Prologo

138 10 28
                                    

«Tarrant...mi dispiace così tanto. Ho cercato di oppormi, ma...» disse lei in un mare di lacrime di dolore. Non avrebbe mai pensato di dover dire addio, forse per sempre, al suo amico più vero. Pesino in quel momento, in cui lo stava tecnicamente facendo, le sembrava surreale.

Non poteva credere di dover abbandonare tutti i suoi amici per uno stupido titolo che non le permetteva di decidere come comportarsi e chi frequentare o meno.

Era tutto perfetto fino a una settimana prima e non riusciva ad accettare che da lì a poche ore ogni cosa sarebbe cambiata radicalmente.

Non avrebbe più potuto ridere e scherzare quando voleva, non sarebbe più uscita dal palazzo se non in via del tutto eccezionale e soprattutto, non gli sarebbe più stato possibile ricevere visite. Si sarebbe ritrovata sotto una campana di vetro impossibile da raggirare e al solo pensiero, le si mozzava il fiato.

Lui le portò una ciocca di capelli scura come l'ebano dietro all'orecchio «Non ti hanno dato retta.» concluse la frase e tentò di sorridere per nascondere la tristezza che stava provando, anche se era difficile data la situazione. «E hanno ragione, Laureline. Io e te, non avremmo mai dovuto incontrarci e lo sai. Tuttavia, non posso fare a meno di esserti grato per essermi stata amica per così tanto tempo, anche se non ho idea del perché una principessa come te abbia voluto diventarlo.» aggiunse assumendo un leggero colorito rossastro sulla guance.

Era la prima volta che riusciva a dirle grazie per tutto quello che aveva fatto per lui e sapeva che non appena lei se ne sarebbe andata, anche se avrebbe comunque avuto la sua compagnia di amici, niente sarebbe apparso ai suoi occhi come prima.

Gli sarebbe mancata tantissimo, ormai era abituato a vederla ogni giorno e il pensiero di non rivederla mai più era a dir poco straziante. Infatti cercava di ignorarlo anche se era difficile.

La principessa tirò su col naso «Ti ho voluto bene fin da subito, tanto.» rispose dopo aver meditato sulla parole dell'amico e su quanta verità avessero al loro interno. Loro non avrebbero mai dovuto conoscersi.

Essendo una reale non le era concesso incontrare i popolani -anche se tecnicamente la famiglia dell'amico non era del tutto un estranea a corte dato che il clan Altocilindro ci lavorava da sempre- a parte nelle occasioni speciali come quella in cui si conobbero.

Era un giorno normale, come la maggior parte e al villaggio in cui vivevano i sovrani del Sottomondo -il re Oleron e la regina Elsemere- avrebbero benedetto un piccolo albero che lei stessa aveva interrato. Quel punto, per loro da allora diventò un punto di riferimento per incontrarsi.

Nel sentire quelle dolci parole, il ragazzo non resistette «Oh, anch'io te ne voglio Laury. Non puoi neanche immaginare quanto.» le sussurrò all'orecchio mentre la abbracciava a sé più forte che poteva per l'ultima volta.

Sperava quasi, che in quella maniera, nessuno gliela avrebbe portata via.

Invece, proprio in quel momento alzando un momento lo sguardo notò che sua sorella Iracebeth stava venendo verso di loro, mandata probabilmente i genitori per riportare la figlia a casa.

Pure Laureline avvertì la sua presenza alle spalle così a mal in cuore sciolse l'abbraccio «Ti prego, prendi questa.» estrasse una foglia nera come la cenere dall'abito scuro con qualche piccolo ghirigoro dorato qui e là.

L'aveva colta prima che lui arrivasse dalla quercia che aveva piantato il giorno in cui si conobbero. La mise nel palmo del ragazzo e con delicatezza gli chiuse la mano in modo che non reclamasse dicendo che non la voleva. Di solito preferiva farli che riceverli, i regali.

Quella volta però sarebbe stato diverso. «Almeno ti ricorderai di me, forse...tra un paio d'anni.» spiegò guardando Tarrant dritto nei suoi occhi verdi.

«Non potrei dimenticarti in ogni caso, neanche se mi sforzassi.» rispose lui sorridendo per poi mettere la foglia nella tasca più piccola del marsupio che portava a tracolla.

«Mi fa piacere saperlo, Terry.» non poté fare a meno di ricambiare il sorriso nonostante tutto quello che stava accadendo «Ehi, voi due! Avete finito?» chiese l'altra ragazza interrompendoli. Li aveva raggiunti.

Addosso aveva un vestito bianco con alcuni ricami rosso morampone proprio come i suoi capelli, un'espressione determinata in viso e le mani sui fianchi.

I due amici si scambiarono uno sguardo di tristezza infinita, ma allo stesso tempo consapevole.

Sapevano entrambi che ormai il momento per i saluti stava per terminare, ma nessuno dei due avrebbe voluto far passare quegli ultimi secondi che mancavano.

A quel punto, la rossa, sentendosi completamente ignorata, senza preavviso prese la sorella per il braccio «Andiamo, Laureline. Hai lezione di divinazione tra poco.» insistette per convincere la sorella visto che si era impuntata con i piedi a terra per opporsi.

«In questo momento, nonostante sia la mia passione, non me ne importa proprio niente.» disse in tono senziente non degnando di uno sguardo Iracebeth.

Quest'ultima allora aumento la presa. «Dai sorella, mamma e papà si arrabbieranno se non torni immediatamente.» disse sapendo che con quale frase Laureline non avrebbe più parlato.

Era molto arrabbiata con i genitori per quello che le avevano imposto di fare, ma erano pur sempre i suoi genitori e nonostante le incomprensioni, verso di loro portava un grande rispetto.

Non era la figlia prediletta però non poteva disobbedire, non un'altra volta. Si rilassò leggermente.

«Va bene, andiamo. Addio Tarrant.» voltò le spalle al ragazzo e si incamminò verso il castello insieme alla sorella.

Lui però non era ancora pronto a lasciarla andare così le corse dietro «Aspetta, anch'io ho una cosa per te.» gridò sperando di farsi sentire.

La ragazza arrestò all'istante il passo, impedendo alla sorella di avanzare oltre «Isi, ti chiedo solo un altro minuto. Dopo vengo e andiamo a casa senza altre distrazioni, te lo prometto.» piano si liberò dalla presa e tornò indietro.

Iracebeth non ebbe altra scelta che lasciarla andare, in fondo anche a lei dispiaceva strapparla dall'amicizia che la univa a quel bizzarro ragazzino.

Laureline raggiunse l'amico che prese dal taschino della giacca marrone un cappellino di carta viola appuntato in un lato con un botto che sigillata una piccola piuma gialla «L'ho fatto io. Prendilo come un regalo...d'affetto.»

Lei lo prese tra le mani e lo osservò per qualche secondo, sapeva che il padre gli aveva dato qualche lezione su come realizzare il marchio di famiglia ma non avrebbe mai immaginato che fosse già in grado di creare una cosa così piccola eppure così carina anche se di certo la fantasia non gli mancava.

Non lo poteva indossare sulla testa, ma pensò che si ci poteva tranquillamente fare una spilla da portare sempre con se. Le si scaldò il cuore e senza esitare diede un veloce bacio sulla guancia all'amico che divampò dall'imbarazzo.

«Mi mancherai Tarrant Altocilindro. Saluta gli altri da parte mia, mi raccomando. Dii loro che se potessi, non li abbandonerei per niente al mondo.»

Detto questo, Laureline tornò dalla sorella lasciandosi alle spalle l'amico -augurandosi di rivederlo un giorno- e la foresta che circondava il ciliegio nero che aveva piantato, il punto in cui tutto era iniziato di cui sentì fin da subito la mancanza.

Quel luogo significava tantissimo e sapere che non si sarebbe più avvicinata per molto, molto tempo, le spezzò l'anima.

Moonlight ShadowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora