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"No, Manuel".

E ogni capriccio scivola indietro, mi graffia la gola.

"Non si può, lo sai", non lo so, non lo so, ho sei anni mamma, non lo so, ma se lo dici tu è vero, e allora non si può, ma perché solo per me non si può, mamma?






"Non si può Manuel, devi studiare", e ti vedo che non riesci, ti vedo che sei stanca, che i tuoi begli occhi sono spenti mamma, che urli contro il niente.

T' aiuto io, t'aiuto io mamma.

Lo faccio per te, non lo vedi che lo faccio per te?

Devono essere felici gli occhi tuoi, non possono essere tristi, sono vent'anni che sono tristi, ci penso io, ci penso io.

Ce la faccio.

Ce la faccio.

Ho fatto sempre tutto da solo, io.

Ho dovuto imparare, io.

Sono cresciuto insieme ai tuoi occhi tristi, che sono gli unici che m'hanno mai guardato con tenerezza.





E allora, adesso che vogliono, questi altri occhi che mi guardano?

Che non sono stanchi, che non sono tristi, ma sono così dolci. Perché sono dolci mentre guardano me?

Sono grandi. Mi dicono cose belle.

Nessuno m'ha mai guardato così, a me.

Che viene dopo?





Non lo so fare.
Non ce la faccio.

Non si può. Per me non si può.




"Vengo con te".

Vieni con me.

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