Capitolo Uno - Una brutta sensazione

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Cammino per la mia città
Ed il vento soffia forte
Mi son lasciato tutto indietro
il sole è all'orizzonte

Torna a casa - Måneskin

18 marzo 2017

Ero seduta su una panchina al parco di fronte alla Facoltà di Lettere di Palermo con un libro di Storia della comunicazione in mano.

Le altre panchine accanto a me erano vuote, forse perché molti preferivano studiare in aula o in biblioteca. Io, al contrario, mi sentivo molto più a mio agio a stare lì, immersa tra gli alberi, con il sole addosso e la compagnia del cinguettio degli uccelli.

Era un tipico pomeriggio primaverile. Nel cielo azzurro non c'era l'ombra di una nuvola, non faceva neanche troppo caldo e un leggero vento rendeva l'aria gradevole. Insomma, era un giorno perfetto.

Tuttavia, ogni tentativo di prestare attenzione a quello che stavo leggendo si rivelava vano. I miei occhi scorrevano le righe a fatica e la mia mente, costretta, seguiva a intermittenza le pagine. Ero distratta da un presentimento.

Non sapevo spiegarmi esattamente cosa fosse, ma da quella mattina sentivo che qualcosa stava arrivando. Il mio sesto senso sbagliava di rado.

Poi di colpo riaffiorò un ricordo, uno di quelli che sbucano inaspettatamente, di soppiatto, che non riesci più a staccarti di dosso.

Forse era quello a tormentarmi, a smuovere in me qualcosa, e a provocarmi un misto di felicità e... terrore.

Ero tesa, ma mi sforzai di non pensarci e cercai di concentrarmi sullo studio. Avrei avuto gli esami a poco meno di un mese di distanza e stavo preparando le ultime due materie prima della laurea.

Riuscii finalmente ad allontanare i cattivi pensieri. Focalizzai la mia attenzione sul manuale e, quasi con stupore, persi il senso del tempo. Passarono le ore e iniziò a farsi buio.

Alzai lo sguardo, stanca, e mi guardai intorno, notando il totale silenzio e la fioca luce dei lampioni in lontananza. Alla sera l'università mi aveva sempre suscitato un po' di paura: era deserta, fin troppo silenziosa.

Decisi così di tornare a casa. Misi i libri dentro lo zaino e mi avviai verso la stazione. Mentre camminavo, mi assalì di nuovo quella sensazione, al contempo piacevole e fastidiosa. Quello strano sentore persisteva e l'agitazione in me aumentava. Ci pensai per tutto il tragitto. Non riuscivo a rasserenarmi, mi affannavo ad allontanare quel presentimento.

Camminavo svelta, come se i miei passi seguissero la stessa velocità dei miei pensieri. Passai accanto all'edificio di ingegneria e il mio sguardo si posò sui modelli di razzi e aerei che si trovavano intorno e spiccavano in mezzo al verde. Sentivo le voci di qualche studente che stava ancora ripetendo o chiacchierando in cortile. Più avanti un'enorme struttura in stile moderno, formata interamente da grandi vetrate, cozzava con tutto il resto.

Arrivata alla stazione, mi accorsi di essere in ritardo: il treno stava per partire. Mi precipitai giù per le scale, sperando di non cadere. Riuscii a salire sul treno appena in tempo. Mi poggiai alla parete respirando affannosamente, il cuore batteva forte. Ci misi qualche istante per riprendermi, poi cercai un posto dove sedermi.

Il treno era quasi vuoto, ma d'altronde di venerdì sera non potevo aspettarmi altrimenti. Ero in ritardo anche per la cena, così mandai un messaggio a mia madre, avvisandola di non aspettarmi. Scelsi un sedile, in fondo, dove potevo stare tranquilla a rimuginare. Di solito le altre persone non andavano fin lì, soprattutto quando trovavano un posto libero vicino alle porte.

Mentre il paesaggio scorreva accanto a me iniziai a pensare agli esami imminenti, ero preoccupata di non riuscire a passarli e di essere costretta a rimandare la laurea.

SYS - La società degli splendenti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora