Capitolo Dodici - Confusione

148 11 9
                                    

Svegliati per affrontare la giornata
Prendi questa vita e vai via
La guerra non è mai finita
Strofina la toppa e continua a combattere
Fallo andar via. Per favore, fallo andar via
Confusione
Tutta la sanità mentale ora è oltre me
Illusione
Tutta la sanità mentale è solo un ricordo
La mia vita, la guerra che non finisce mai

Confusion - Metallica

Ero seduta con i piedi sul divano, le gambe al petto e il mento sopra le ginocchia. Guardavo Luna e Christian di fronte a me nel grande tavolo del salotto che era ormai diventato il nostro luogo di lavoro.

Eravamo esausti, dopo due notti insonni a cercare una soluzione. Ma solo una poteva veramente funzionare e ormai avevamo deciso.

Non avevamo altra scelta: dovevamo contattare i gemelli, i nostri hacker.

Anche se non volevo in alcun modo sconvolgere le loro vite e riportarli nel passato, erano gli unici a poter scoprire con certezza se Adriano fosse veramente uscito dal carcere. Il problema era che nessuno di noi li sentiva da almeno due anni. Le ultime notizie che avevamo erano su un trasferimento a Napoli, ma non potevamo certo fare una gita fin lì e cercarli per tutta la città. I numeri di telefono che avevamo non erano più attivi.

«Chiamiamo i loro genitori» disse Luna a un certo punto, poggiando la guancia sulla mano. «Non vedo nessun'altra soluzione.»

«Avete il numero?» chiesi svogliata, non mi piaceva l'idea di mettere in mezzo i genitori. Nessuno di loro aveva mai accettato quello che facevamo.

«No. Tua madre non potrebbe averlo?» mi domandò Luna.

«Non lo so e non lo sapremo mai. Mia madre è l'ultima a cui chiedere una cosa del genere in questo momento.» Ripensai con fastidio alla discussione di giorni prima.

«Potrei provare a chiamare mio padre. Forse ha direttamente i numeri di Daniele e Raffaele, mi invento che mi serve un aiuto per un lavoro.» Christian si passò la mano tra i capelli. «Sono sicuro che non mi chiederà nulla.»

«Perché non chiedi di Adriano direttamente a tuo padre?» tentennai. Pronunciare quel nome mi provocò una fitta allo stomaco. Sollevai il viso e lo guardai, domandandomi come mai non ci fosse venuto in mente prima.

Christian alzò un sopracciglio. «Per lo stesso motivo per cui tu non chiedi a tua madre» mi liquidò. «Se è veramente uscito dal carcere, mio padre lo saprebbe e se non ce l'ha detto è perché ha paura che noi facciamo qualcosa al riguardo...» Come in realtà stavamo già facendo.

«Giusto.» Sospirai, arrendendomi.

«Lo chiamo e torno.» Andò nell'altra stanza.

Io lo squadrai come ipnotizzata. Quando mi voltai, Luna mi stava fissando con un sorriso ricco di malizia.

«Smettila» le dissi, mettendomi in piedi per sgranchirmi le gambe.

«Di fare cosa?» continuò a guardarmi allo stesso modo e incrociò le braccia al petto.

«Non guardarmi così, abbiamo altro a cui pensare al momento.» Abbassai la voce e osservai la porta dove era scomparso Christian.

«Non è detto che una cosa escluda l'altra.» Mi aveva sempre spinto tra le sue braccia e ciò non faceva che aumentare la mia confusione. Christian era lì, reale. Potevo sentire il suo profumo, guardarlo, toccarlo, potevo immaginare di riprendere il vecchio rapporto che avevamo in qualche modo lasciato in sospeso. Ma poi la mia mente andava a Adriano, e il pensiero di lui mi bloccava il respiro. Iniziavo a sentire un leggero mal di testa.

SYS - La società degli splendenti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora