Fable

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«Sei ancora a casa di Wade, vero?». Faccio un tiro di sigaretta ed espiro, e per un attimo rimango incantata dai leggeri riccioli di fumo che fluttuano nell'aria. Fa freddissimo e sto fumando questa stupida sigaretta senza nemmeno sapere se posso, dato che sulla dannata terrazza non ci sono segni che indichino di non fumare. Che senso ha un'area all'aperto se non permetti alla gente di fumare?
«Si, si, sono ancora qui». Owen sembra infastidito dalla mia domanda ma non mi interessa. Sono passate le nove: per le dieci dovrebbe essere e a letto, voglio assicurarmi che sia dove deve essere.
«Non dimenticarti che alle dieci devi andare a dormire». Do un colpetto alle ceneri al di là della ringhiera, senza preoccuparmi di smentire la mia tendenza a buttare per terra la spazzatura e sentendomi una merda. Cosa c'è in questa gente ricca e capricciosa che mi fa sentire come se fossi cresciuta fra la spazzatura?
«Ma è prestissimo. Wade non va a letto prima delle undici». Sta piagnucolando. Di nuovo. E così mi ricorda quanto è immaturo e per certi versi ancora bambino, anche se non perde occasione per di mostrarmi che è un uomo che sa prendersi cura di se stesso.
«Buon per Wade. Io penso ancora che tu dovresti andare a letto per le dieci», ripeto, consapevole che probabilmente non mi darà retta.
Odio stare lontana da lui. C'è qualcosa nell'aria, qualcosa che mi sta nascondendo, ma non riesco a capire cosa. Spero solo che riesca a tenere duro finche non tornerò casa.
«Va be'», borbotta Owen. «Ti comporti come se fossi mia mamma, lo sai?».
Sento un nodo alla gola e mi vengono le lacrime agli occhi. Stasera non riesco a controllare le emozioni. Tutta colpa di Luke e delle sue stupide labbra perfette. Quel bacio ha messo in moto delle emozioni dentro di me ed è da allora che sono sul punto di scoppiare a piangere. «Qualcuno deve starti con il fiato sul collo».
Ride. «Non è forse vero?»
«Oh, mio dio, usa parole normali, per favore».
Rido anch'io, contento che sia di buon umore. Prima, quando ci siamo parlati, era diffidente ed evasivo. Non voglio che abbia dei segreti con me, eppure so che è naturale, perche ha tredici anni. Il suo comportamento non potrà che peggiorare, sono sicura. Ma io sono preparata.
Gli uomini e i loro profondi, oscuri segreti. So che Luke ne ha parecchi. Non sono sicura di cosa si tratti, ma ho la sensazione che sia roba grossa. È represso, teso. L'ho sentito quando mi ha baciata ed ero fra sue braccia. Era rigido, come se si stesse trattenendo. Non volevo che fosse così. Non allora, e decisamente non adesso. Luke è una persona diversa da cio che vorrebbe far credere, e sto iniziando a chiedermi chi sia davvero. Lui almeno lo saprà?
«Ti chiamo domani, ok? Comportati bene». Faccio di altro tiro, trattenendo il fumo nei polmoni prima di lasciarlo andare piano. Dio, so quanto mi fa male, eppure non riesco a farne a meno. Fumare mi rilassa. E in questa schifosa cena al country club ne ho davvero bisogno.
«Ciao, Fabes». Nessuno mi chiama cosi, solo Owen. «Ti voglio bene».
«Anch'io ti voglio bene», sussurro, chiudendo la comunicazione. Stringo il cellulare nel pugno perchè non ho una borsetta e non mi va di infilarmelo fra le tette.
«Fumare uccide, sai?». La voce profonda di Luke mi raggiunge e mi volto, individuandolo a pochi passi da me. Ha le mani in vento gli scompiglia i capelli. Sembra nervoso e bellissimo. Vorrei fare una fotografia e catturare questo singolo momento mozzafiato per l'eternità, per tenerlo sempre con me.
«Mi stavi seguendo?», gli chiedo mentre lancio il mozzicone giù dalla terrazza. Non so dove metterlo, quindi faccio la solita mossa.
«Avevo bisogno di uscire da li».
«Anch'io», sospiro. Rivolgo la mia attenzione al campo da golf e poco oltre, all'oceano. Mi chiedo se torneremo mai qui, per apprezzare la vista alla luce del giorno. La gente ricca non ha idea della bellezza che li circonda. Vedono queste cose ogni giorno e non le trovano speciali. Probabilmente non le notano neppure.
Mi chiedo come si faccia a essere immuni a un panorama così bello. Certo, anch'io sono indifferente alle banalità che vedo ogni giorno. Forse tutti attraversiamo la vita con una dose di indifferenza che ci rassicura. Come dice una delle canzoni preferite di mia mamma.
«Tuo fratello sta bene?»
«Si». Faccio spallucce. Luke me lo chiede solo per essere gentile. Stare qui fuori, da soli nell'aria fredda della sera per pochi minuti, ha già reso più chiara la situazione fra noi. E ne avevo bisogno, dopo il bacio sbalorditivo che ci siamo dati.
A lui non importa niente di me, e a me di lui. Questo è un lavoro, nient'altro. Il bacio? Un modo per allentare i bollori, perchè insomma, trascorrere tanto tempo insieme in un ambiente cosi ristretto e fingere di essere una coppia vera ha generato un po' di... frizione. Calore. Alchimia sessuale.
Ce l'abbiamo, l'alchimia. La sento anche ora: tintinna fra noi, mi brucia la pelle. Mi rendo conto che mi sta fissando e lo sento avvicinarsi. Ora è in piedi accanto a me, le braccia appoggiate alla ringhiera come le mie. Mi dà un colpetto amichevole con il gomito io rabbrividisco. Il vento è ghiaccio e mi punge la pelle nuda.
«Hai freddo». I suoi sussurri mi danno sui nervi e vorrei urlargli di lasciarmi in pace.
Però non lo faccio.
«Più o meno», rispondo. M
Sorride. «Se avessi una giacca ti obbligherei a metterla».
Non voglio che si comporti da gentiluomo. O come un ragazzo gentile e premuroso. Non mi interessano queste... bugie.
Quello di cui ho bisogno è la realtà. Nuda e cruda. Non devo perdere di vista i soldi che ho depositato sul mio conto corrente, il fatto che mi stia usando per respingere la sua famiglia, e che io stia usando lui per assicurarmi una temporanea stabilità economica per la mia miserabile piccola famiglia. Non devo dimenticarlo.
«Forse dovremmo tornare dentro», dico, ma lui mi sfiora il braccio con la mano grande e basta quel gesto a lasciarmi senza parole.
«Non posso tornare là», sussurra a voce cosi bassa che fatico a sentirlo. «Non posso affrontarli. Non ancora. Rimani qui fuori con me».
Mi sono persa qualcosa? Non sembra troppo arrabbiato, ma non lo conosco abbastanza bene per dirlo. Non rispondo, immaginando che sia meglio stare calma e rassicurarlo, e anche lui resta in silenzio.
Ma mi mette un braccio intorno alle spalle e mi trascina a lui. All'inizio provo a resistere, mi irrigidisco in modo che non possa muovermi. Ma è stupido ribellarmi, specialmente nella speranza che mi scalderà. Quindi lo lascio fare. Gli permetto di guidarmi fra le sue braccia, e lui mi avvolge finchè non appoggio la testa sul suo petto ampio e caldo. Mi strofina le mani sulla schiena e mi ritrovo intrappolata fra lui e la ringhiera. Il suo corpo è muscoloso e saldo: sono imprigionata e non ho interesse a sfuggirgli. Rinnego tutti i pensieri e le preoccupazioni che mi hanno assillata fino a poco fa, e solo perche mi sta toccando.
Sono debole quando si tratta di Luke. Così debole che è quasi imbarazzante. Ma lui sembra altrettanto debole con me, il che mi rassicura. Almeno siamo in questo casino insieme.
«È successo qualcosa là dentro?», chiedo, perche la curiosità mi uccide. Devo saperlo.
«Non mi va di parlarne».
Alzo lo sguardo di sfuggita e vedo che ha la mascella contratta. «Be', se mai ti andasse, sono qui».
Mi guarda. Nei suoi occhi leggo cosi tanta disperazione che mi fa male il cuore per lui. Questo ragazzo bello e perfetto non è così perfetto, dopotutto. «Non capiresti».
Rido, non per prenderlo in giro e spero che lo capisca. «Capirei più di quanto tu possa immaginare».
«Se ti raccontassi la verità mi odieresti». La sua voce è severa, l'espressione addolorata. «Mi odio per quel lo che ho fatto».
Sento un improvviso peso allo stomaco. Sembra perso, e capisco che ha ragione. Forse non voglio sapere. Quello che dice - o che non dice - mi riempie di disagio. Mi spaventa.
Cos'ha fatto per odiarsi tanto?

Namelesshaley:
Eccomi di nuovo! Volevo scusarmi tantissimo per il ritardo, e poi volevo augurarvi una buona Domenica! Mi dileguo, al prossimo capitolo. xx

One Week Girlfriend - Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora