Capitolo Ventinove - Sospetti

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Tu hai rotto i legami
E hai allentato le catene
Portato la croce della mia vergogna,
Della mia vergogna
Sai che ci credo
Ma ancora non ho trovato
Quello che sto cercando

I still haven't found what I'm looking for – U2


Uscii dall’ospedale e chiamai Davide.

«Credevo avessero rapito anche te» esordì lui sarcastico, forse perché non avevo risposto alle sue chiamate. Sembrava tranquillo, ma riuscii a percepire il timore nella sua voce.

«In che senso?» chiesi mordendomi la lingua.

«Dove sei?» Tornò serio. «È successo un casino!»

Lo so.

«Vicino allo Stadio delle Palme.» Mi diressi lungo la grande strada che iniziava a popolarsi nelle prime ore del mattino.

«Che ci fai lì?»

«Stavo facendo una corsetta» mentii, le mani iniziarono a sudare.

Sentii rumore di chiavi, probabilmente stava già salendo in macchina. «Ti raggiungo lì.»

«Ok.» Riagganciai.

L’impianto sportivo era a pochi metri dall’ospedale, ci arrivai dopo qualche minuto. Diverse persone stavano correndo lungo la pista da corsa che circondava un grande parco.

Io avevo ancora addosso i vestiti della sera prima: un paio di jeans, una maglietta e la felpa. Non ero esattamente in tenuta ginnica. Questo non mi avrebbe aiutato a inscenare bene la menzogna per Davide. Mi fermai a ridosso della strada, in attesa, cercando di non seguire l’istinto e andare via per dirigermi verso la base. Da lui.

«Ciao.»

Sobbalzai e mi voltai trovando Davide di fronte a me. Il suo occhio destro era gonfio e nero, e aveva il labbro inferiore spaccato, proprio al centro.

«Scusa, non volevo spaventarti.» Si passò una mano sul collo.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo viso martoriato.

«Carino vero?» disse indicandolo con la mano.

Forse la mia espressione esprimeva stupore. Meglio così.

«Ma cosa…» Allungai il braccio verso di lui, ma mi bloccai a mezz’aria e lo riportai lungo il fianco. «Cosa ti è successo?»

«È una storia lunga…» Alzò le spalle, ma si vedeva che stava morendo dalla voglia di raccontarmelo. C’era però una luce strana nei suoi occhi. Era spaventato. Continuava a guardarsi intorno.

«Camminiamo un po’?» chiesi facendo un cenno verso il percorso.

Lui si limitò ad annuire.

Per un po’ nessuno dei due parlò.

«Quindi?» lo esortai.

Fece un lungo sospiro. «Sono stato tutta la notte tra l’ospedale e la centrale di polizia.»

«Cosa?» Mi bloccai un istante, poi ripresi a camminare. «Perché? Hai fatto una rissa?» Con quanta facilità riuscivo a mentire, tanto da sentire la vergogna strisciare lungo la mia schiena.

«Mi hanno rapito, Lara» lo disse guardando avanti, ma mi sembrò che si fosse svuotato di un peso.

A quel punto, da brava attrice, dovetti fermarmi. «Rapito? Ma cosa stai dicendo?» Cercai di caricare la mia voce di dubbio e inquietudine. «Mi stai prendendo in giro?»

SYS - La società degli splendenti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora