164 - Quella In Cui Lo Fanno Nello Studio Di Dante

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L'invito a partecipare ad una cena assieme ai parenti di Simone aveva indispettito più Simone che non Manuel stesso.

"Tu non capisci",  gli aveva detto, senza preoccuparsi di fornirgli alcun contesto e lasciandolo nella più completa confusione, "tua madre è un angelo, mio padre invece è un tritacazzi-"

"Simone"

"-rompicoglioni-"

"Simone!"

"-che non te lo so neanche spiegare. E la sorella è anche peggio! E i miei cugini sono così spocchiosi, manco c'avessero una mazza infilata su per il-"

"Simone! Ma che c'hai stamattina?" s'era trovato a chiedergli Manuel, che ancora non sapeva come interpretarla, quell'improvvisa piega presa dal linguaggio - e dall'umore- di Simone, solitamente tanto educato e cortese.

"Questa c'ho!" era stata la risposta, a parer di Manuel abbastanza drammatica, assieme ad una lettera sbattutagli contro il petto, il visino imbronciato di Simone ad incorniciare il tutto.

"Non ho capito", aveva ammesso, poggiato al bancone con gli occhiali inforcati, "sei stato invitato -"

"siamo stati invitati-"

"-per una cena a casa tua, e invece di un messaggio t'hanno mandato una lettera?"

Simone aveva scrollato le spalle, sedendosi poi con un salto sul bancone della cucina, "a mia nonna piace essere d'effetto", aveva risposto, dondolando i piedi e mordendo via una pellicina dal pollice.

Adorabile.

"Non l'ho sentita nominare mentre prima ti lamentavi".

"Mia nonna è un angelo, basta far attenzione ai capelli".

"... I capelli?"

"Eh. I capelli Manu. Quelli che abbiamo in testa. Ho capito che li stai perdendo ma addirittura scordarteli- ahia!"

"Così impari", e Simone s'era sporto per ricevere un bacino sul naso appema pizzicato.

Manuel, suo malgrado, s'era ritrovato a cedere, che Simone con lui l'aveva sempre vinta e nemmeno gli dispiaceva.

Per questo motivo era stato per lui chiaro che alla cena ci sarebbero andati, nonostante i suoi timori sulla loro incolumità.

"Faremo attenzione alla sua piega allora", aveva quindi detto, riprendendo il discorso, ma più che un'affermazione era sembrata una domanda.

Simone l'aveva guardato con due occhioni sorpresi e un sorrisone incorniciato da fossette, "ma che, davvero mi ci accompagni?!"

"No che non ti ci accompagno. Hanno invitato anche me, il posto affianco al tuo è mio di diritto", gli aveva risposto, sventolando la lettera, "leggi bene, carta canta".

Gli aveva poi lasciato un morso delicato s'una guancia, prendendolo per la vita per trascinarlo giù dal bancone, "adesso fai il bravo e spostati su uno sgabello, che ti preparo la colazione"

---

Di tutti gli scenari immaginati, quello di essere trascinato via dalla tavola a metà cena, per ritrovarsi chiusi nello studio del padre di Simone, era stato comunque una sorpresa.

La serratura della porta scatta e le labbra di Simone sono dolcissime contro le sue.

Il piccolo gli avvolge le braccia al collo, "mi mancavi" sospira, e s'avviluppa con le gambe al suo bacino.

E di lì è un crescendo, affrettato e contornato da risatine e suppellettili rovesciate, vestiti sbottonati e morsi su pelle candida.

Manuel sfila i pantaloni di Simone e non riesce a trattenersi dal lasciargli un ceffone s'una natica, che "il pizzo, amore mio? L'avevi progettato allora, mh?", e intanto due dita s'infilano alla base, sfiorano con le nocche il perineo e tirano, "vuoi farti scopare nello studio di papà?"

Le dita rilasciano la stoffa che ricade con uno schiocco sulla pelle tenera di Simone, intrappolato contro il petto di Manuel.

Simone tira sù il viso e gli bacia la mascella, strofina le labbra sulla barba ispida, "non ti va? Non vuoi prendermi qui, mentre c'aspettano, non vuoi farlo sapere a tutti che sono tuo?"

Un altro schiaffo, poi anche le mutandine scivolano via.

E Manuel ha da tappargli la boccca, che è tanto rumoroso il suo piccolino, piegato com'è sulla scrivania, i fianchi pallidi che ad ogni spinta sbattono contro il legno e che con ogni probabilità si copriranno di lividi scuri.

Manuel non vede l'ora di prendersene cura, di baciarli, accarezzarli, e il solo pensiero lo manda ai matti e lo porta a spingere ancora più forte.

Così forte che Simone ha da reggersi al bordo opposto della scrivania, cercando di soffocare le urla e i gemiti che gli affollano la gola e che non fanno che aumentare quando Manuel Manuel una mano tra i suoi ricci e tira.

Lo porta sú, con la schiena contro il suo petto e il cazzo così a fondo nello stomaco che Simone teme, spera, ne resterà l'impronta anche dopo.

Le stoccate si fanno veloci, quasi violente, tanto che le ginocchia del piccolo minacciano di cedere, il respiro rifugge i polmoni e gli occhi gli si fanno di lacrime.

Annullato quasi, resta innerme tra le braccia di Manuel che intanto continua a spingere e spingere e spingere, il naso premuto contro il collo di Simone, la lingua avida che ne saggia il sapore.

Ed è Manuel a sorreggerlo, che Simone ha perso completamente le forze e si culla nella sua stretta, ch'è tanto salda da non permettergli movimento, impedendogli così d'accasciarsi al suolo.

E Simone in fine viene e forse è già venuto più volte, che la sua pancia è tanto sporca.

Lascia che Manuel lo usi finché il suo seme non gli riempie lo stomaco, e Simone si ritrova, nel suo stato delirante, a pigolare bisognoso di non voler lasciar scappare via neanche una goccia.

Manuel s'affretta allora ad impedire che gli ricoli sulle cosce, spingendo con due dita, a sostituzione di sé stesso, le mutandine arrotolate di Simone, osservando con avidità il pizzo scomparire tra quella pelle candida.

"Bravissimo amore mio" dice, che Simone è ormai distrutto tra le sue braccia, e Manuel  ha cura di rivestirlo, di pulire la sua pancia e di tirarlo poi a sedere sulle sue gambe, accoccolati sulla grande poltrona da studio di Dante.

E gli scosta via dal volto i riccetti arruffati, che Simone contro il suo petto pare un cucciolo bisognoso d'affetto, e Manuel vorrebbe farsi vento e scivolargli sotto la pelle e circondare ogni sua parte.

"Stai bene?" mormora, che i loro volti sono tanto vicini e non serve alzar la voce.

Simone gli sorride, placido e stanco e tanto bello, "con te sempre".




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