Capitolo 1: Prologo

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Quattro anni prima


Era lì. La battaglia finale che tutti aspettavano.
Harry, Hermione e Ron avevano viaggiato per mesi per questo. Per trovare gli Horcrux. Per sconfiggere finalmente Voldemort. Avevano lavorato a lungo per questo obiettivo e ora il giorno era arrivato.
Hermione si alzò e cercò di farsi un'idea di ciò che stava accadendo. Qualcosa di duro e pesante le aveva colpito la testa e l'aveva fatta cadere. Per un attimo si sentì stordita e disorientata. Poi si ricordò di ciò che l'aveva appena mandata nel panico.
Nagini.
Quell'enorme, orrendo serpente che aveva già incontrato una volta a Godric's Hollow. Era appena stato qui, proprio davanti a loro, e Hermione voleva correre in aiuto di Ron.
"Ron!"
Urlò il suo nome, sentendosi a malapena. Il frastuono della battaglia aveva soffocato ogni suono e la polvere nell'aria le impediva di vedere. Si voltò, stringendo forte la bacchetta che rischiava di scivolarle dalla mano sudata.
Poi lo individuò. La forma indistinta del suo corpo era stranamente ricurva e Hermione sussultò. Inciampò sui detriti che si erano accumulati sulla scala che di solito dava accesso agli studenti ai piani superiori e cadde in ginocchio davanti al mago dai capelli rossi. Sopra di loro si sentì un forte botto e lei trasalì.
Dov'era il serpente? Hermione non riusciva più a vederlo. Non era sicura di aver perso i sensi e quindi di averlo perso di vista. Né sarebbe stata in grado di sentirlo avvicinarsi, se fosse stato ancora in agguato da qualche parte sotto la ringhiera distrutta, perché l'aria tremante era piena di urla, del ronzio delle maledizioni, dei suoni della battaglia.
Ma non aveva tempo di preoccuparsi di dove fosse andato il serpente.
Ron sanguinava copiosamente. Aveva il volto sfigurato e la camicia strappata. Il serpente lo aveva attaccato e ci era riuscito.
"Oh Merlino, Ron!"
Singhiozzò e gli afferrò il polso. Ron era immobile e Hermione non riusciva a sentire il polso.
Non era vero. Questo era il suo Ron. Il ragazzo che era stato uno dei suoi due migliori amici per quasi sette anni. E, tra tutti, quello di cui si era follemente innamorata.
Si erano baciati prima di dire addio a Harry, che aveva coraggiosamente seguito la chiamata di Voldemort nella Foresta Proibita. Ci avevano messo così tanto per scoprire e finalmente ammettere di amarsi, ma ora Ron era pallido, coperto di sangue e immobile.
Hermione gemette mentre provava tutti gli incantesimi di guarigione che le venivano in mente. Non aveva più Dittamo - aveva perso la sua borsa da qualche parte ore prima - ma Hermione sapeva che non sarebbe servito comunque per quei morsi di serpente. Probabilmente il veleno si era già diffuso in tutto il corpo. Se solo avesse saputo da quanto tempo era svenuta. Quanti minuti preziosi aveva trascorso in stato di incoscienza mentre Ron lottava per la sua vita, ferito a morte?
"Innerva! Anapneo! Epismendo! Finitus Incantatem!", singhiozzava tenendo la bacchetta puntata su di lui.
Ma le ferite non guarivano. La vita usciva dal corpo di Ron. Riusciva a malapena a vedere il suo volto. Era coperto di sangue. Sapeva istintivamente che non c'era speranza, ma non riusciva ad accettarlo. Lei era Hermione Granger, vero? Sempre una soluzione, sempre un'idea nelle situazioni più difficili.

"Reparo?" Un ultimo pietoso tentativo che non aveva alcun senso.
Disperata, Hermione si gettò sul corpo di Ron e lo strinse forte. Pianse sommessamente mentre i suoi ultimi momenti con lui le scorrevano davanti agli occhi.
"Ti amo, Hermione", aveva sussurrato lui mentre si stringevano l'uno all'altra anziosamente mentre si dirigevano verso la Camera dei Segreti. Era teso. Aveva i capelli bagnati di sudore. Tuttavia, aveva sorriso.
Hermione singhiozzò di nuovo ad alta voce mentre i ricordi prendevano il sopravvento.
I rumori intorno a loro si mescolarono in un fruscio ovattato. Non riuscì a capire altro, mentre si aggrappava a Ron e gli accarezzava disperatamente i capelli.
"Non osare lasciarmi", piagnucolò.
Ma era già troppo tardi, ora lo sapeva. Non sentiva il battito del cuore e lui si stava raffreddando. Non aveva mai sentito il suo corpo così freddo. Mai più Ron le avrebbe detto che tutto sarebbe andato bene. Mai più le avrebbe chiesto di controllare i suoi compiti. E mai più avrebbe litigato con lei per le piccole cose stupide.
Hermione si fermò e appoggiò la testa sul petto di lui. Sentiva l'odore del sangue e lo sentiva caldo e umido contro la sua guancia, ma non le importava. Ron era morto. Era morto. Morto. Cosa avrebbe detto Harry? Oh Merlino, cosa avrebbero detto Molly e Arthur? E Ginny? Non avrebbero potuto festeggiare nemmeno se avessero vinto la guerra. La liberazione del mondo dei maghi sarebbe iniziata con il funerale del migliore amico di Harry Potter. Non era giusto.
Singhiozzò debolmente.
Una scossa le attraversò il braccio e la spalla destra, ma la ignorò e chiuse gli occhi. Non voleva andarsene. Non voleva più nulla. Voleva solo rimanere qui e svanire con Ron. Non poteva vivere, non senza di lui.
"Devi andartene da qui!"
Una voce rabbiosa filtrò fino a lei, e Hermione si scrollò di dosso due grandi mani in difesa.
"Non voglio, lasciami in pace", respirò, premendosi di nuovo contro il corpo di Ron.
"Devi andartene, Granger! Stanno arrivando e ti uccideranno, cazzo!"
Le parole divennero più chiare e la voce si fece più forte. Hermione girò la testa e si accorse che qualcuno era chino su di lei. I capelli biondo platino attirarono per primi la sua attenzione e lei itintivamente diede uno schiaffo alla persona.
"Vaffanculo, Malfoy". Avrebbe voluto urlare, ma le sfuggì solo un gracidio dalle labbra.
"Devi andartene!" La voce sembrava più urgente, più disperata, più affrettata. "Stanno arrivando".
"È tutta colpa tua!" Questa volta Hermione urlò davvero.
Si raddrizzò, puntando la bacchetta contro Malfoy che indietreggiò, ansimando. A causa delle lacrime e della polvere nell'aria lo vide solo in modo sfocato, ma arrancò comunque nella sua direzione. "Li hai portati qui l'anno scorso. È colpa tua se Dumbledore è morto. Li hai fatti entrare a scuola. E ora Ron è morto. Bastardo, dovresti essere steso qui al posto suo".
Lei emise un impotente grido di rabbia e il biondo Serpeverde si girò sui tacchi.
"Beh, vaffanculo allora!" urlò prima di sparire tra le macerie, come Hermione immaginava, almeno per salvarsi il culo dorato.
Rimase immobile a guardarlo andare via. Il suo dolore e la sua disperazione si fusero in un odio furioso. Odio per Malfoy, per i Mangiamorte e per Voldemort, che le aveva portato via tutto ciò che era importante. La sicurezza di Hogwarts, la sua casa, l'opportunità di studiare e diplomarsi in pace, e ora - Ron.
Singhiozzò sommessamente e tutto il suo corpo tremò di nuovo, ma questa volta di rabbia. Come in trance, si frugò in tasca e prese una lunga zanna del Basilisco, che riposava ancora nella Camera dei Segreti. Ne avevano portate quante ne potevano portare, ma Hermione aveva tenuto per sé solo questa per precauzione. Le altre le avevano distribuite a tutti i gruppi di persone, e lei sperava che tutti ne avrebbero usufruito.
La bacchetta le tremava nell'altra mano, ma Hermione si limitò a stringerla più forte. Lanciò un altro sguardo a Ron e chiuse brevemente gli occhi. Si sentiva in colpa a lasciarlo lì, ma non aveva abbastanza tempo per portarlo prima nella Sala Grande. Tuttavia, non aveva senso rimproverarsi ora. Doveva essere forte, mantenere la lucidità per un'ultima volta. Avrebbe vendicato Ron e sapeva che doveva sbrigarsi a farlo.
Si asciugò gli occhi con il dorso della mano, prima di voltarsi e di arrampicarsi con decisione sui detriti. I suoi passi decisi la portarono dritta attraverso le doppie porte e davanti al castello, dove erano riunite così tante persone che Hermione si chiese involontariamente se forse la guerra era finita da tempo e lei se ne era persa la fine.
Ma poi riconobbe la paura negli occhi delle streghe e dei maghi che le stavano vicino. Alcuni tremavano e, se non erano feriti, seduti sulle macerie o a terra, si aggrappavano disperatamente gli uni agli altri.
Poi lo vide.
Voldemort si trovava proprio di fronte alla folla di Auror, membri dell'Ordine della Fenice e combattenti del castello. Le sue narici erano dilatate e i suoi occhi erano mortalmente freddi. A Hermione si rizzarono i capelli sulla nuca e rabbrividì quando vide il serpente ai suoi piedi. La creatura che le aveva portato via Ron. Un maledetto Horcrux che aspettava di essere affrontato.
Le orecchie di Hermione erano ancora sorde e non riusciva a sentire quello che Voldemort diceva, ma sembrava sicuro della sua vittoria. Dov'era Harry? Rabbrividì, una sensazione di disagio si insinuò in lei.
Si guardò intorno e vide Ginny che piangeva, con una mano premuta sulla bocca. Poi lo sguardo si posò su Hagrid che teneva delicatamente qualcosa tra le braccia. Lo guardava dall'alto in basso, con il volto contratto dal dolore. Hermione riconobbe subito i capelli neri scompigliati e lo sguardo scivolò sugli occhiali che penzolavano da un orecchio. Harry era caduto? Qualcuno urlò e Hermione ci mise qualche istante a capire che era lei stessa.
"No!"
"È vero". La sua voce ancora non le arrivava del tutto, ma era abbastanza fredda da farle gelare il sangue nelle vene. "Harry Potter è morto". Sbraitò, e i Mangiamorte schierati dietro di lui fischiarono. Sembrò passare un'eternità finché le parole non penetrarono finalmente nella sua anima e lei ne comprese il significato.
Con la coda dell'occhio, Hermione vide Malfoy appiattirsi contro un muro, una traccia di panico sul volto. Non aveva tutte le ragioni per festeggiare?
Si irrigidì mentre Voldemort si rivolgeva ai suoi seguaci e si lasciava andare a una risata sgradevole. L'odio divampò di nuovo in lei. Poi camminò in avanti, di fronte alla folla. Vide il serpente, vide il ghigno di Voldemort che si voltò verso di lei mentre barcollava verso di lui. Non aveva ancora paura di lei. Apparentemente, non la considerava una minaccia, e nemmeno i suoi Mangiamorte.
"No!"
Gridò di nuovo in preda all'angoscia, poi alzò la mano che reggeva la zanna del Basilisco e si gettò sull'enorme corpo verde sporco che giaceva ai piedi di Voldemort. La lunga zanna si conficcò nella pelle squamosa del serpente e Hermione sentì i denti del serpente stesso sfiorarle la gamba. Ma non sentì dolore e premette la zanna senza pietà nella carne morbida. Il serpente si contorse, emise un ultimo terribile sibilo e infine si afflosciò.
Era stato l'ultimo Horcrux. Il settimo e il più importante. Ma Voldemort stesso non era morto, perché Harry non era sopravvissuto. Era ancora lì, davanti a lei, immobile. Lei fissò con gli occhi umidi il suo volto serpentiforme, fece una smorfia di sorpresa, dolore e shock. Pensava che lui avrebbe alzato la bacchetta e l'avrebbe uccisa da un momento all'altro, ma non le importava. Aveva distrutto il suo ultimo Horcrux e, con questo, aveva raggiunto il suo obiettivo. Ora rimaneva solo Voldemort in persona da uccidere e molte persone sarebbero state ben felici di occuparsi di questo compito, Hermione ne era certa.
Lo fissò e trattenne il respiro, preparandosi ad affrontare il suo Avada. Ma poi un movimento laterale, dove si trovava ancora Hagrid, attirò la sua attenzione e girò la testa. Si udirono delle urla e Hermione notò Hagrid che si fissava le mani vuote. Un mago magro e dai capelli neri si allontanò tra la folla.
Harry era vivo.
Alcuni Mangiamorte gradarono increduli e Voldemort si riscosse dal suo stato di rigidità, scomparendo in una nuvola di fumo nero.
E si scatenò l'inferno.

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