Fable

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Meno due giorni..

Ancora non mi sembra vero di aver accettato. Tremila dollari sono troppi soldi per lasciarseli sfuggire. E Luke ne è consapevole. Mi ha avuta nel momento in cui quella cifra sbalorditiva è uscita dalle sue labbra perfette. Nonostante la diffidenza e la preoccupazione per come diavolo farò a lasciare la città per una settimana senza che il mondo crolli in mia assenza, ho detto sì senza esitazioni.
Forse sono troppo avida. Non posso farmi scappare un'opportunità simile, e questo mi fa sentire malissimo, nonostante continui a ripetermi che lo faccio per la mia famiglia. Per mio fratello, Owen. Ha solo tredici anni e odio vedere il ragazzaccio che sta diventando. È dolce, ha un cuore d'oro, ma a scuola  frequenta un gruppo di pessimi soggetti e fa cose tipo saltare le lezioni e rubare nei negozi, e so anche che qualche volta ha fumato erba. Ho sentito la puzza sui suoi vestiti.
A mia mamma non interessa. Interessa solo a me. E ora me ne vado per una settimana. Sarà fuori da scuola solo per metà di quel tempo, eppure sarà sufficiente perchè si infili in qualche casino.
Il tiro alla fune che infuria il mio cuore mi lascia quasi senza fiato.
«Perchè te ne vai?»
Tiro fuori dalla mensola superiore dell'armadio il vecchio borsone che nessuno usa da un pezzo e lo lancio sul letto di mamma. Quando atterra si alza una nuvola di polvere. «Non starò via molto».
«Una settimana, Fable. Mi lasci qui con la mamma per sette dannati giorni». Owen si lascia cadere sul letto accanto alla borsa e tossisce per la polvere nell'aria.
«Non dire parolacce». Gli do un ceffone sul ginocchio e lui si rotola con un guaito esagerato. «È un lavoro speciale che mi pagherà un sacco di soldi. Festeggeremo un buon Natale».
«Non me ne frega un cazzo del Natale».
Gli lancio un'occhiataccia, e lui mormora delle scuse poco convinte. Da quanto si sente così a suo agio a imprecare davanti a me? Cosa è successo al piagnucoloso fratellino che mi seguiva dappertutto come se mi adorasse?
«E quale lavoro speciale ti paga un sacco di soldi in così poco tempo?» Il sarcasmo nella sua voce è evidente. È troppo giovane - no, non proprio - ma spero non pensi che sto andando a prostituirmi.
Anche se io mi sento così.
Il mio cervello si sforza di trovare una risposta sensata. Raccontargli la verità è fuori discussione. Non gli ho detto quanti soldi prenderò, sa solo che sono tanti. Non l'ho detto neanche a mia madre, non che gliene importi. Sono ventiquattr'ore che non la vedo: ha un nuovo ragazzo, e ora sarà sicuramente con lui.
«Farò la baby-sitter per una famiglia mentre i genitori vanno in vacanza per il Ringraziamento. Hanno tre bambini».
La bugia mi esce dalle labbra senza troppa fatica, il che mi spaventa.
Owen scoppia a ridere, lo stronzo. «La baby-sitter? Tu odi i bambini!»
«Non è vero». In effetti li odio. «È una bella famiglia». Non ho idea se gli Hemmings siano una bella famiglia. «E starò in una villa enorme».
Luke mi ha detto che la sua famiglia vive a Carmel. Non ci sono mai stata, ma ne ho sentito parlare. Ho fatto una piccola ricerca su Google in biblioteca e ho visto le fotografie. Sembra un posto fantastico. E piuttosto costoso.
Paura.
«Scommetto che non hai voglia di andarci». Owen si siede e passa un dito sopra la borsa, lasciando una traccia nella polvere. «Sembrerai una stronza squattrinata, se ti presenti con questa borsa merdosa».
«Mi hai appena chiamata stronza squattrinata?» Non posso sentirmi offesa, perchè ha perfettamente ragione. Sarò ridicola con il mio guardaroba da miserabile e con questa borsa strappata e coperta di polvere. Luke scoppierà a ridere. Poi mi metterà in mano un pezzo di cinquanta e mi lascerà alla stazione dei bus, perchè capirà in un secondo che sono la peggior ragazza di copertura di sempre.
«Forse». Owen mi fa un sorrisetto. «Spero che il tuo viaggio valga la pena».
Per un attimo mi assale la paura, ma la scaccio via subito. «Sarà così, te lo prometto».
«E se mamma sparisce?».
Ora mi sembra di avere di fronte Owen da piccolo, il bambino che dipendeva da me, che mi trattava come se fossi sua madre, visto che la nostra è sempre stata inaffidabile.
«Non lo farà». Le ho già parlato, e le parlerò di nuovo prima di andarmene. Deve essere tenuta sotto pressione di continuo: io sono la mamma, lei la ragazzina. «Le farò giurare di dormire a casa ogni sera».
«Ecco, altrimenti ti chiamerò e ti implorerò di tornare». Il sorrisino compare ancora. «Ti chiamerò ancora stronza squattrinata e ti arrabbierai così tanto che tornerai qui solo per darmi un calcio nel sedere».
«Ora smettila». Mi avvicino e inizio a fargli il solletico, le dita fra le costole, il suono della sua risata mi riempie di felicità.
«Fermati!», ansima fra un respiro e l'altro. «Lasciami stare!»
In questo sciocco momento, quasi riesco a dimenticarmi di quanto sia merdosa la nostra vita.
Quasi.

One Week Girlfriend - Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora