Luke

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Giorno 7 (partenza), ore 9:00

Abbiamo dormito insieme, i corpi avvinghiati, le mie mani sui suoi seni. I suoi capelli profumati in faccia, le gambe intrecciate alle mie. Mi sono sveglia duro come l'acciaio, pronto a possederla ancora.
Cosa che ho fatto.
Dalla scorsa notte abbiamo fatto sesso quattro volte. Ogni volta è stato meglio della precedente, e sono così perso per questa ragazza che mi sento patetico. È incredibile.
Alla fine mi obbliga a scendere dal letto, dice che dobbiamo sbrigarci e ha ragione. Abbiamo quattro ore di macchina su una strada presumibilmente trafficata per il fine settimana, e forse ci vorrà più del solito.
Inoltre, voglio andarmene in fretta per non incrociare Adele. O mio padre. È orribile, lo so. Adoro mio padre, ma oggi... Oggi sarà dura per lui. E non so se posso sopportarlo. Mi sento in colpa a essere così felice proprio oggi – anche se non è l'anniversario esatto della morte di Vanessa, è abbastanza vicino – eppure voglio reagire.
Sono stanco dei sensi di colpa. Della preoccupazio e della vergogna. Per una volta nella vita, ho fatto sesso con una bella ragazza per tutta la notte e desidero solo gioirne, stare con lei, dirle quanto significhi per me, anzichè scappare e nascondermi.
Fable è perfetta per me, non posso lasciarla andare. Facciamo la doccia insieme perchè sono avido e anche lei. Le faccio scivolare le dita fra le gambe facendola venire piano, la bocca fusa alla sua per tutto il tempo, ingoiando i suoi gemiti e l'acqua calda che scroscia su di noi.
Poi si inginocchia e me lo prende in bocca, le labbra avvolte sulla cima del mio pene, la lingua che esplora ogni centimetro mentre vengo con un soffio tremante.
Anche quello è un punto di svolta per me. Le mie passate esperienze mi hanno portato a odiare i pompini, solo perchè mi riempivano di disgusto quando mi capitava di ricordare. La vergogna, l'orrore per aver ceduto così facilmente all'insistenza di una donna che voleva convincermi che quello che stavamo facendo non era sbagliato. Che non c'era nulla di cui vergognarsi.
Sbagliava. Sapevo che non era giusto, eppure non sono riuscito a controllare me stesso, le mie pulsioni, le mie reazioni a lei. Era abilissima nel persuadermi e io lo odiavo.
Detesto la persona in cui mi ha trasformato: il suo giocattolo sessuale, un gingillo da scopare e usare finchè non mi disgustavo. Più di una volta dopo essere stato con lei ho pensato di suicidarmi. Ma non ce l'ho fatta. Avevo troppa paura, temevo cosa sarebbe accaduto se fossi sopravvissuto.
E allora mi sono chiuso nel mio guscio. Un robot che si muove in automatico. Ho vissuto la mia vita facendo quello che dovevo e tirando avanti. Tenendo tutti a distanza.
Finchè non è arrivata questa ragazza e mi ha affascinato. Sorpreso. Intossicato.
Spogliato di tutto.
«Sei insaziabile», mi dice dopo che ci asciughiamo a vicenda.
Le sue parole mi rendono di ghiaccio. Adele ha detto la stessa cosa quella sera al country club. E io mi sono infuriato. Vergognato.
Proprio come adesso.
Il sorriso di Fable scompare mentre la guardo, cercando di controllare la rabbia. Non posso perdere la testa, non così. Non dopo che ho passato la notte più incredibile della mia vita con lei. «Cosa c'è che non va?», mi chiede.
Scuoto la testa ed esco dal bagno, dirigendomi verso la mia camera per cambiarmi. Ho già fatto le valigie e sono quasi pronto per partire, mancano solo alcune cose. Devo andarmene al più presto da questa casa. Da questa vita. Non è più una parte di me, e i suoi viticci spinosi mi avviluppano la mente pronti a conficcarsi e a non lasciarmi scappare più.
Qualche attimo dopo Fable entra nella stanza, vestita in tutta fretta, i jeans ancora slacciati, la maglietta gettata addosso a casaccio. Se la sistema attorno alle spalle, offrendo una visuale tentatrice della sua pelle e per un attimo mi distraggo.
Ma mi rendo conto che il suo sguardo inquisitorio non mi permetterà di sfuggirle. «Dimmi cosa c'è che non va».
«Sono solo... pronto per partire». Forse è risposta soddisfacente.
«È successo qualcosa là dentro. Voglio sapere cosa». Incrocia le braccia al petto, gesto che non fa da giorni, e mi rendo conto che è sulla difensiva. Sta cercando di fare la dura, di non cedere.
Be', nemmeno io cederò. Non possiamo parlarne qui, non adesso. «Lascia perdere Fable. Davvero».
«No». Si avvicina e mi dà una spinta al petto con entrambe le mani. «Sono stanca di fingere che vada tutto bene. Non ne posso più di vederti perdere la testa e poi dirmi che va tutto bene. So che stai ancora piangendo la perdita di tua sorella e che ti senti in colpa per la sua morte, e lo capisco. Ma c'è di più. È successo qualcos'altro e tu non me lo vuoi dire. E ho davvero bisogno che tu me lo dica, Luke».
Scuoto piano la testa, l'aria che d'un tratto mi abbandona i polmoni. «Non... non posso».
«Devi». Mi spinge di nuovo e io le afferro i polsi per fermarla. «Ho bisogno di saperlo. Altrimenti come faccio ad aiutarti?»
«Fidati di me, è meglio che tu non sappia». La lascio andare e mi volto per finire di riempire la borsa sul mio letto, ma lei mi afferra un braccio, obbligandomi a guardarla.
«Non tagliarmi fuori. Sono qui per te. Dopo tutto quello che abbiamo passato e condiviso...». Sospira e chiude gli occhi per un attimo, come se fosse sopraffatta dai ricordi. «Ho messo a nudo il mio corpo e la mia anima per te, e non l'ho mai fatto con nessuno prima. Quindi ti prego, ti imploro. Dimmi che diavolo è successo!».
Quanto vorrei confessare tutto. Ma ho paura della sua reazione. Socchiudo le labbra, eppure non mi esce una parola. E come se le parole mi pesassero sul cuore, frantumandolo in polvere.
«Posso indovinare?», mi chiede con voce dolce. «Ho... i miei sospetti. Posso farti delle domande e tu mi rispondi si o no?»
Sarei un codardo a cavarmela così. Ma poichè al momento sono esattamente un codardo, è l'unica via d'uscita possibile.
Quindi annuisco.
Fable fa un passo indietro, appoggiandosi all'armadio. «Qualunque cosa ti sia successa in passato, è successa qui, vero? Non intendo nella casa degli ospiti ma qui, con i tuoi. Non a scuola, nè altrove».
Annuisco.
«Ok». Stringe le labbra e chiude gli occhi, assumendo un'espressione preoccupata. «Penso... che abbia a che fare con Adele, giusto?».
Resto immobile. Paralizzato. Vorrei dire di sì. Scappare. È così vicina. Così vicina a capire che è successo, e poi mi rendo conto che forse già lo sa, e sono così imbarazzato che mi viene da vomitare.
«Sì», dico fra respiri mozzi, passandomi una mano sulla bocca. Giuro che sto per rimettere.
Nei suoi occhi leggo la paura. Comprensione, preoccupazione e lacrime che non voglio che pianga per me. «Ti ha... molestato, vero?».
Faccio cenno di no, scioccato dalla sua scelta di parole. «Non mi ha molestato. Sapevo esattamente cosa stavo facendo con lei».
«Cosa?», mi chiede a bocca aperta.
«Avevamo una relazione. Ecco tutto. Nessuna molestia, non mi toccava quando ero piccolo. Mi ha cercato e sedotto, e io ci sono cascato, e abbiamo avuto una relazione per anni». Sputo fuori le ultime parole, cosi nauseato che mi si annebbia la vista. «Ecco, Fable. Ecco la risposta che cercavi. Ora che lo sai, cosa pensi? Sono una persona orribile, vero? A farmela con la mia matrigna, a permetterle di intrufolarsi nella mia camera da letto durante la notte. A scoparla ancora e ancora. Sapeva sempre come eccitarmi e non sopportavo il controllo che aveva su di me». Tremo, respiro a fatica e mi battono i denti. Non posso credere di aver detto tutto questo. Le ho raccontato tutto. Tutto.
Fable mi fissa allibita, gli occhi pieni di lacrime. «Quanti anni avevi quando avete iniziato?»
«Quasi quindici». Ero arrapato e Adele lo sapeva. Era bellissima, misteriosa. Mi lusingava, flirtava con me, e io le ho dato corda. Ha solo undici anni più di me; mi diceva che avevamo in comune più di quanto lei avesse in comune con mio padre, e l'ultima cosa che so è che si è intrufolata nella mia camera in piena notte e ha iniziato a toccarmi. Mi ha fatto venire così forte che pensavo di perdere i sensi.
Ero giovane, pieno di ormoni, pensavo solo al sesso. E nonostante la vergogna e l'odio che provavo per lei e per me, segretamente desideravo di stare con lei. Cercavo le sue attenzioni perchè per un breve momento mi sono sentito voluto, amato.
E dopo, quando mi lasciava da solo nella mia stanza, mi vergognavo. Provavo repulsione. Anche per mio padre, che non sapeva nulla. Per mia madre, che era morta quando ero piccolo e non era lì a proteggermi.
«Eri un ragazzino e lei ha approfittato di te, Luke. Quella non è una relazione fra adulti consenzienti, è la tua matrigna che ti molesta». La sua voce vacilla, e poi Fable fa una cosa incredibile.
Corre verso di me e mi stringe forte, come se non volesse mai più lasciarmi andare. Piange, il viso fondato nella mia maglietta, e io l'abbraccio esitante.
Non ho più lacrime, non c'è tristezza dentro di me. Sono senza emozioni. Vuoto. Forse in stato di shock.
Ho appena confessato il mio segreto più oscuro e Fable non è scappata. Non ha riso, non mi ha preso in giro, non ha puntato il dito per accusarmi.
Per una volta nella mia vita, sento che finalmente ho trovato qualcuno che mi capisce.

One Week Girlfriend - Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora