Ivee aveva veramente perso il conto dei giorni che stava passando in quella strana dimensione, perchè era quella l'unica spiegazione, non era più nel mondo che lei conosceva, che la faceva sentire al sicuro, lei era in un posto pericoloso e non sapeva per quanto tempo sarebbe rimasta là.
Senza bere o mangiare, senza fermarsi un secondo, senza dormire, cose brutte succedevano se si addormentava e lei non poteva permettersi di addormentarsi, non sapeva se si sarebbe risvegliata, ma non era un problema quello, l'adrenalina che le scorreva nel sangue risvegliava i suoi sensi anche se non sentiva più le forze con se.
Era ormai il desiderio di tornare a casa che non le faceva perdere le speranze, anche se sapeva che sarebbe morta, la pancia gorgogliava e bruciava, per colpa della mancanza di cibo, la gola sembrava essere a fuoco, le parole stentavano ad uscire dalla sua bocca, i suoi movimenti erano più lenti, i pensieri sempre più confusi e offuscati.
Ivee aveva anche perso la speranza, sapeva che era impossibile tornare a casa sua, sapeva che sarebbe morta, alcune volte pensava anche di far finire tutta quella sofferenza, alcune volte pensava... Soltanto una volta si era riacceso un barlume di speranza, soltanto una volta aveva sperato di riuscire a tornare veramente a casa sua.
Ricordava bene quella volta, aveva sentito nuovamente le voci dei genitori, aveva sentito nuovamente due voci familiari, aveva sentito di nuovo quel calore familiare che la faceva sentire al sicuro, li aveva sentiti, parlare e parlare, borbottavano e urlavano e poi sua madre era scoppiata a piangere, piangere così forte che nemmeno suo padre era riuscito a consolarla, anzi, aveva sentito la sua voce rompersi sotto il peso delle lacrime trattenute.
Ivee aveva ripreso ad urlare, urla che volevano attirare l'attenzione dei suoi genitori, urla che li volevano rassicurare, urla che che volevano dire che era viva, che chiedevano di salvarla, eppure loro le ignorarono, almeno questo fu quello che pensò inizialmente, poi capì che non la sentivano, non potevano sentirla, come poteva essere stata tanto stupida?
Persa nuovamente la speranza si asciugò le lacrime che erano scese involontariamente, che erano sfuggite al suo controllo e risistemò i pensieri, cercando di tornare a quella calma che aveva acquistato, eppure la realizzazione di stare impazzendo l'aveva assolutamente distrutta, le ginocchia avevano ceduto, toccando sonoramente il pavimento duro e freddo.
Così aveva semplicemente smesso di sperare e aveva ripreso a camminare per la casa, i giorni erano passati, probabilmente, poi la vide, una bambina in un vestito rosa e dei capelli biondi, era piccola e magra, eppure non sembrava aver paura di quel posto.
"Chi sei?" Le chiese quindi Ivee non avvicinandosi e rafforzando la presa sul bastone, le nocche le sbiancarono, i piedi si spostarono per assumere una posizione più stabile, la bambina mostrò solamente un numero, tatuato sul polso. 011...
"Undici? Ti chiami Undici?! Dio! Questa deve essere un'illusione, sto impazzendo!" Esclamò Ivee portandosi le mani ai capelli e iniziando a camminare in cerchio per la stanza, tutto questo sotto lo sguardo della bambina che non sembrava volere andare via.
"Noi vogliamo aiutarti." Disse quindi Undici con voce tremante e incerta, come se non fosse sicura su quello che doveva dire.
"Noi chi?!" Esclamò Ivee, voltandosi velocemente verso di lei, chiaramente ancora sconvolta e spaventata.
"Joyce, Hopper." Rispose ancora una volta lei.
"Stanno arrivando... Grazie Undici, ti devo un favore." Disse la ragazza più grande prima che la più piccola sparisse immediatamente davanti a lei, lasciandola nuovamente sola, sola ma con speranza.
Un sorriso involontario spuntò sul suo viso, la mano lasciò cadere il bastone e dovette trattenersi per non iniziare a saltare in giro, fu questo il suo errore fatale, non si accorse di un tralcio che aveva iniziato ad arrotolarsi intorno alla sua caviglia e quando capì il suo errore capì anche che era troppo tardi.
Il bastone era troppo lontano e altri tralci erano scattati nella sua direzione, arrotolandosi intorno alle gambe e al busto, facendola cadere con un grande tonfo, la botta alla testa le provocò un grande bruciore, probabilmente riaprendo il vecchio taglio, la vista si appannò nuovamente e gli occhi iniziarono a chiudersi lentamente. L'ultima cosa che provò fu qualcosa di grande infilarsi nella sua bocca e nel suo naso, li distinse come altri tralci che le bloccarono completamente le vie respiratorie, o comunque quasi del tutto.
Ivee iniziò a boccheggiare, cercando inconsciamente di riprendere fiato, mentre quelle cose si infilavano sempre più in profondità, non potè fare a meno di smettere di combattere, si arrese all'oscurità, sperando di risvegliarsi grazie ad un miracolo.
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Not my decision
FanficIvee non si poteva reputare una brava ragazza, non si poteva nemmeno reputare una ragazza popolare, per lei avevano creato una categoria sociale, era semplicemente diversa. Era semplicemente la cattiva ragazza del liceo, quella che tutti temevano pe...