Capitolo Ventuno - Parvenza Di Normalità

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Dove ho la testa?
 Dove ho la testa
Dove ho la testa?
Via d’uscita nell’acqua
Guardalo nuotare 

Where Is My Mind? - Pixies
 

Guardavo le ragazze e i ragazzi all’opera, mentre sistemavamo la nostra nuova base. Una grandissima scrivania prendeva quasi un quarto della stanza e sopra c’erano diversi PC e altre apparecchiature che i gemelli stavano cercando di montare e attaccare alla corrente.

Luna e Maria stavano finendo di appendere alle pareti, in ordine di grandezza, le armi nel piccolo sgabuzzino. Alex e Christian stavano montando un piccolo ring nell’altro lato della stanza, e sorrisi guardandoli. Sognavano da molto tempo un luogo consono al nostro allenamento.

Stephan, Nicole e Maria apparvero dalle scale della cantina.

«Quel posto è fantastico, possiamo arrestare noi quei pezzi di merda e fare lì gli interrogatori.» Stephan aveva un sorriso beffardo sul viso.

Sentirgli dire quelle parole portò la mia mente a Adriano e mi venne la nausea a immaginarlo in quella stanza buia, incatenato come una bestia.

«Rallenta, agente» cercai di prenderlo in giro accennando un sorriso. «Prima dobbiamo prenderli.» Gli feci l’occhiolino per tentare di smorzare la mia tensione.

Mi girai per uscire fuori e prendere un po’ d’aria, andando a sbattere proprio contro Christian, che intanto mi si era avvicinato. L’impatto con lui mi sbilanciò.

«Ehi, attenzione.» Mi cinse le braccia per reggermi. «Vuoi forse provare il nuovo ring?» mi sfidò.

«Sai che non ti converrebbe» tentai di scherzare, ma non riuscivo a dimenticare come l’avevo respinto.

Il mio cellullare squillò interrompendo quella conversazione.

Era Davide e ancora mi sentii in colpa, doveva pensare che fossi sparita visto che non mi facevo sentire da giorni.

«Pronto?» risposi titubante.

«Ciao, desaparecidos!» esclamò allegro.

«Ciao, Davide. Lo so, sono una pessima amica.» Salii le scale per uscire fuori.

«Sì, lo sei» finse di rimproverarmi. «Ma so come potresti farti perdonare.»

«Dimmi tutto!» Sapeva farmi sentire tranquilla e disinvolta.

«Diciamo… tra un’ora al solito pub? Mi offri da bere e mi racconti cosa stai combinando» mi propose.

Tentennai un attimo prima di rispondere volgendo lo sguardo alla porta della base. Forse non era il caso di lasciare da soli i ragazzi per uscire a bere, ma sentivo crescere la voglia di una parvenza di normalità che solo il mio amico poteva darmi. Era stato lui a farmi riscoprire cosa fosse un’amicizia tranquilla, senza drammi, e un po’ mi mancava.

«D’accordo. Mi hai convinta.» Non riuscii a trattenere un sorriso.

«Perfetto! A dopo.»

Scesi di nuovo giù, trovando quasi tutto in ordine. Alex e Luna erano sul ring, impegnati in un incontro di boxe, Stephan faceva da arbitro e gli altri da pubblico. I gemelli erano già all’opera con i loro nuovi computer.

«Mi aspetto che scopriate qualcosa in breve tempo, visto il materiale che i nonni sono riusciti a reperirci» li provocai sistemandomi proprio dietro di loro, e misi le mani sulle loro spalle.

«Stai forse dubitando delle nostre competenze?» Daniele mi guardò sgranando gli occhi.

«Non lo farei mai!» Alzai le mani in segno di resa. «Se per voi non è un problema, stasera mi allontano per un paio d’ore» comunicai, fingendo di osservare gli schermi e soprattutto di capire cosa stessero facendo.

SYS - La società degli splendenti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora