Capitolo 7: - 6 -

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Draco sedeva nel suo ufficio, tenendosi la testa. Non riusciva a credere che Blaise lo avesse fatto ubriacare così tanto che oggi aveva i postumi della sbornia. Maledizione. E poi aveva incontrato la Granger, come ciliegina sulla torta di questa fatidica serata. Non pensava a lei da anni e proprio ieri, quando per la prima volta si era chiesto che fine avesse fatto, l'aveva incontrata in un bordello. Nessuno gli avrebbe creduto. Senza contare che Draco non ne avrebbe ovviamnete parlato con nessuno. Persino Blaise lo aveva guardato incredulo quando gli aveva detto chi aveva incontrato al bar.
"Sei sicuro di non averla confusa con qualcun'atra?" Blaise aveva chiesto, alzando laconicamente un sopracciglio. "Forse tutta quella pelle nuda ti ha dato alla testa". Mentre Blaise si trovava divertente, Draco aveva sbuffato e si era alzato in piedi con rabbia.
"Non è uno scherzo, Blaise. Forse non vedo la Granger da un po', ma la riconosco quando mi sta fottutamente davanti. Inoltre, ci siamo parlati. E ora me ne vado a casa", aveva sibilato Draco, gettando alla cieca due galeoni sul tavolo davanti a lui. Era così sconvolto che non si era nemmeno accorto che erano più del doppio di quanto Blaise aveva speso per loro in tutta la serata. Per sua fortuna, Blaise non aveva commesso l'errore di seguirlo.
Quindi era qui, cercando invano di concentrarsi sul rapporto che aveva appena trovato sulla sua scrivania. Era già abbastanza grave che si trovasse in ufficio di comenica con i postumi della sbornia: avrebbe dovuto almeno lavorare. Il rapporto era una prima trascrizione della ricerca in corso sull'ultimo nascondiglio di Potter, ma la mente di Draco continuava a vagare altrove.
Fu distolto dai suoi pensieri quando la porta dell'ufficio si aprì e qualcuno si fermò proprio davanti a lui. Confuso, sollevò la testa e guardò dritto negli occhi blu scuro di Blaise.
"Dovresti prendere l'abitudine di bussare", disse Draco imbronciato.
"Ho bussato. Solo che non l'hai sentito, o l'hai ignorato, non sono del tutto sicuro". Blaise posò davanti a Draco un bicchiere di carta con caffè fresco sul legno scuro della scrivania, poi infilò le mani in tasca. "Ti sei calmato?" chiese, alzando un sopracciglio.
"A parte il fatto che la mia tesa sembra un campo minato, sì", brontolò Draco e bevve un sorso di caffè. Subito dopo trasalì e gemette sommessamente premendo la punta bruciata della lingua contro il palato. "Cazzo."
Lanciò uno sguardo omicida a Blaise, che aveva iniziato a ridacchiare sommessamente. Purtroppo Draco non riusciva mai a rimanere arrabbiato a lungo con l'amico, così dopo qualche secondo di autocontrollo un piccolo sorriso si insinuò anche sul suo volto. "Forse non è proprio la mia giornata. O la mia settimana". Blaise annuì in accordo.
Ci fu silenzio tra loro per un momento e Draco sospirò e mescolò il suo caffè. Poi pensò di porre a Blaise la domanda che lo assillava da quando si era svegliato. Lanciò un'occhiata veloce al ragazzo dai capelli neri, che sembrò non notare. Invece Blaise fissò fuori dalla finestra, perso nei suoi pensieri. Draco impiegò ancora qualche secondo prima di fare un respiro profondo e aprire la bocca.
"Quello che hai detto sulle... ballerine ieri", cominciò cautamente, schiarendosi la gola e notando che Blaise ora lo stava guardando con interesse. "È per questo che la Granger sta facendo questo, vero?" Cercò di appoggiarsi alla sedia in modo volutamente rilassato, ma non ci riuscì del tutto.
Quando Blaise si limitò ad annuire, Draco sentì confermate le sue oscure supposizioni.
"Vuoi dire... che deve farlo perché è una Sanguesporco?" sussurrò, deglutendo a fatica ancora una volta. Perché il Signore Oscuro aveva vinto. Perché stavano dando la caccia a Potter e non era rimasto nessuno a combattere tutto questo.
"Esatto. Perché ti interessa?" Blaise lo guardò con sospetto e Draco scrollò le spalle.
"Volevo solo saperlo. Ieri mattina mi è capitato di chiedermi che fine avesse fatto e quando l'ho vista davvero, ieri sera, mi è sembrato piuttosto irreale. Un puro caso. Comunque sia, sarebbe stato meglio se fosse morta allora". Formulò le parole senza sforzo, anche se era consapevole che si trattava di una vera e propria bugia.
Dopo tutto, era stato Draco a cercare di salvare la Granger quando Weasley stava già sanguinando sulla grande scalinata e lei era seduta accanto a lui a piangere. Non l'aveva fatto perché gli era particolarmente simpatica a scuola, ma semplicemente perché già allora aveva la coscienza sporca.
La Granger aveva avuto ragione quando gli aveva urlato contro quattro anni prima. Era stata colpa sua. Ma non era stato in grado di difendersi; era stato reso un Mangiamorte contro la sua stessa volontà. Nei momenti più bui, aveva desiderato di allentare la pressione semplicemente facendola finita. Ma non era mai arrivato a questo.
Invece, molte persone avevano perso la vita mentre Draco era stato risparmiato. E, che gli piacesse o meno, doveva ammettere in segreto che non aveva mai desiderato questo. Troppi innocenti avevano pagato un prezzo alto.
Da studente, fare le cose che aveva fatto gli era pesato, e anche vedere soffrire seriamente non era stato esattamente il suo passatempo preferito. Rispetto ai suoi precedenti scherzi e alle innocue discussioni con alcuni Grifondoro, dopo il Marchio tutto era stato molto diverso. E ora stava riflettendo sulle oscure conseguenze. La Granger era l'esempio più calzante, visto che era stata costretta a sopravvivere nei bassifondi del mondo dei maghi vendendo il suo corpo. Probabilmente anche lui aveva avuto un ruolo cruciale in questo.
Draco, invece, ora sedeva in questo ufficio, estremamente vivo e vegeto (a parte i postumi della sbornia), e tutte le sue preoccupazioni si limitavano a fare un buon lavoro per evitare l'ira del Signore Oscuro. Anche se si trattava solo di limitare al massimo i danni. Anche lui aveva un'idea diversa di vita appagante, anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente, nemmeno a Blaise.
Poteva essere uno stronzo, ma non era un Mangiamorte. Non nel profondo della sua anima.
"Terra a Draco?" Il biondo trasalì e fissò la mano di Blaise che si agitava davanti al suo viso. "Stai bene?" In realtà sembrava un po' preoccupato e Draco annuì rapidamente.
"Mi dispiace. È solo la mancanza di sonno e i residui di alcol", disse con la massima convinzione possibile e Blaise sospirò profondamente.
"Allora fammi il favore di prenderti un giorno di riposo, Draco". Blaise stava dicendo sul serio e raccolse il rapporto dalla scrivania di Draco. "Lo esaminerò io e ti riassumerò i dettagli importanti. Li troverai proprio qui". Accarezzò la superficie di legno.
Draco si scompigliò i capelli.
Da un lato, la voglia di andare a casa e schiarirsi le idee era quasi irrefrenabile. D'altro, la Umbridge gli stava col fiato sul collo e, se fosse stato per lei, Draco avrebbe già dovuto ricominciare a pianificare il prossimo assalto a Potter.
Sapeva che ci si aspettava da lui il massimo delle prestazioni, ma si sentiva esausto. Ci era già passato prima e scosse la testa per scacciare i pensieri di quel fatidico giorno in cima alla Torre di Astronomia di Hogwarts. Il giorno in cui avrebbe dovuto uccidere Dumbledore, e Severus aveva finito per farlo al posto suo, perché lui non ne era stato capace. Anche allora non aveva visto alcuna via d'uscita. Ma quella era stata chiaramente una situazione più drammatica, e Draco attribuiva il suo battere la fiacca di oggi alla sconfitta del fine settimana.
Alla fine ruppe il silenzio con un profondo respiro e annuì in segno di resa. "Hai ragione. Andrò a casa a dormire per smaltire la sbornia. Tanto oggi non sarei in grado di fare nulla di produttivo", sospirò e Blaise gli diede una pacca sulla spalla soddisfatto.
"Saggia decisione". Fece un cenno con la testa e si avviò verso la porta. "Ci vediamo domani, allora?" Draco annuì e Blaise si preparò a lasciare la stanza.
"Ho un'altra domanda", disse Draco all'improvviso, e Blaise si voltò verso di lui.
"Cosa c'è?" chiese, alzando le sopracciglia con curiosità.
Draco si morse il labbro inferiore prima di trovare il coraggio di guardare Blaise dritto negli occhi. "Il Baton Rouge - non è un bordello qualunque, vero?" Lottava con se stesso; non voleva che Blaise diresse i suoi pensieri nella direzione sbagliata. "Si può portare a casa una strega per un certo periodo di tempo. Almeno così diceva il volantino". Blaise rise di gusto e Draco si chiese cosa lo divertisse.
"È questo che intendi fare?" Non sembrava disgustato o sorpreso, si limitò a scrollare le spalle e ad annuire per rispondere alla domanda di Draco. "Sì, se ho capito bene. Presumibilmente, ci saranno molti bastardi solitari, o vecchi, o semplicemente molto ricchi, che scelgono una strega e se la portano a casa per qualche giorno. Penso che sia abbastanza popolare, visto che probabilmente è questo che fa girare i soldi. Per quanto mi riguarda", aggiunse sorridendo, "sono più un tipo a breve termine". Strizzò l'occhio a Draco prima di girarsi e lasciare definitivamente la stanza.
Con le parole di Blaise che gli turbinavano nella mente, Draco si mise con calma la giacca. Prese il bicchiere di carta col caffè. Una lunga passeggiata nella piovosa Londra gli sembrava appropriata per schiarirsi le idee. Quindi non avrebbe usato nessuno degli enormi camini della Rete Floo nell'Atrio, ma avrebbe camminato fino al suo appartamento. Cercò di pensare all'ultima volta che l'aveva fatto davvero. Non riusciva a ricordare.
Si diede un'ultima occhiata allo specchio prima di lasciare l'ufficio e si rese conto di avere un aspetto piuttosto malconcio. Ombre profonde sotto gli occhi, capelli in disordine. A quanto pareva aveva preso la decisione giusta promettendo a Blaise di andare a casa e prendersi un po' di tempo libero. Sentiva a livello inconscio di averne bisogno. Non preoccuparsi per almeno un altro giorno gli avrebbe fatto bene, anche se era quasi certo che i suoi estenuanti pensieri non si sarebbero conclusi bruscamente a casa. Ma forse avrebbe pensato a qualcosa per distrarsi.
Mentre entrava in uno degli ascensori dorati, rifletté brevemente sul fatto che non giocava a Quidditch da un bel po'. Ma a meno che il tempo non fosse cambiato radicalmente da quando era entrato al Ministero circa un'ora prima, rivivere questo hobby oggi gli sembrava una pessima idea. Volare sotto la pioggia non gli era mai piaciuto. A Draco non piaceva sporcarsi, a meno che non fosse assolutamente necessario, e non aveva certo intenzione di abbandonare questo atteggiamento all'improvviso.
L'ascensore non si fermò fino a quando fu di nuovo nell'Atrio e Draco attraversò il pavimento di marmo. Prese l'uscita per i visitatori, cosa così insolita per lui che persino il mago della sicurezza sulla porta lo guardò in modo strano.
"Buona giornata, signor Malfoy", disse comunque, nel suo solito modo ossequioso. Draco (come sempre) non lo notò né rispose.
Come previsto, fuori non si stava bene. Draco sollevò il bavero e si infilò le mani in tasca. Il vento autunnale sferzava le strade di Londra, facendo turbinare foglie e gocce di pioggia. Grazie a Merlino non era così bagnato come pensava. Così fece una piccola deviazione e percorse la maggior parte del tragitto lungo le rive del Tamigi.
L'appartamento di Draco era nel centro di Londra, quindi era molto facile da raggiungere. Era stato incredibilmente sollevato quando aveva potuto finalmente ritirarsi dal maniero e andare per la sua strada. Sfuggire alla sorveglianza ventiquattr'ore su ventiquattro di suo padre era stato il momento culminante di quella separazione. Tra le sue quattro mura era libero e non sorvegliato, e di certo non rimpiangeva la magnifica villa in cui era cresciuto.
Immerso nei suoi pensieri, attraversò la strada e osservò i Babbani che vivevano la loro vita normale intorno a lui. Era assurdo che non sapessero nemmeno che esisteva questo secondo mondo, la sua realtà. Non conoscevano le macchinazioni del governo magico e ignoravano l'ascesa di Voldemort e la caduta di tutti coloro che erano geneticamente più vicini a loro dei maghi purosangue come Draco.
Si ritrovò a pensare che gli sarebbe piaciuto sapere come ci si sente a vivere una vita spensierata senza portarsi dietro quel tipo di conoscenza ogni giorno. Mentalmente si richiamò all'ordine e scosse la testa. Erano tutte sciocchezze. Come se lui, Draco Malfoy, avesse mai scambiato volentieri il suo posto con un Babbano.
I suoi passi lo portarono al Paiolo Magico e passò davanti alla taverna con un sospiro e il pensiero che nel suo inaspettato giorno libero avrebbe potuto fare lo shopping che rimandava da tempo. Ignorò l'inchino dell'oste ed estrasse la bacchetta. Raggiunto il cortile, batté i mattoni nella combinazione familiare ed entrò a Diagon Alley non appena il muro si aprì. Passeggiò per la strada distrattamente, senza quasi accorgersi di ciò che gli veniva presentato nelle vetrine illuminate.
Solo quando alzò lo sguardo e capì finalmente dove lo aveva condotto il suo cammino, si fermò e gemette.
"Fanculo", ringhiò, volendo strapparsi i capelli. Invece, strinse le mani, ancora in tasca, a pugno e fissò l'insegna luminosa dell'edificio di fronte a lui. Il Baton Rouge non sembrava così pomposo come lo ricordava dalla sera prima, almeno alla luce del giorno.
Non era sicuro di quanto tempo fosse rimasto lì prima di ricominciare a muoversi, dritto verso la porta d'ingresso del club.







nota di traduzione

Rete Floo: in italiano è stato tradotto con metropolvere. 

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