Capitolo Ventitré - Ricatto

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Pressione pesa su di me
Pressando su di te, nessun uomo chiede
Sotto pressione, che brucia un edificio
Divide in due una famiglia
Mette persone nelle strade

Under pressure – Queen

Ero a casa di Christian, in piedi davanti la porta del salotto, guardavo lui e Alex che prendevano le ultime armi e alcuni schermi per i PC per trasferirle alla nuova base.

La mia gamba non smetteva di tremare e io continuavo a guardarmi intorno, come se mi sentissi osservata.

«Lara.» Luna apparve alle mie spalle facendomi sobbalzare. «Tutto bene?» Corrugò la fronte con aria preoccupata.

«Sì, scusami.» Deglutii a fatica, cercando di tornare in me. «Cosa volevi dirmi?»

«Cominciamo ad andare noi due? Qui stanno solo perdendo tempo.» Guardò i due ragazzi che ridevano tra loro.

Christian ci osservò. «Qual è il problema?»

«Abbiamo preso un’altra base per non passare troppo tempo qui…» Guardai fuori dalla finestra. «Siamo esposti.»

«Sì, adesso andiamo. Non siate paranoiche!» esclamò Alex andando nell’altra stanza per prendere l’ultimo computer.

I gemelli avevano ormai invaso la nuova base operativa con pc e materiale elettronico: sembrava il covo di Arrow.

Luna alzò gli occhi al cielo e poi tornò a guardarmi.

«Andiamo» risposi alla sua domanda silenziosa.

Non ebbi neanche il tempo di finire la frase, che suonò il campanello.

Mi girai a fissare la porta senza però muovere un muscolo.

«Non aprite?» Stephan uscì dal bagno e ci guardò sollevando il sopracciglio.

Alzò le spalle e andò ad aprire la porta, mentre Christian e Alex raggiungevano me e Luna all’ingresso.

Stephan lasciò entrare Nicole in casa.

«Non avete ancora preso tutto?» esordì lei. «Il piano non era evitare di stare qui troppo a lungo?» chiese con un cipiglio quasi severo.

«Le stesse parole che ho detto io, ma come potrei mai impedire a Christian e Alex di continuare a divertirsi?» Si poteva percepire il sarcasmo nella mia voce. Cercavo di usarlo per crearmi una corazza di sicurezza.

Per qualche minuto nessuno parlò e, dopo aver preso finalmente tutto ciò che ci serviva, ci dirigemmo all’uscita.

Una volta fuori ci accolse un venticello piacevole.

«Tranquille, fate pure portare tutto a noi» Stephan si lamentò mentre sollevava un grande schermo di un computer.

Mi girai per controbattere, ma proprio in quel momento un’auto frenò bruscamente davanti al cancello della casa.

Era impossibile non riconoscerla. Una Porche rosso fuoco. Non era mai passata inosservata.

Per un secondo smisi di respirare.

Mi sentii improvvisamente come in una bolla di sapone, sentivo gli altri parlare, ma non riuscivo a recepire cosa stessero dicendo. Due iridi nere affollavano la mia mente.

«Lara!» Christian mi scosse per le braccia. «Dobbiamo rientrare subito in casa!»

Improvvisamente la rabbia si impossessò di me, trafiggendomi come un fulmine. Dalla macchina non scese Adriano: Francesco e Antonio si dirigevano verso la casa con le spalle rigide e ondulando esageratamente le braccia, come per marcare più terreno possibile con i loro corpi, come se ogni centimetro della strada fosse di loro proprietà.

SYS - La società degli splendenti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora