Capitolo 33

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{Elizabeth Di Salvo pov's}

La sera, dopo cena, ritornammo in cella e mi misi a giocare a carte con Silvia e Naditza.

Giocammo a scopa, uno dei miei giochi preferiti.

«Ragazze...» dissi guardando le carte che mi erano state appena date dalla mora.

«Umh?» rispose Silvia prendendo una carta che era nel tavolo per poi sorridere e tirarla.

«Sono stata io a ridurre Ginevra così» entrambe si fermarono e mi rivolsero lo sguardo.

«Cosa?!» fecero entrambe finta di non sentire e questa cosa mi ha fatto salire i nervi.

«So che avete sentito è inutile che fingete» rispondo.

«Stai scherzando?» domandò Nad accennando una risatina continuando a giocare, guardò la mia faccia e vide che era seria perciò lo diventò anche lei.

«Lei una notte mi ha presa e mi ha portata nella sua cella insieme a Viola. La psicopatica mi teneva mentre Ginevra mi picchiava» dissi per poi alzarmi e far vedere i lividi che mi erano rimasti.

«Le ho detto che avrei avuto la mia vendetta e così è stato, non ve lo sto dicendo perché mi pento o che altro, solo perché voglio dirvi la verità» ammisi.

Rimasero entrambe in silenzio perciò e me ne andai nel bagno principale a fumare.

Mi sedetti nella panca al centro della stanza e presi le cartine e il fumo nella tasca dei miei pantaloni.

Leccai la cartina e la accesi.

Sentii dei passi e corsi a spengere la canna nel lavandino. Provai a spruzzare del deodorante per far sparire l'odore ma non ci riuscii molto.

«Elì? Sei qua?» sentii la voce di Silvia e tirai un sospiro di sollievo per poi farla entrare.

«Mi dispiace dei lividi che ti hanno fatto quelle stronze» venne ad abbracciarmi, mi accarezzò la schiena e sorrisi chiudendo gli occhi.

«La hai ancora la canna? La dividiamo?» si guardò intorno sentendo l'odore che era rimasto.

Mi misi a ridere e scossi la testa. «Ne ho un'altra però!» sorride e rifeci tutti i passaggi di nuovo.

«È quella che ti ha dato Viola?» chiese guardando la canna buttando in fuori il fumo.

Annuii e alzò le sopracciglia.

«Hai fatto bene con Ginevra... potevi fare qualcos'altro ma ti voglio bene anche perché ti vengano queste idee stupide» aspirai.

Presi in mano la collana e la tocchicciai.

«E quella collana dove l'hai presa?» domandò stupita avvicinandosi ad essa a bocca aperta.

«Il mio principe azzurro» guardai in basso.

«Ha un nome questo principe azzurro?» passò la canna a me e la presi in mano senza distogliere lo sguardo da lei che stava facendo finta di pensare.

«Ah si... Edoardo Conte giusto?» scoppiai a ridere.

Spalancò gli occhi e si mise la mano davanti alla bocca, «Finalmente! Sono troppo felice per te» mi abbracciò facendomi cadere in terra assieme a lei.

Him & I ||Edoardo Conte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora