Luke

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Giorno 2, ore 21:38

Siamo seduti l'uno accanto all'altra al tavolo rotondo insieme a una folla di persone che chiacchierano a un volume assordante. Restiamo zitti per tutta la cena, per almeno un'ora se non di piu. So che è stupido, ma lei mi rende nervoso e voglio fare le cose per bene.
In un certo senso non trovo le parole. Che cosa posso dire per dare un seguito a quel bacio sul sedile posteriore della macchina di mio padre? Non voglio sminuire quello che è successo. Sto qui seduto e mi crogiolo nei miei pensieri. Come una ragazzina, rivivo il momento nella mia testa, piu e piu volte.
Il modo in cui mi ha risposto, il piccolo, silenzioso gemito di piacere che ha emesso. La calda sensazione della sua lingua vellutata che scorre contro la mia, le sue mani nei miei capelli. Non mi ricordo di aver mai ricevuto un bacio cosi. Qualcuna mi ha mai baciato in quel modo? Diamine, non credo proprio.
E il pensiero mi raggela.
Non ci diciamo niente, ma sono perfettamente sapevole della sua presenza accanto a me. Il suono melodioso del suo respiro, il profumo dolce che mi fa venire l'acquolina in bocca. Il calore della sua pelle, il modo in cui la sua spalla nuda mi sfrega contro il braccio quando prende il bicchiere d'acqua. Mi chiedo se mi tocchi di proposito.
Con la coda dell'occhio la guardo bere. Le labbra piene che si curvano intorno al bicchiere, la linea delicata del collo e il movimento che fa quando deglutisce. Il desiderio di baciarle tutta quella pelle nuda e è così forte che chiudo le mani a pugno e me le premo sulle cosce. Devo smetterla di comportarmi da idiota.
Non funziona. Non riesco a smettere di pensare a lei. La sensazione di stringerla fra le braccia, il sapore ancora sulle labbra. Io non perdo mai tempo con queste cose, mai. Ho sepolto queste inutili emozioni dentro di me molto tempo fa, e mi sono sempre rifiutato di lasciarle affiorare. Non ha senso. La maggior parte delle volte sono un robot. Mi muovo a comando, vivo la vita giorno per giorno.
Ma questa ragazza... lei si che ha senso. È reale, bella, e i nostri corpi aderiscono alla perfezione quando l'abbraccio. Mi fa venire voglia di provare emozioni.
Sono pensieri pericolosi. Per lei non significo niente: sono solo un mezzo per raggiungere il fine. Un lavoro ben pagato. Me la sono cercata, e ora me ne pento. Sono nervoso e ingollo in fretta la birra che ho preso prima al bar. È la seconda, e se devo sopportare questa situazione ancora un po' ne prenderò presto una terza. Non sopporto che il mio piano sia andato farsi benedire e non ho idea di come fermare questo treno di sensazioni. Non sono nemmeno sicuro di volerlo fermare.
Che cosa stupida. Mi sto torturando da solo. Ma sto bene con lei, e perchè dovrei desiderare di smettere? Ho fatto altre cose che mi facevano stare bene, pur sapendo che era meglio fermarsi.
Odio la vocina dentro la mia testa. Mi ricorda tutte le mie colpe, le azioni cattive che ho commesso. Non sono una brava persona e lo so, non ho bisogno di continuare a ricordarmelo.
«Luke, eccoti!». Dannazione, è Kaylie, e ha due amiche che le trottano dietro. Ragazze con cui sono andato a scuola, vestite di tutto punto e agghindate per sembrare identiche della Barbie. È difficile distinguerle l'una dall'altra. «Ti abbiamo cercato dappertutto. Ricordi Abby ed Ella, vero?»
«Si. Ehi». Alzo il mento in segno di saluto e per tutta risposta quelle sventolano le ciglia ridacchiando. È snervante, e vorrei che sparissero.
Accanto a me, sento un to di Fable che mi fa sorridere. Con la coda dell'occhio, noto il suo sguardo confuso, misto a una buona dose di irritazione. Kaylie è una che molla, lo ammetto, ma a quest'ora avrebbe dovuto capire che è il caso di lasciarmi pace.
«C'è un ballo più tardi», dice, indifferente alle occhiatacce di Fable. «Forse potrei ragazza. Per recuperare il tempo perduto».
Lo dice come fossimo stati insieme, quando a dire il vero a malapena me la ricordo. Non so diavolo si sia messa in testa di perseguitatarmi.
«Tutte le danze sono per me stasera. Mi dispiace». La voce di Fable è allegra e squillante, ma non sebra molto dispiaciuta. Inoltre, ha la mano appoggiata sulla mia coscia, le dita curve intorno alla gamba in modo da sfiorarmi quasi il pene E una mossa possessiva e la adoro.
«Già, ehm... Scusa, Kaylie». Le faccio un sorriso contrito che lei non si preoccupa di restituirmi. Se ne va via sbuffando, gettandosi i capelli biondi dietro le spalle mentre si volta e si allontana con i suoi piccoli satelliti. Le guardo scomparire nella sala, consapevo le della presenza di Fable. E ancora di più della sua mano, che è ancora appoggiata alla mia gamba.
Non voglio che la sposti.
«Dimmi cosa significa quella ragazza per te».
Sembra arrabbiata. I nostri sguardi si incontrano. Quegli occhi verdi stanno facendo fuoco e io sono il bersaglio. «Niente. La conoscevo alle superiori, ma parlavamo appena».
Le labbra di Fable sono rigide, gli occhi duri. Sembra pronta a calciare qualche sedere. «Si comporta come se fosse una tua ex».
«Non lo è», rispondo scuotendo la testa.
«Te la sei fatta, allora». I suoi occhi si assottigliano a una fessura e quando me ne rendo conto il cuore mi martella nel petto.
Fable è gelosa. E la sensazione di compiacimento che cresce dentro di me mi rende uno stronzo. Prova qualcosa, si comporta come se io le interessassi.
«Non me la sono fatta», dico con voce dolce. Non voglio che sia arrabbiata. Allungo una mano e la tocco, sfiorandole la guancia. Voglio baciarla, rassicurarla che tra me e Kaylie non c'è niente, nessuna storia, nulla.
«Bene». Poi toglie la mano dalla gamba e allontana il viso. Mi ritrovo con la mano per aria e la osservo allibito mentre lei si ritira in se stessa. Mi ha tagliato fuori nel giro di dieci secondi ed è la cosa più strana che abbia mai visto.
Prima era li, ora non più. E non ho idea del perchè. Allontana la sedia dal tavolo e si alza, allungando una mano verso di me. «Potrei avere il cellulare, per favore?»
«Dove vai?». Metto una mano in tasca e tiro fuori il telefono. Per l'ennesima volta rimango sconcertato da quanto stia bene con quel vestito. So che starebbe ancora meglio senza.
«Fuori. Devo chiamare mio fratello e assicurarmi che stia bene». Mi fa un breve sorriso, e prima che abbia il tempo di chiederle se vuole che la accompagni è scomparsa tra la folla, diretta verso la porta d'uscita che affaccia su una terrazza enorme sopra i campi da golf.
La stanza la inghiotte finchè non riesco più a vederla e sento l'aria venir meno. Mi manca. È ridicolo, dato che non la conosco nemmeno e siamo stati me solo per tre folli giornate, contando anche qu del viaggio. Eppure mi manca.
«Non è la ragazza giusta per te, sai?».
All'improvviso faccio un brusco sospiro e chiudo occhi, immaginando di essere ovunque ma non qui. Non con lei. Mi volto, e vedo Adele seduta sulla sedia vuota di Fable. La sedia è ancora calda, e Adele è già qui a tormentarmi. Non sopporto questa situazione.
«Stai fuori dalla mia vita», dico a voce bassa. Non deve sentirci nessuno.
«Non puoi evitarmi per sempre. Lo sai che prima o poi ti becco da solo». Sorride, e le palpebre si abbassano sui suoi occhi scuri. «La stai usando come scudo, ma alla fine succederà».
«Non la sto usando», dico, ma Adele mi zittisce con un'occhiata.
«Pensi che mi sia persa quei timidi baci sul sedile posteriore dell'auto? Solo perchè tuo padre e io stavamo litigando non significa che io non fossi consapevole di ogni tua singola mossa». Il suo sorriso compiaciuto mi dà il voltastomaco. «Mi dispiace, ma qualunque cosa ci sia fra voi due mi è sembrato il primo approccio fra due adolescenti che non hanno idea di cosa fare l'uno dell'altra. Come se non vi foste mai toccati prima. State davvero insieme?».
All'improvviso mi prende il panico e ho la gola più secca del Sahara. Non voglio rispondere. Non sono affari suoi, anche se so che non mollerà la presa. Andrà avanti ancora e ancora finche non cederò. Le ho sempre ceduto in passato, e mi odio per questo.
Odio.
Guardo dall'altra parte del tavolo, cercando di catturare l'attenzione di mio padre, ma lui è assorbito in una conversazione con l'uomo seduto accanto a lui e non si è accorto di nulla.
«Siamo insieme», dico a denti stretti, senza guardarla. Il suono disgustato che fa mi obbliga a voltarmi nonostante i miei sforzi. Nei suoi occhi c'è un leggero luccichio di esitazione; poi però continua imperterrita.
«È brava a letto? Conosce qualche trucchetto speciale?».
Gesù! Sapevo che sarebbe successo alla fine, ma non qui. Siamo circondati da centinaia di persone. «Chiudi quella cazzo di bocca».
Il suo sorriso si allarga. Sa che ha toccato un nervo scoperto. «Ti soddisfa, Lucas? È piuttosto difficile, sai. Quando uno butta giù tutti quei muri d'acciaio che ti costruisci intorno, sei davvero... insaziabile». Un senso di vergogna mi soffoca e mi alzo cosi in fretta che la sedia cade in terra producendo un tonfo sonoro. Tutti i commensali al tavolo mi guardano, e divento rosso per l'imbarazzo. Adele se ne sta seduta li, serena come una regina sul trono. Non si disturba nemmeno a guardarmi perche sa cos'ha fatto.
«Tutto bene, figliolo?», domanda mio padre, accigliato.
E anzichè rispondergli scappo, per allontanar il più possibile da Adele. Devo andarmene da questo posto. Questa sala si sta chiudendo su di me e mi gira la testa. Non so se sia l'ansia o le due birre che ho bevuto stasera.
So solo che ho bisogno di aria, e mi dirigo verso la terrazza.
Verso Fable.

One Week Girlfriend - Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora