Hel Black

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Liberi ancora sottoterra. Liberi senza aria e senza cielo. Liberi a metà.
Esauste tutte le donne crollarono in un sonno profondo. Strette l’una all’altra nel fraterno abbraccio. In salvo nel mio covo. In salvo, almeno per un poco. Io non potevo dormire. Dall’alto del ponte di radici vegliavo i loro sogni tremanti. Tutto il buon esercito vigilava sulla tranquillità sospesa. Uno sbadiglio, un altro. Mi sforzavo a tenere le palpebre aperte, passi svelti in avvicinamento mi dissuasero dal sonno. Zampe calpestavano il terreno tanto veloci da non lasciare orme, ma lunghi, lunghissimi solchi. E quello più profondo l’avrebbero inciso nelle mie certezze. Tyr e Plaus sopraggiunsero con una donna. Minuta. Esile. Un caschetto bruno, la frangetta calata su un occhio, l’altro scoperto invece fissava me come per sfida. La braccavano manco fosse stata una tigre in procinto d’azzanno.
«Che sta succedendo?»
«È una di loro. Pure lei è dalla parte di Fenrir!» esclamò Tyr con tono furibondo.
«Che significa? Spiegati!»
«Stava sgattaiolando nella tana di Fenrir proprio quando Olly si trovava sola con lui. Voleva sabotare il piano» rivelò Plaus, «L’abbiamo catturata per un pelo».
«E non è neppure la sola» continuò Tyr in preda all’agitazione, «una di loro ci ha ripensato. Una volta qui nello Jouthermen si è pentita, ha compreso cos’è che diverrebbe Violet sotto il dominio di Fenrir e ha confessato tutto»
«E CHI È LA DISERTRICE? CHI VI HA DETTO TUTTO???», la giovane intrattenuta tentò di liberarsi dalla presa dei due.
«Ferma!!! Hai pure il coraggio di parlare?!», Plaus rafforzò la stretta, poi si rivolse ancora a me: «Purtroppo la ragazza non ha retto la tensione, s’è gettata nel fiume di lava appena ci siamo allontanati», si fermò in un sospiro dispiaciuto, «ma non prima di averci rivelato che le sostenitrici del sovrano hanno un tridente marchiato a fuoco dietro al collo. Ora gli altri stanno cercando di individuarle tutte».
Mi affacciai dal ponte e i miei compagni si muovevano con cautela in mezzo alle inviolate dormienti, qualcuna apriva gli occhi ma erano troppo stanche per capire, troppo stanche per scindere la realtà dal sogno. I miei amici quasi bapu gli sollevavano delicatamente i capelli per scoprire se vi fosse la presenza del marchio oppure no.
«Non ci troverete mai tutte!» sogghignò evidenziando due fossette sulle guance.
A me venne da piangere. Tentai di ingoiare il magone. Ci provai. Ma risalì di getto impregnando i miei occhi di lacrime brucianti. Donne crudeli. Donne malvagie. O forse donne senza senno. Ma comunque donne. Donne faticavano assieme in un progetto distruttivo. Impegnate nel costruire il ponte dalla felicità all’infelicità. Un eroe che cade a testa in giù. Il tuo valoroso paladino che non ha più valori. Fu un morso al cuore. Esistono davvero donne che desiderano il male? Che lo cercano? Lo invocano? Ebbene esistono. Sono appendici del roseo genere, brufoli infetti che deturpano il bello e il giusto.
«Ma come hanno fatto, come hanno fatto le donne di Violet a non accorgesi che in mezzo alle inviolate c’è chi la vuole la violenza?», fu una domanda rivolta a me stesso, «Portiamola giù da Olly e dalle altre. Vediamo se qualcuno in mezzo a loro sa dirci chi è».

Fui costretto a svegliarle. Ma l’imprevista sorpresa cancellava ogni altra necessità. Interruppi il loro riposo bruscamente. Tra grida ed esclamativi furiosi.
«Qualcuno conosce questa donna?». Nessuno pareva sapere la sua identità. E c’era sicuramente chi invece la teneva nascosta. La stessa domanda ripetuta gruppo dopo gruppo. Donna per donna. Solo una ragazza dopo un po alzò la mano.
«Io», Una giovane accovacciata per terra accanto a mamma.
«Il suo nome è Hel. Hel Black»
«Il suo aspetto è quello di una donna, ma agisce e pensa come farebbe un uomo» continuò la ragazza.
Non è una donna questo è sicuro,  e  agisce e pensa come un bapu non un uomo.
Mi disse che era una paziente del Baiona, ora non so dirti che cosa sia. Forse un ospedale. Ed era scappata prima che la terapia fosse completata. Che lei e la dottoressa Rauch si erano prodigate per aiutarla.
«Ce l’avevamo quasi fatta a guarirti… perché sei scappata?» domandò l’inviolata alla nostra prigioniera.
La giovane alzò la testa:
«Non sono malata,» disse con voce sottile, «Fenrir aveva bisogno di me… ci teneva tanto alla promessa di luce fatta allo Jouthermen. Vi ho tradito… scusatemi tutte».
Scuse senza tono. Senza anima. Glielo leggevi in faccia la falsità con cui sputava quel menzognero perdono.
«Il perdono serve a poco quando si tradisce il proprio popolo».«Portatela nel box!».
Il box è una specie di scatola gigante trasparente. Una gabbia di vetro che facemmo costruire da Kiry Jones nel caso qualcuno dei fedeli di Fenrir avesse scovato il nostro nascondiglio. Sembra vetro, ma non lo è. L’apparenza inganna in ogni situazione.

Era quasi l’alba. Nessun gallo a cantare il buongiorno. Lamenti e gorgoglii facevano vibrare il pavimento sotto i nostri piedi.
«Andiamo a vedere cosa sta succedendo»
Olly , Roberta e Elena  mi seguirono  verso la grata  sullo Jouthermen . Ci affacciammo all’unisono per scorgere la situazione.
Tutti i bapu avvelenati si erano risvegliati in preda a dolori lancinanti, attacchi di gastrite, nausea e asma. Io li avrei uccisi tutti. Come tanti zombie barcollavano da una parete all’altra. In mezzo a loro cacciò il muso dalla tana anche il sovrano sotterraneo. Stava male. Era evidente. Vomitò. Si pulì la bocca col braccio e alzò la testa al cielo:
«DOVE SEI???» gridò. «OVUNQUE SEI TROVERÒ TE E I BASTARDI CHE VI HANNO AIUTATE!!!».
Era per Olly quella minaccia, per lei ma anche per tutti noi.

UPSIDE DOWN Vol 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora