Capitolo Dieci - Normalità

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Invierò un SOS al mondo
Invierò un SOS al mondo
Spero che qualcuno prenda il mio
Spero che qualcuno prenda il mio
Spero che qualcuno prenda il mio
Messaggio in una bottiglia

Message in a Bottle - The Police


Andai a prendere i libri in biblioteca. Gli studenti occupavano i banchi tra le grandi librerie che formavano un labirinto di corridoi nella grande stanza. La bibliotecaria mi diede i tre grandi testi che il professore mi aveva messo da parte.

Se fosse stato un altro momento, sarei stata entusiasta di buttarmi a capofitto nella loro lettura. L'oggetto della mia tesi era sul giornalismo d'inchiesta legato alla criminalità organizzata. Ero sempre curiosa di saperne di più su questo argomento. O forse era solo un modo per rimanere ancorata al mio passato.

Purtroppo, la situazione in cui mi giostravo in quei giorni era tutt'altro che normale, e il solo pensiero di dover leggere quei tomi pesanti mi metteva ansia. Odiavo dover fare tante cose insieme ed essere costretta a farle di fretta, senza poter dedicare loro il tempo che avrei voluto - e di cui una ragazza con una vita "normale" avrebbe sicuramente disposto.

Non ero mai stata una persona ansiosa, avevo cominciato a esserlo soltanto dopo che la società fu sciolta ed ero rimasta da sola. Nell'ultimo periodo, nonostante la laurea imminente, ero riuscita pian piano a riacquistare il controllo su di me e a smorzare quella fastidiosa agitazione.

Li presi tra le braccia, sollevandoli a fatica. Diedi un ultimo sguardo all'edificio in mattoni rossi dal quale ero appena uscita. La grande scritta bianca su sfondo verde, Facoltà di lettere e filosofia, era ancora ben visibile. Mi aveva sempre affascinato pensare a quanti illustri personaggi fossero passati lì dentro.

Le braccia doloranti a causa dei libri mi riportarono alla realtà e mi incamminai di nuovo verso la stazione. Attraversai il piccolo viale di fronte al dipartimento e passai accanto al bar. Dietro di esso c'era il grande parco dell'università, dove fino a qualche giorno prima studiavo tranquilla, senza tutti i pensieri che adesso mi affollavano la testa.

Andavo lentissima, alla mia destra si susseguivano tanti edifici universitari, ma non feci in tempo a superare la Facoltà di Architettura, che qualcuno mi prese i libri dalle mani: era Davide. Mi ricordai soltanto in quel momento che non aveva mie notizie da una settimana.

«Ciao!» Ero stupita di vederlo e sapevo di dovermi scusare e inventare qualcosa per la mia assenza.

«Ciao!» Mi baciò sulla guancia. «Sei viva, quindi!» continuò passandosi la mano tra i capelli, imbarazzato.

«A quanto pare.» Mi indicai.

Lui si mise a ridere. «Hai tempo per un caffè?» Portò i libri da un braccio all'altro.

«In realtà...» Lo guardai. Non avrei potuto negargli un caffè. «Ma sì, dai. Dieci minuti di pausa me li posso prendere.»

«Oh, grazie per questo onore.»

Adoravo la sua ironia.

Tornammo indietro, andammo al piccolo bar della Facoltà di Lettere e bevemmo il caffè in piedi al bancone. Professori e studenti si fermavano a chiacchierare dentro e fuori dal bar, prendendosi un attimo di pausa dalle lezioni.

Mi sentii in dovere di dirgli qualcosa. «Senti, Davide... devo scusarmi, sono sparita e non ho neanche risposto ai tuoi messaggi, ma...»

Non mi lasciò continuare: «Non preoccuparti. Anche io sparisco di tanto in tanto, lo sai. Ti farai perdonare offrendomi una birra.» Sorrise, rassicurandomi.

Mi sentivo abbastanza a disagio. Dietro la mia assenza c'era l'arrivo di Luna e Christian, ma soprattutto l'enorme notizia che avevano portato con loro e che mi aveva messo una gran confusione nella testa. Non mi ero più fatta viva, avrei potuto almeno fargli una telefonata, inventarmi qualcosa.

Uscimmo dal bar.

«Ascolta» mi disse, rompendo quello strano silenzio. «Per ora sei impegnata con la tesi, quindi facciamo che quando vuoi distrarti un po', fare una pausa, ti fai sentire e io corro a salvarti!»

Sorrisi. «Oh, che cavaliere.»

«Ti posso accompagnare alla stazione?»

«Certo che puoi.» Indicai i libri tra le sue braccia. «Così mi porti quelli.» E iniziai a camminare da sola.

Lui scosse la testa divertito e mi raggiunse.

Durante il breve tragitto parlammo del più e del meno.

«Cosa fai stasera?» gli chiesi prima di salutarlo.

«Esco con Marco e i suoi nuovi amici, Salvo e Antonio. Li hai conosciuti l'altra volta, ricordi?» ne parlava in modo tranquillo. Ovviamente non poteva sapere.

Io annuii tentando di non far trasparire l'odio verso quei due tipi poco raccomandabili.

«Ho scoperto» continuò lui «che sono nati e cresciuti qui, a Palermo. Sono andati a Roma solo dopo il diploma, a quanto pare.» Sembrava felice di questa scoperta.

Sapevo che non c'era un briciolo di verità in quella storia, e il pensiero che lui dovesse trascorrere del tempo con quei due mi mandava in bestia.

Non poteva essere una coincidenza che a Roma -dove era rinchiuso Adriano - avessero avvicinato proprio Marco, uno dei pochi amici che insieme a Davide avevo trovato negli ultimi cinque anni.

Allora anch'io cominciai a pensare che molto probabilmente ci fosse Adriano dietro tutto.

Mi si chiuse lo stomaco, quasi mi faceva male. Un dolore che non provavo da tanto tempo. Mi sentivo come perseguitata, come se da un momento all'altro lui dovesse apparire alle mie spalle.

Forse voleva distruggere la vita che stavo cercando di ricostruirmi e questo, abbinato alla sua morbosa gelosia da maschio alfa, spiegava il fatto che Salvo e Antonio non si staccassero un attimo da Marco e Davide.

Avevo paura che potesse succedere loro qualcosa, che potesse andarci di mezzo Davide.

«Non mi piacciono quei tipi» gli dissi secca, consapevole che non sarebbe finita lì e che mi avrebbe chiesto il motivo di quella mia reazione verso due sconosciuti.

«Perché?» Non capiva, giustamente, la mia frase.

«Non lo so, non mi ispirano fiducia. Sembra che nascondano qualcosa.» Cercai di sembrare il più vaga possibile.

Alzò un sopracciglio. «Okay, Sherlock...» Scoppiò a ridere.

«Sono seria» ribattei ad alta voce.

«Okay.» Continuando a sorridere, alzò la mano libera dai libri, in segno di resa. «Non mi farò rapire da loro.» La sua voglia di scherzare non mancava mai. «Però, se vuoi, posso anche dare buca a tutti.»

«Ecco, bravo! Stai a casa e studia.» Gli presi i libri dalle mani e me ne andai.

Mi sedetti sulla panchina in attesa del treno, e mi soffermai a fissare il vuoto di fronte a me.

Quando arrivò, quasi rischiai di perderlo tanto ero sovrappensiero.

Spazio autrice ✨

Buongiorno readers del mio cuore ❤️

Qua vediamo uno scorcio della vita universitaria di Lara e il suo rapporto con Davide, anche se l'ombra del passato è sempre lì in agguato 👀

Anche questo è un capitolo di passaggio, ma pian piano la storia andrà diventando sempre più attiva 😎

Se vi è piaciuto lasciate una stellina e un commento ❤️

Ci vediamo domani con un altro aggiornamento di SYS 🌚

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