9- Ko-hi

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Ko-hi: Caffè (in lingua giapponese)

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«Connor vuoi un Ko-hi?» chiede Grace appoggiandosi di schiena sul bordo della scrivania del suo collega, lui alza lo sguardo curioso e la guarda negli occhi con un sorriso accennato,
«Ko-hi?»,
«Ho detto veramente così?» chiede imbarazzata la giapponese assonnata mentre abbassa lo sguardo e Connor risponde divertito
«Comunque si dai, perché no?».

Grace, Hank e Connor avevano passato tutta la notte al dipartimento ad indagare sul caso di omicidio-suicidio, si erano fatte circa le 6 di mattina quando hanno finito solo le generalità; Hank ha deciso di tornare a casa a riposare un paio d'ore e portare fuori Sumo prima di rientrare al DPD, mentre Connor e Grace hanno preferito rimanere.

Tornando al presente, Connor si alza dalla sua sedia e con la collega si avviano verso la sala ristoro; Connor nota che dietro l'orecchio destro lei incastra sempre una matita HB.

Questo dettaglio gli piace, soprattutto quando fino a nemmeno un'ora prima ogni cinque minuti imprecava in giapponese per poi aggiungere un "Dove ho messo la matita?" e Connor si divertiva ad indicarle sempre dietro l'orecchio, lei l'afferrava e gli sorrideva imbarazzata ma la storia si ripeteva ogni 5 minuti circa.

Il sorriso imbarazzato della collega non sa perché ma lo ha fatto sorridere per tutta l'estenuante notte e gli ha dato la carica come se avesse bevuto 2 sacche di Thirium in un sorso.

Era una sensazione strana, non per forza negativa, ciò che il sorriso o la voce di Grace gli provocava da poco più di una settimana a quella parte nonostante si siano visti tre volte, quattro con quel giorno; il suo cuore meccanico sussultava ogni volta, i suoi circuiti sembravano smettere di funzionare, lui nonostante non avesse molta esperienza in fatto di "devianza" classificava le sensazioni dei giorni e delle ore precedenti come "allegria", ma in fondo non ha mai creduto che si limitasse a ciò ma preferisce non indagare per ora, gli basta così.

Connor viene distratto dai pensieri dalla collega che gli afferra il polso facendolo bloccare come un idiota con una gamba in aria e sbilanciato leggermente all'indietro.

«Scusami Connor» attira la sua attenzione lei, lo sguardo dell'androide, che si era riposizionato, si posa sul viso dolce dell'asiatica che mette una mano nella capigliatura e tira fuori la matita scompigliandosi ancor di più la coda,
«Devo posare la matita, mi aspetti?»,
«Ti accompagno, se non sono indiscreto» si propone lui; mentre aspetta la risposta si pente: e se fosse stato troppo invadente?

Ma ogni suo dubbio svanisce appena lo sguardo della ragazza muta da sorpreso a dolce mentre annuisce.

Connor osserva ogni dettaglio del suo viso, soprattutto i suoi occhi che sono contornati dalle occhiaie date dalla notte insonne, probabilmente erano circa 24 ore che non riposava.

Grace, notando che entrambi si stavano fissando come due ebeti, distoglie lo sguardo e con voce squillante, data probabilmente dall'imbarazzo, esclama «Dai su, muoviamoci!».

Posata la matita in ufficio sono di nuovo in corridoio verso la sala ristoro; tra loro regna il silenzio ma non è imbarazzante.

Grace si gode il rumore dei loro passi che riecheggiano nel corridoio, respira profondamente, sente la stanchezza e sa che non reggerà a lungo, dovrebbe riposare ma lei non vuole, il lavoro è importante.

Connor, invece, osserva con la coda dell'occhio la donna, come probabilmente ha sempre fatto nelle ore precedenti, ma stavolta nota per la prima volta i vari segnali di grande stanchezza e sa che, se lei non si riposasse, potrebbe crollarle svenuta davanti.

«Grace, puoi darmi il polso per un attimo?» chiede l'androide, Grace si ferma seguita da lui e lo guarda in modo strano, poi senza farsi molte domande allunga il polso verso lui che lo circonda con una mano;
«Rilevo un alto livello di stress e di stanchezza, oltre che aritmie» fa notare Connor, Grace ritira il polso e scrolla le spalle,
«Il lavoro è più importante, posso resistere»;
«Sicura?» chiede Connor riprendendo a camminare seguito da Grace,
«Si, non preoccuparti» lo rassicura,
«Se vuoi posso accompagnarti a casa quando torna Hank» propone varcando la porta della sala ristoro dov'erano arrivati, Grace invece si ferma su esso e Connor lo nota infatti si gira a guardarla con fare interrogativo,
«Se proprio insisti Connor» accetta rassegnata e l'androide esulta tra sé e sé per poi chiedersi il perché di questo gesto, ma lascia perdere.

Grace raggiunge Connor e arrivano davanti a dei banconi dove vi erano dispenser di sciroppi, macchine del ghiaccio, due macchinette del caffè con le capsule e una macchinetta per creare la schiuma di latte.

«Cosa vuoi bere Connor?» chiede la donna,
«Credo che vada bene un iced coffe americano» risponde, in verità non ha mai bevuto altro caffè oltre quello;
«Ok allora ne preparo due».

Preparati i caffè i due si fanno di lato per lasciare libero l'accesso in caso fosse venuto qualcuno.
Assaporano il loro caffè in silenzio, Connor molto lentamente probabilmente un po'infastidito dai sensori della sua lingua, Grace invece aggrappa le labbra nel bordo del bicchiere in modo disperato, la caffeina è l'unico modo per non crollare addormentata lì in piedi.

Finiti i loro caffè buttano i bicchieri e decidono sul da farsi:
«Che dici torniamo in ufficio?» propone Grace provata dal sonno ma leggermente più sveglia,
«Io proporrei di uscire un po' all'aria aperta» offre Connor «Ti farà bene staccare un po' dal lavoro, sei fissa sul dossier del caso da prima di mezzanotte» le fa notare poi; Grace lo guarda contrariata ma non può dargli torto, ormai era così stanca che vedeva le lettere triplicarsi sotto il suo sguardo.
«Va bene, questo finché non arriva Anderson?» chiede la mora, Connor annuisce,
«Si, finché poi non arriverà Hank».

I due si dirigono verso il portone sul retro, Connor spinge il maniglione antipanico e si sposta di lato facendo segno a Grace di andare per prima, lei ringrazia ed esce seguita poi dall'androide.

Il sole è ancora timido, d'altronde sono circa le 6:30 del mattino, l'aria è più gelida del solito ma va bene così, Grace si sente già più rigenerata.

Connor chiude delicatamente la porta dietro sé e raggiunge la collega intenta a gustare quegli attimi di tranquillità.

«Vuoi sederti o camminare?» chiede lui,
«Camminiamo un po' in giro, mi devo sgranchire le gambe».

Così i due a passi lenti s'incamminano l'uno al fianco dell'altra, non uno che andava prima o uno che restava indietro, come se le loro gambe fossero incatenate.

Lui guardava lei stanca e provata dalla notte di lavoro, anche lui è stanco ma nella sua pelle non insorgono imperfezioni se non ogni tanto un leggero colorito blu sulle guance; invece nel viso di lei vi erano grosse occhiaie, il suo naso e le sue guance erano leggermente tinti di un colore rosato, ma era carina, era bella così.

Legame - Detroit Become Human Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora