Little Dove: 5

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Ivee in quel momento sedeva composta nell'ufficio del preside, nessun segno della rissa di prima, il battito era calmo, il respiro regolare, gli occhi ancora dormienti persi nel vuoto, un ragazzo dai ricci capelli biondi sedeva accanto a lei, insieme a suo padre. Nessuno parlava e se fosse entrata una mosca si sarebbe sentito il ronzio chiaramente.

"Evelyn Sprouse, entra." Chiamò quindi il preside, non era un uomo molto grande, nessuno sapeva con precisione la sua età, tutti sapevano che sembrava molto giovane, come tutti sapevano che aveva un debole per la ragazza che in quel momento si trovava nella stanza con lui.

"E' passato un po' di tempo dall'ultima volta che mi ha chiamato in questo ufficio, vero signor D?" Domandò la ragazza sorridendo leggermente e cercando di scherzare sulla sua scomparsa temporanea.

"Ivee, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? E soprattutto, quante altre volte ti dovrò convocare per smorzare questo tuo atteggiamento?"Domandò l'uomo massaggiandosi le tempie, gli occhiali poggiati sul tavolo e gli occhi chiusi.

"Andiamo signor D! Morirebbe di noia senza di me, chi creava i guai in mia assenza, quattro giorni di noia mortale!" Esclamò lei con un sorriso sornione, incrociando le braccia e osservandolo attentamente.

"Accidenti Evelyn! Hai mandato una studentessa in infermeria! IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA! Come puoi essere stata così sconsiderata?!" Esclamò lui riaprendo gli occhi furibondo, facendola sobbalzare sul posto.

"Già, in infermeria, Ivee, perchè lo hai fatto?" Continuò lui guardandola più calmo.

"Aiuterebbe se dicessi che non volevo mandarla in infermeria?" Domandò lei stringendosi nelle spalle, ottenendo un'occhiata di fuoco.

"Ivee, come sai non ti manderò via, ma non provi veramente nessun rimorso per quello che hai fatto?" Chiese l'uomo mettendosi gli occhiali e alzandosi dalla scrivania.

"Mi dispiace signor D." Disse Ivee non guardandolo negli occhi, sapendo che nel futuro sarebbe probabilmente successo qualcosa del genere.

"Ivee." L'uomo le mise una una mano sulla spalla, pericolosamente vicino, in quel momento avrebbe potutto fare qualunque cosa di lei, i loro visi erano molto vicini, potevano sentire i caldi respiri, lei poteva vedere il desiderio negli occhi di lui, il desiderio di tornare all'estate precedente.

"Ivee, capisco che stai affrontando le ripercussioni della tua scomparsa, che stai cercando di reagire, ma non puoi andare in giro e picchiare le persone." Concluse quindi lui allontanandosi nuovamente e togliendo la mano dalla spalla.

"Mi dispiace signore." Disse la ragazza nuovamente, rilasciando il respiro che aveva trattenuto involontariamente.

"Vai, e se qualcuno lo chiede..." "Ha contattato i miei genitori!" Esclamò lei interrompendolo, mettendo una mano sulla maniglia della porta e uscendo, non prima di averlo salutato gentilmente, agitando la sua mano. L'uomo arrossì come un bambino, realizzando quanto potere una ragazza del genere poteva avere su di lui.

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Le ore scolastiche passarono in fretta e non ci furono più imprevisti, i tre amici subito dopo si diressero verso la sala giochi della città, Andrew infatti era riuscito ad ottenere un posto là e ormai studiavano durante le sue ore di lavoro.

Quando erano ormai praticamente arrivati sentirono un rumore molto forte, il motore di una camaro ruggiva e quella determinata macchina correva verso di loro, David tirò gli altri due via in tempo, Ivee stava tremando, nessuno sarebbe riuscito a dire se era la rabbia repressa o la paura che l'aveva assalita.

Così si diresse verso la macchina, rischiando di finire sopra ad una ragazzina dalla chioma quasi arancione.

"Che cos'hai in quel cervello biondino!" Esclamò quindi urlando verso lo sportello della macchina, il ragazzo dentro la ignorò semplicemente e alzò il volume della musica, anche se non era dentro la sentiva perfettamente.

"Esci da questa macchina! Esci da questa cavolo di macchina!" Urlò nuovamente sbattendo le mani sul cofano, provocando un rumore sordo, il ragazzo a quel punto uscì e sbattè lo sportello per chiuderlo.

"Non toccare la mia macchina." Affermò duramente, stringendo i pugni e avvicinandosi alla ragazza, lei sollevò leggermente il volto per guardarlo negli occhi, nessuno dei due distolse lo sguardo.

"Altrimenti?" Domandò quindi sfidandolo.

Il ragazzo si avvicinò ancora di più, i nasi si sfioravano, i loro respiri caldi si univano, mentre un'energia elettrica scorreva dentro di loro, mischiandosi al loro sangue.

"Non sfidare la mia pazienza cerbiatto." Rispose lui voltandosi, entrando in macchina e allontanandosi a tutta velocità, alzando nuovamente il volume della musica, lasciandola là, immobile.

Chi credeva di essere quel ragazzo?

Not my decisionWhere stories live. Discover now