Capitolo Sei - Vecchi Amori

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Troppa confusione
Mi gira per la testa

Old Love - Eric Clapton

«Lara.»

Una voce maschile mi distolse da quei lontani pensieri. E mi ritrovai ancora in quel luogo, in quel monte.

Non riuscii a trattenere un sorriso al suono di quella voce.

Quando mi voltai, vidi la persona a cui avevo cercato di non pensare in tutti quegli anni: Christian.

«Scusa, non volevo spaventarti» si scusò, guardando probabilmente il mio viso sorpreso.

Lo ritrovai in piedi di fronte a me. Dietro di lui spiccava la sua moto tirata a lucido.

Era esattamente come lo ricordavo, non sembrava cambiato affatto. Mi soffermai, senza dire una parola, a osservare ogni minimo dettaglio del suo corpo, mentre dentro di me cresceva un groviglio di emozioni.

Aveva i capelli neri corti e spettinati dal casco. Era in perfetta forma, la maglietta blu scuro lasciava intravedere gli addominali. Poi mi soffermai sulla parte più bella: i suoi occhi verde smeraldo, che quasi brillavano con la luce del sole. Iniziai a sentire le farfalle nello stomaco, come un'adolescente innamorata. Non accadeva da molto tempo.

«Cri? Cosa ci fai qui?» Tutto a un tratto il mio stato d'animo fu preda della confusione. Ero felice di averlo lì, ma non sapevo cosa significasse il suo ritorno.

«Credevo saresti stata più contenta di vedermi» disse con quel suo tono sarcastico così familiare. Poggiò il casco sopra la sella della sua moto che scintillava colpita dai raggi di luce.

Non riuscii a trattenermi. Gli andai incontro, lo abbracciai e lui mi strinse forte. In quel preciso istante mi resi conto di quanto avessi sentito la sua mancanza. Il cervello a volte attua dei meccanismi di difesa, ed era quello che aveva fatto il mio. Adesso, però, era crollato tutto e mi sentivo senza corazze tra quelle braccia che avevano sempre avuto il potere di farmi sentire al sicuro.

Era stato il mio primo amore, con lui avevo condiviso tutte le mie prime volte. L'avevo amato tanto, ma adesso non riuscivo a capirci più niente, mi sentivo bombardata da troppe emozioni tutte insieme. La sua presenza mi faceva sentire una strana sensazione allo stomaco, come se stesse facendo delle piccole capriole.

Ma il pensiero del perché fosse lì mi faceva sudare freddo.

Ero disorientata. Quando si era trasferito a Milano cinque anni prima, dopo avermi aiutata a uscire dal mio stato di depressione, avevamo continuato a sentirci per un po'. Poi avevo deciso di smettere, perché non riuscivo a sopportare quella distanza e soprattutto non potevo illuderlo che ci fosse qualcosa di più, non quando dovevo ancora chiarire le idee dopo tutto il disastro che era successo. Non era stata una scelta facile, mi aveva fatto stare malissimo. Quel dolore, adesso, sembrava stesse tornando a piccole gocce. Iniziò a girarmi la testa.

Mi sforzai di sciogliere quell'abbraccio e distolsi subito lo sguardo da lui, cercando di ignorare il suo profumo dolce.

Preferii focalizzarmi su ciò che in quel momento era più importante.

«Come hai fatto a trovarmi?» Le mani stavano iniziando a sudare.

«Credi che possa dimenticare che questo è il tuo posto preferito?» Mi sorrise e poi indicò con il braccio il panorama di fronte a noi.

Restammo per qualche istante persi in quella visione. Era come guardare una cartolina. Quel contrasto di natura e città, di mare e montagna, rendeva il paesaggio unico. Si poteva scorgere la spuma delle onde che si infrangevano sulle rocce frastagliate.

SYS - La società degli splendenti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora