La fronte piegata

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Finalmente uno spiraglio di luce. Sbucammo dal tunnel, e ci ritrovammo in un’enorme piazza di terreno. Sopra, sotto, intorno, dappertutto terra rossastra e tronchi altissimi senza foglie e senza fiori. In un gigantesco foro scavato chissà dove. Cinque falò a semicerchio là in mezzo alla parete di fronte, illuminavano l’ambiente. Creature sconosciute a qualsiasi libro di natura che abbia mai sfogliato si muovevano e parlavano tra loro. Certe mi somigliavano… brutte come lucertole, altre con antenne e occhi rossi come formiche, altre verdi e viscide come rospi… orribili a tal punto da ritenermi fortunato delle mie sembianze . 
I cinque fuochi erano messi lì a circondare i tre lati di una costruzione. Attaccata alla parete, una massiccia colonna di tronchi incastrati. In cima alla colonna, un trono di legni intrecciati. Tutti i mostri parlavano tra loro come comuni uomini mortali, in verità c’era qualcosa in ognuno di essi che ricordava vagamente l’aspetto di un uomo, ma qualcosa di quasi impercettibile. Ti giuro che non ci stavo capendo niente. Il fragoroso brusio si placò quando qualcuno accomodò il deretano su quel trono. Una belva. Grosso, imponente. Pareva un orso, un gorilla, un toro, pareva quel che di mostruoso c’è nell’uomo. In piedi, al suo fianco, una creatura verde e squamata simile ad un serpe. L’essere rettile battette tre volte un bastone al suolo:
«Silenzio! Prostratevi al Signore dello Jouthermen. Il grande, potente, magnifico Re Fenrir!» esclamò. 
D’un tratto, restai l’unico che fosse ancora in piedi. Tutti piegati al suolo, in un sottomesso inchino. Tyr mi tirò giù per un braccio costringendomi ad imitare la massa.
«Ma che fai?!» sbottò sottovoce «Non ti inchini al nostro re?!»
«Ma che… »
«Shhhhh… non fiatare! Vuoi farti ammazzare! Già sei fortunato che chi per distrazione e chi per cecità, non abbiano assistito al tuo gesto irrispettoso!»
«Ciechi?»
Il mutato popolo dello Jouthermen scoprii che si divideva in specie e sottospecie di Rettiliani, Insettesi, Talpidi e Grants. Di questi secondo natura solo noi Talpidi, e i Grants eravamo dotati di vista. Anche se poi i Grants vennero esiliati dal regno proprio quel giorno.
«Sì, sai bene che il nostro re e quasi tutti i bapu non vedono. Ma Jormungandr non mi convince poi così tanto» continuò indicandomi con un cenno di testa il serpe alla sinistra del trono, «proclama la sua assoluta cecità ma inizio a pensare che non sia cieco come vuol farci credere, forse mi sbaglio».
«Alzatevi sudditi!» ordinò Jormungandr.
E in un silenzio assoluto il re parlò:
«Bene. Miei fieri abitanti del ventre terreno, vi ho riuniti qui oggi per confermarvi la mia intenzione: Ci riprenderemo la libertà! Le femmine umane ci hanno ridotto in una schiavitù insostenibile… secoli e secoli imprigionati in fondo al cuore del mondo!», il popolo mostruoso annuiva ad ogni pausa, «E noi, noi siamo stanchi! Stanchi di dover accontentarci di ossigeno sottovuoto. Stanchi di dover nutrirci di topi, insetti e invertebrati. Stanchi di vestirci di corteccia e fango. Siamo stanchi di questa prigione. Adesso basta! …Mentre le  Inviolate  godono del cielo di Violet, noi  Bapu  incatenati in un pugno di terra, questa situazione deve finire, e finirà come dico io!» proclamó nel freddo monologo.
«Nelson Mandela sosteneva che essere liberi non significa semplicemente rompere le catene, ma vivere in modo tale da rispettare e accentuare la libertà altrui», quelle parole mi uscirono dalla bocca spontaneamente. Il pensiero a volte non riesce a limitarsi alle pareti del cervello. Certi pensieri chiedono voce e se tu non gliela dai se la prendono da sé.
«Ma che dici?» Tyr mi fissava con gli occhi sbarrati.
Le mie labbra s’incollarono, serrate dalla consapevolezza che è così che sarebbero dovute stare molto prima che rischiassi di far danni.
«Chi ha parlato??? », il sovrano sotterraneo scrutava lo spazio con sguardo vuoto e minaccioso.
E adesso?  Temevo il peggio. Poi, per mia fortuna, qualcun altro attirò su di sé l’attenzione di Fenrir e del suo impero.
«Se ci troviamo qui sotto c’è un motivo!» esclamò una voce nel mezzo. Una creatura bassa e panciuta si fece spazio tra la folla, «Poter ancora respirare è già un grande privilegio considerando le colpe che gravano sulle nostre responsabilità» sintetizzó lo strano ominide avanzando verso il trono.
«CHI PARLA?» interrogò il re scattando dal posto.
«È Kiry Jones, mio signore» lo delucidò il bapu serpente.
«E COSA VUOI?»
«Solo la cosa migliore. Le donne hanno patito, esistenza dopo esistenza, vite invivibili… strazi infiniti e strappi nell’anima incurabili. Ferite ignobili inflitte dalla crudeltà degli uomini. E Violet se la sono conquistata con coraggio e determinazione. Lo Jouthermen è per noi bapu una pena misera, di certo non eguagliabile alle nostre colpe»
«Bapu?! Tu non sei un bapu Kiry Jones! Tu e i tuoi piccoli zimbelli non siete manco all’altezza di guardarmi in faccia!» sogghignò.
«Allora sono felice di non essere un bapu. Noi Grants vi arriviamo proprio all’altezza perfetta nel guardarvi, perché non è certo nella testa che risiede il cervello di un bapu!»
«ERESIA!!!»
«VERITÀ!»
«Non ti ho mai sopportato Kiry Jones. Ed ora è arrivato il momento di liberarmi di te!», «Rinchiudete lui e il suo gregge di mezzi busti nel Glusco!» continuò rivolgendosi ai suoi scagnozzi.
Altri bapu talpidi nani come Kiry Jones avanzarono spontaneamente. Gli scagnozzi di Fenrir eseguirono gli ordini. E Kiry Jones e i suoi leali compagni vennero legati in fila l’un l’altro e allontanati dalla piazza.
«Forse avete dimenticato cosa ci hanno fatto le donne. E SE L'AVETE SCORDATO ALLORA RICORDATELO!» esclamò il re sotterraneo rivolto a tutti i suoi sudditi. 
In quello stesso istante un'onda d'elettricità mi colpì in mezzo alla fronte. D'un tratto immagini sbiadite si manifestarono attorno a me. Scene di un altro tempo... un tempo lontano. Lampioni accesi. Una sera d'inverno. Due uomini sul ciglio della strada in cappotti lunghi, cilindri sul capo. Poggiati a bastoni chiacchieravano amichevolmente. Altri passeggiavano. Qualcuno si fumava un sigaro. Automobili antiche, di un'epoca passata, percorrevano la via in immagini sempre più chiare e nitide. Lampi fluorescenti abbagliavano ad intermittenza la notte ignorati dagli avi cittadini nel pensier che fossero il preannunzio di un temporale. Lo credevo anche io. Ma ad un lampo seguì il tuono che squarciò il cielo. Una figura abbagliante comparve dalle tenebre. Una donna. Enorme. Splendente. Scese in mezzo a noi. Vestita di veli bianchi. Candida come la neve. Una benda sui suoi occhi. Una lunga spada infilata nella cintura intrecciata. " Sono Dike, personificazione della giustizia" la donna gigante così si presentò. " E oggi rivendico il buon nome della pace. Uomo perirai nel dolore che hai inflitto, nel terrore che hai seminato. Uomo pentiti dei tuoi misfatti prima dell’eterno inferno che ti attende poiché la mia punizione sarà letale!” esclamò la dea. Tutti la fissavano esterrefatti. Essa si sciolse la benda, sguainò la spada. E in un attimo arrivò il terrore. Decapitò uomini, corpi mutilati cadevano al suolo. Altri gridavano colpiti da qualcosa di invisibile, dal vento che s'infrangeva su di essi come milioni di fruste. Pioggia scendeva dalle nuvole argento chiuse in quell'abbraccio infernale. Pareva pioggia. Sentivo il vento. L'odore della morte. Stesi la mano e gocce caddero sul palmo aperto. Bruciava. Non era più impressione. Io ero là. Alzai il volto alla divina creatura. Quella non era acqua. Pioggia d'acido s'infrangeva sugli uomini. Sulla mia faccia. Il puzzo della mia carne corrosa. Volevo gridare. Ci provai. La mia bocca scomparsa. La cercai con le dita in mezzo al volto. Non c'era. Fiamme divamparono dall'asfalto. Erano gli uomini i ceri che si stavano consumando. Mi stavo sciogliendo assieme a loro. Il mio corpo liquefatto nel muto dolore... nell'atroce perir. Gli occhi strizzati dall'incombente fine. Li riaprii. E respirai. La bocca spalancata al non respiro. Ero tornato. Ero di nuovo nello Jouthermen. 
«Gli uomini che quella notte sopravvissero vennero confinati dalla dea ai confini dell'umanità, al di sotto del roseo genere. Nell'oltretomba dello Jouthermen... NON VI PERMETTO DI DIMENTICARE QUELLO CHE LE DONNE CI HANNO FATTO!» stava parlando il re bapu. 
Tutti un po per volta riprendemmo coscienza storditi. 
«QUALCUN ALTRO LA PENSA COME IL MEZZO BUSTO?» chiese il sovrano furibondo.
Nessuno fiatò. Pure io mi costrinsi al silenzio.
«Bene», si riaccomodò, «troverò il modo di riprenderci ciò che è nostro di diritto! La vendetta sazierà ogni torto subito. VIOLET SARÀ NOSTRA! VIOLET SARÀ NOSTRA! Perchè è così che deve essere! CHI È CON ME? CHI È CON ME?»
«JAHUT!» «JAHUT!» «JAHUT!» i bapu esultarono in coro sferrando pugni nell’aria. Io e Jack… cioè, insomma... Tyr non fummo da meno. 
Il mio entusiasmo però derivava da un senso differente. Quelle parole mi avevano consolato. Ne ero riuscito a filtrare un piccolo assaggio di felicità. In quel discorso freddo e calcolato, carico d’infamia e assetato di vendetta… io ne avevo ricavato uno spiraglio di sollievo. Avevo compreso che l’inferno tetro in cui mi trovavo era il nido intrecciato su misura per noi peccatori. Loro non c’erano lì. Le donne stavano bene. Da qualche parte nel mondo erano finalmente libere di vivere. Avrei preferito lasciare in mani gentili ogni particella dell’universo, e scomparire assieme alla feccia dell’umanità, ma mi accontentai. La mia preghiera anche se in modo diverso da come speravo era stata comunque accolta. Ritrovarmi in un luogo così cupo e freddo, in un corpo animalesco, in compagnia di esseri mostruosi… mi si prospettava un domani incerto e poco piacevole, però mi andava bene così. Orgoglioso di quel destino se aveva ridato a mia madre, ad Olly, e a tutte le donne un sincero sorriso.
L’entusiasmo frenò davanti alla consapevolezza che Fenrir aveva appena giurato vendetta acclamato da un popolo di bestie inferocite. E c’era sicurezza nel suo discorso esaltato, ed è proprio la sicurezza quella da temere. Il sovrano della marcia umanità era convinto di ogni punto, virgola o sillaba appena pronunciati. Hai mai visto un film senza audio? E no, non mi riferisco ai porno. Prova a seguire qualche scena abbassando il volume al minimo. È così che ti accorgi se un attore è bravo o meno. Senza parole. Se è convinto di ciò che sta dicendo sarà l’espressione sul suo volto a parlare per lui. Fenrir voleva fuggire dallo Jouthermen, scovare le donne ovunque si trovassero e derubarle di ogni cosa, nuovamente. E non lo diceva solo la sua bocca. Lo gridava la fronte piegata in mille rughe, l’urlavano i suoi occhi accesi come petrolio, lo assicuravano le sue labbra che si agitavano come pronte a divorare il mondo. Dovevo fermarlo.
«C’ho una fame pazzesca. Andiamo a mangiare», Tyr interruppe i miei pensieri poggiandosi una zampa aperta sulla pancia.
In una situazione del genere la fame era sicuramente l’ultima sensazione da far prevalere, eppure lo stomaco era in disaccordo. Brontolava scostumato. Il mio corpo stanco e svuotato da tutte le energie aveva bisogno di nutrimento. E così mi avventurai a quello che sarebbe stato il mio primo pranzo da bapu.

UPSIDE DOWN Vol 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora