cenno. Poi pian piano si diresse verso il centro della stanzia dal pavimento a scacchi bianchi e neri, le pareti rosso ciliegia con decorazioni d'oro e un arredamento piuttosto minimal. C'era un tavolo con delle sedia davanti al camino scoppiettante e un letto a baldacchino dall'altra parte affiancato da due comodini neri con le maniglie a forme di cuore. La cosa che saltò subito all'occhio di Laureline però fu la porta finestra da cui si accedeva a un balcone dalla ringhiera in ferro, dove Iracebeth -girata di spalle- e la stava aspettando. «Salve, sorellina.» la salutò voltandosi, con un'espressione nauseata. Non vedeva l'ora che Laureline se ne andasse, gli ospiti a corte non le erano mai piaciuti perché nella maggior parte dei casi si erano rivelati della complete nullità perditempo. Stessa cosa valeva ora con la sorella davanti., nonostante sapesse che poteva capirla. Non la voleva lì, per questo prese fiato e iniziò. «Senti. Se sei qui per farmi la predica per convincermi che non dovrei scontrarmi con Mirana per tenermi questa una corona, scordatelo.» disse indicando la tiara sopra la testa e non badando minimamente al tentativo di intervenire di Laureline che avrebbe tanto voluto che per una volta qualcuno lasciasse parlar lei prima. Fece una pausa e riprese: «Sono io la maggiore tra tutte, è mio diritto di nascita regnare!»
Finì di parlare e finalmente lasciò la parola alla sorella. La quale, prima di farlo, fece un passo in avanti per avvicinarsi un po' per esaminare Iracebeth da vicino. Era esattamente come la ricordava: gli stessi occhi blu dallo sguardo glaciale e attento incorniciato da un trucco piuttosto marcato sulle palpebre, i capelli rossi come le fragole in piena maturazione, il viso ovale bianco come il latte. L'unica cosa che era cambiata leggermente da l'ultima volta in cui l'aveva vista era la grandezza della testa. Era più espansa ora, segno che qualcuno l'aveva irritata e in effetti con un suddito era successo. Aveva rubato tre delle sue crostate alle more e lamponi. Il suo dolce preferito.

Laureline si intristì, non si meritava un tale sofferenza Iracebeth. Nonostante non fosse comunque un angelo sceso in terra date le sue azioni e ideali abbastanza discutibili. Scosse la testa, scacciando questo pensiero. «Beh, io voglio provarci lo stesso...Isi. Lo so che ce l'hai con nostra sorella perché ti ha causato questo ma...» indicò con un cenno il capo mentre l'altra amaramente si volse verso la vista che il balcone dava. Un fiume d'acqua nera sommerso da calchi dei volti delle persone innocenti che aveva fatto uccidere. Laureline si bloccò per osservarle, tra loro c'era una faccia alquanto famigliare «Sei stata tu a decapitare papà?» chiese temendo la risposta che già in parte sapeva. «Ho dovuto farlo. Non mi avrebbe mai lasciato il regno altrimenti dopo la malattia che consegnò alla morte mamma.»
«Davvero? Questa è la tua scusa Iracebeth. Ok che nemmeno io andavo d'accordo con lui, ma non mi è mai passata per la mente una cosa del genere.» Laureline si passò nervosamente una mano tra i capelli voltandosi per rientrare. Non voleva più vedere quel volto di pietra. «O mio dio...non ci posso credere. Mirana lo sa, si?» chiese poi guardando la sorella, che annuì con un po' di rimorso. A questo punto, qualcosa si mosse nel cuore dell'altra e le fece stringere i pugni lungo i fianchi. «Ma si, certo. In fondo, mi lasciate sempre allo scuro. Sai, qual è ciò mi ferisce di più però? Il fatto che tu non me l'abbia detto. Io ti sono stata vicina quando eri ammalata, quando i popolani ridevano di te senza ritegno ferendoti. Non hai mai pensato nemmeno per un secondo che fosse giusto farmelo sapere?»
«In effetti si, ma alla fine non l'ho fatto perché non volevo darti una perdita in più da superare.»

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