Mentre con il pick-up percorro il lungo vialetto di ingresso, la casa mi compare davanti agli occhi, ogni singola finestra splendente di luce. Ci sono circa un trilione di finestre, la villa è enorme e fa un'impressione grandiosa. Poi la preoccupazione mi assale e mo chiedo se siano in casa oppure no. Speravo di evitarli fino al mattino.
La tensione che emana Fable è evidente. La realtà la colpisce, credo. Sta uccidendo anche a me. Devo varcare quella soglia e affrontare i miei demoni. È drammativo, e sembro una ragazzina, ma merda, è la verità.
«Hai una casa gigantesca», mormora Fable.
«Già». La odio. Perdere mia sorella... Il fatto più terribile del mondo che mi sia mai accaduto è successo proprio qui. Anche se è morta quasi con esattezza due anni fa, mi pare solo ieri.
Dentro il mio cuore, so che la sua morte è stata in parte colpa mia. E di Adele. Questo è uno dei motivi principali per cui vorrei essere altrove.
«Ed è proprio sull'oceano». Fable sembra triste. «Adoro l'oceano. Ci vado raramente».
«Ci sono delle scale sulla terrazza posteriore che ti porteranno dritta alla spiaggia», dico, sperando di farle venire voglia di andarci.
Il sorriso che mi fa in qualche modo mi alleggerisce, ma non abbastanza.
Non sarà una visita facile. Mi sono illuso, se credevo che Fable l'avrebbe resa più semplice. Con la sua presenza sembrerà meno stressante, ma ci sono ancora tensione, rabbia e tristezza - troppe emozioni legate a questo posto, in questo momento dell'anno. Entro la fine della settimana penserà che sono completamente pazzo.
Racconterà a qualcuno di me? Non mi sono neppure posto il problema. Il che prova una volta in più che non ho organizzato il mio piano a sufficienza. Tutto mi si ritorcerà contro, alla fine. Me lo sento. Non posso fidarmi di nessuno.
Nessuno. Di certo non di questa ragazza seduta accanto a me, che si mastica l'indice come se dovesse arrivare all'osso. È nervosa, ma non sa niente di me.
Mi sudano le mani e ho la nausea. Una cosa è vedere i miei quando siamo in vacanza, un'altra è vederli quando vengo a casa e devo affrontare la realtà di quello che è successo qui dentro. Sono passati quasi due anni dall'ultima volta che sono stato qui.
«Stai bene?», la voce di Fable rompe il silenzio ed è piena di preoccupazione. «Respiri in modo strano».
Fantastico. «Sto bene». Rispondo con un sospiro, crecando disperatamente di non cadere a pezzi. Parcheggio davanti alla porta chiusa del garage e spengo il motore, lasciando che la quiete mi avvolga per un momento. Riesco a sentire i respiri leggeri di Fable, il tic tac tranquillo del motore, il suo profumo, lo shampoo o qualunque cosa sua che allegia nell'aria. È delicato, un po' dolce - vaniglia o cioccolato, non saprei dirlo - e non si intona all'immagine da dura che Fable proietta.
È una contraddizione vivente, e io voglio capirla.
«Senti, non so perchè, ma ho la sensazione che questa cosa sia difficile per te. Mi sbaglio?». Mette la mano sopra la mia, sul cambio, la punta delle sue minuscole dita che mi liscia le nocche. Sobbalzo al suo tocco, ma lei non si sposta. Sono scioccato che stia provando a rassicurarmi così.
Annuisco, poi cerco di mettere insieme due parole, ma non esce niente.
«Anch'io ho una famiglia incasinata». La sua voce tranquilla penetra dentro di me e mi calma i nervi all'istante. La sua semplice accettazione mi coglie di sorpresa.
«Non ce l'hanno tutti?». Mi sforzo di scherzare, anche se la maggior parte delle volte credo di essere il solo che ha a che fare con la follia. Nessuna famiglia è fuori di testa quanto la mia.
«Non credo. Merda, non lo so». Sorride, e guardarla mi alleggerisce il cuore. «Solo... ricordati di respirare, okay? So che non mi racconterai cosa c'è che non va, o perchè odi la tua famiglia così tanto, ma lo capisco. Lo capisco davvero, e se hai bisogno di allontanarti anche cinque minuti, ti darò una mano. Dovremmo avere una parola in codice».
Mi acciglio. «Una parola in codice?»
«Sì». Annuisce, e le si illuminano gli occhi. Come se stesse davvero entrando nella parte. «Mettiamo che tuo papà faccia lo stronzo e ti chieda cosa ne vuoi fare della tua vita, e tu non ce la fai più a sopportarlo. Basta che tu dica marshmallow e io lo interromperò e ti porterò fuori».
Un sorriso riluttante mi compare sulle labbra. «Marshmallow?»
«Una parola a caso, no? Che non ha senso. Così è più divertente». Il suo sorriso si allarga, e anche il mio.
«E se tu non ci sei?». Sento che non la perderò di vista un secondo, anche se non sarà facile.
«Scrivimi marshmallow via SMS. Ovunque io sia, verrò da te di corsa».
«Faresti devvero questo per me?».
I suoi occhi incontrano i miei, sono pieni di luce, splendenti. E bellissimi. Cazzo, è davvero carina. Perchè non me ne sono reso conto prima? Sono attratto da lei, io che di solito non sono attratto da nessuno. «Sono impaziente di fare il lavoro per cui mi hai pagata».
Le sue parole gelide disperdono in un attimo la tiepida nebbia in cui siamo immersi. Un promemoria brutale che quello che stiamo facendo, questa falsa relazione di cui siamo parte, per lei non è nient'altro che un lavoro. «Hai ragione».
Che stupido. Speravo che mi salvasse perchè le andava di farlo.Namelesshey:
Bene bene, volevo solo dirvi una cosina. Se qualcuno di voi sta scrivendo una storia, potreste pubblicizzare la mia? Vorrei tanto farla conoscere un po' in giro. Anche perchè - come ho già detto nel capitolo precedente - ci saranno tantissime sorprese! Altra cosa, se avete twitter o instagram, potete commentare con il vostro nick.
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Detto questo, buona serata a tutti. A domani con il prossimo capitolo. x
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One Week Girlfriend - Luke Hemmings
Fanfiction"Torneremo ciascuno alla propria vita. Dove tu mi odi e io odio te. Sarà una bugia. Forse prima di tutto questo ti odiavo, ora però credo di amarti."