Capitolo 29

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{Edoardo Conte pov's}

Arrivammo in un punto isolato da tutto, i tre ragazzi non si erano minimamente accorti che li stavamo seguendo da più di venti minuti.

«Sei tu Giovanni Tozzi?» girai il tipo violentemente verso di noi e ci ritrovammo faccia a faccia.

«Si sono io, chi mi cerca?» rispose con arroganza.

Guardai il mio amico ridendo e gli tirai un cazzotto,
gli altri due amici provarono a togliermi da lui ma Ciro glielo impedì tirando un pugno ad uno di loro.

Tirai un pugno, poi un altro e un altro ancora.

«Ti piace stuprare le ragazze eh?!» gli esclamai mettendolo con il corpo verso il muro.

«Cosa?! Io non ho fatto nulla!» si difese, ma io credevo ad Elizabeth e niente e nessuno avrebbe potuto farmi cambiare idea.

«Elizabeth Di Salvo, la conosci eh? È quella che hai stuprato» alzai la voce mettendogli le mani al collo.

Tirai fuori il coltellino dalla tasca e glielo puntai contro con una rabbia oltre la media.

«Ora o vai in questura e ti dichiari colpevole insieme ai tuoi cazzo di amici, o quanto è vero Dio, ammazzo te e tutta la tua famiglia di merda».

Nel mentre Ciro stava picchiando gli altri due.

Conficcai il coltellino nella spalla del ragazzo e ci feci un "Disegno", c'era raffigurato una freccia che indicava la testa di lui con una scritta accanto che diceva "Sono uno stupratore".

Gli tirai un pugno e poi un altro, non mi riuscivo a fermare, l'idea che questo aveva stuprato Elizabeth mi faceva indemoniare.

Poco dopo mi fermò Ciro mettendomi un braccio sulla pancia per allontanarmi.

«Se entro domani non vi dichiarate colpevoli io vi uccido a tutti e tre, e vale lo stesso se dite a qualcuno che siamo stati noi ad ammazzarvi di botte».

Arrivai a casa mia e c'erano mia mamma, mia nonna,
mia zia e mio cugino che mi aspettavano.

Abbracciai tutti e quattro.

Tutti videro le mie mani piene di sangue.

«Che hai fatto Eduà?» mi chiese mio cugino Salvo.

«Mah niente, ho fatto una rissa» dissi per poi sedermi a tavolino per mangiare.

Parlammo e fui molto felice di essere tornato a casa.

Ma avevo voglia di ritornare all'IPM solo per vedere lei, Elizabeth.

Dopo pranzo io e mio cugino andammo nel terrazzo.

«Si può sapere che hai fatto per fare rissa?» mi affiancò mettendo le braccia sulla ringhiera.

Accesi una sigaretta e dopo aver buttato fuori il fumo gli risposi più sinceramente possibile.

«Ho fatto quello che dovevo fare per farla finalmente venire da me una volta per tutte» dissi.

«Lei chi?» ripeté per due volte.

«Elizabeth...» guardai in basso e poi in alto.

«Elizabeth Di Salvo?» annuii mettendomi la mano in faccia, strofinando.

Him & I ||Edoardo Conte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora