Capitolo 18

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La mattina dopo come sempre ci svegliò Nunzia,ero molto stanca e non avevo voglia di andare nulla.

Oramai la vita qua dentro è diventata monotona,
quello fatto oggi lo abbiamo fatto ieri e lo stesso vale per ieri l'altro e così via.

Ci vorrebbero dei colpi di scena che mi meraviglino,
anche se c'è poco e nulla che possa farlo.

Mi alzai dal letto dopo minuti di lamentii,presi le prime cose che trovai nell'armadio e me le misi.

Presi dei pantaloncini molto corti e un top scollato.

Ero veramente stanca,quasi non mi reggevo in piedi,
arrivammo a mensa e mi sedetti al tavolino mentre mi stropicciavo gli occhi.

Avevo molta fame,ieri sera avevo mangiato poco o nulla.Presi i biscotti più buoni che danno qua dentro insieme al latte.

Appoggiai la mano sul tavolo e ci appoggiai la testa,
pian piano vedevo sempre più nero fino a sentire il botto che aveva fatto la mia testa con il tavolo.

Mi svegliai di scatto e mi guardai intorno,le mie amiche si misero a ridere e io continuai la colazione.

Il laboratorio di arte era diventata l'unica cosa carina che si faceva qua,proprio perché non si faceva nulla e quindi erano come due ore di svago.

Bisognava tagliare dei fogli,di solito non mi annoiavo moltissimo a fare queste attività ma oggi non volevo fare nulla se non dormire.

«Nunzia io esco a fumare una sigaretta» le dissi per poi uscire e prendere una sigaretta dal pacchetto che tenevo nella tasca posteriore dei pantaloncini.

Non avevo portato l'accendino e lo andai a chiedere a Gennaro che stava all'entrata del cortile.

«Gennà hai da appiccià?» gli domandai,me lo porse e accese la fiamma.

Me ne andai ringraziandolo e appoggiai la schiena a il muro che mi separava dall'attività di arte.

Aspirai e buttai fuori il fumo guardando in alto.Vidi degli uccellini passare da sopra il cielo.

Quanto vorrei essere come loro, sono i più liberi di tutti e nessuno gli può fermare.

Né fuori né qua dentro sono libera,fuori non potevo uscire senza avere paura di beccarmi un colpo in testa e qua dentro non posso neanche fare un passo sbagliato che mi mandano in isolamento.

Forse in un'altra vita proverò come è essere liberi...

Finii la sigaretta e la buttai in terra schiacciandola con il piede,rientrai dentro e mi misi accanto a Silvia
che stava tagliando dei fogli.

«Ma vaffanculo» alzai la voce buttando le forbici nel tavolo,non avevo notato che oltre alla carta stavo tagliando anche un po' di pelle del dito.

Mi incamminai verso l'uscita con la sigaretta in bocca, «Elizabeth ci sei andata cinque minuti fa» mi disse Nunzia mettendo una mano per fermarmi.

«Nunzia non mi rompere il cazzo perfavore» risposi,
tolse la mano e mi incamminai all'uscita.

Buttai la sigaretta neanche accesa atterra e guardai il dito,lo misi in bocca per togliere un po' di sangue,lo guardai e per fortuna la ferita non era profonda.

Respirai profondamente,e capii che stavo per avere un attacco di rabbia.

Ho questi scatti d'ira sin da piccola.

Da bambina la mia rabbia era sopra la media delle altre, mi ricordo che facevo paura alle bambine e per questo non avevo amiche.

Non riuscivo a controllarla,ora per fortuna un po' di più ma quando l'attacco è troppo forte non riesco.

Iniziai a respirare in modo irregolare,sentivo anche la tensione dei miei muscoli e stavo iniziando a sudare molto.

Strinsi i pugni ma non mi calmai,tirai un pugno al muro,poi un altro,un altro e un altro ancora.

Mi guardai la mano destra e stava uscendo molto sangue,poggiai la testa al muro e iniziai a tirare calci.

«Va tutto bene Elizabeth,respira» mi ripetei

«Inspira ed espira» lo feci e riuscii a "calmarmi".

Stetti fuori un altro paio di minuti e poi rientrai senza badare alla mia mano.

Mi sentivo gli occhi di tutti addosso,mi guardai intorno e vidi i suoi...lo guardai e mi calmai,non so perché ma lo feci

«Elizabeth ma che cazzo hai fatto?» Liz mi corse incontro e mi prese la mano,non distolsi lo sguardo da quegli occhi verdi.

«Elizabeth!» la guardai ed era preoccupata.

Disse qualcosa al walkie-talkie e mi portarono in infermeria.

«Che cosa è successo?» mi chiese il dottore guardandomi la mano.

Non risposi.

«Se non rispondi non ti posso aiutare»

«Ho avuto un attacco di rabbia e ho tirato pugni al muro...» la mano mi tremava dal dolore,il medico fece una faccia triste.

Prese il disinfettante e le bende,urlai per il dolore causato dal contatto della pelle aperta con il disinfettante.

Liz mi porse la mano e la strinsi con forza.

«Abbiamo finito...ora ti metto la benda» mi avvolse le nocche nella benda.

«Per diminuire questo attacchi ti consiglio di meditare e fare esercizi di respirazione profonda.O puoi immaginarti una scena rilassante e ripeti parole che ti tranquillizzano»

«Prova con questi metodi» aggiunse

«Dottò ho questi attacchi da quando sono piccola,ho provato mille cose ma non se ne vanno...è inutile anche provarci» mi misi in piedi.

«Tu prova» uscii dalla stanza e accompagnata da Liz andai in cortile dove stavano le altre ragazze.

«Elì tienila a riposo la mano,stai seduta e non sforzarla» feci come detto.

«Liz posso andare da mio cugino?Per favore» le andai in contro,sbuffò pensandoci e poi accettò.

«Vai» fece cenno con la testa e andai da mio cugino che era con il Chiattillo seduto su un blocco fuori il campo da calcio.

«Ti sono iniziati di nuovo?» mi chiese guardandomi la mano,annuii e mi appoggiai al suo petto dopo che aveva messo il suo braccio nelle mie spalle.

«Non ce la faccio più Ca» gli confessai,mi prese la faccia con le mani a ciotola e mi fece guardare i suoi occhi.

«Davvero Elizabeth Di Salvo non ce la fa più a stare qua dentro?Hai affrontato situazioni peggiori»

«Non ce la faccio più a sopportare tutto questo dolore,non me ne frega di stare qua dentro...»

«Ogni persona che amo se ne va sempre ed io non riesco e non voglio vivere così» mi vennero gli occhi lucidi e mio cugino sospirò.

«Ci sono io con te e non me ne andrò» mi abbracciò e io ricambiai versando qualche lacrima.

Him & I ||Edoardo Conte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora