Capitolo Tredici

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Ornella probabilmente avrebbe avuto più coraggio a casa di Valeria se non fosse stata sconvolta dalla questione di suo padre, ma era pur vero che era per lo stesso motivo se le ragazze avevano condiviso un momento di intimità emotiva ed erano riuscite a parlarsi a cuore aperto. Se non fosse stato per le mail del suo sconsiderato genitore, infatti,  non sarebbe mai andata a casa della ragazza;  quindi forse un merito all'uomo glielo si poteva riconoscere.
Ad ogni modo, la prossima mossa aspettava ad Ornella e ne era spaventata.
Il limbo, dove era stata fino ad adesso, fatto di ambigui sottintesi e velati tentativi di corteggiamento, dove tutto accade ma niente accade sul serio, era un posto sicuro; ora, però, che aveva preso coscienza dei propri sentimenti e di quelli dell'altra ragazza, sapeva che doveva mettersi in gioco, ma non aveva idea di come gestire la cosa.
Preda di mille pensieri, una volta rientrata a casa dalla serata film, Ornella non riuscì a addormentarsi facilmente e, perciò, la mattina dopo lasciò il letto che era quasi mezzogiorno.
"Buongiorno bella addormentata!"
La voce della zia le arrivò inaspettata dalla cucina.
"Buongiorno, zia."
"Hai fatto tardi ieri sera?"
"No, però stanotte non sono riuscita a dormire bene."
"Pensavi a papà?" domandò la zia premurosa e Ornella non ebbe altra scelta che annuire perché non poteva di certo confessare che non aveva dormito a causa di una bella biondina.
"Sei tornata presto dal negozio."
"Non ci sono andata. Volevo stare un po' assieme a te."
"Avresti potuto svegliarmi, allora"
"Non ti preoccupare, abbiamo tutto il pomeriggio. Senti qua, ce ne andiamo al centro commerciale. Faremo shopping, ci godremo l'aria condizionata e mangeremo schifezze, che ne pensi?"
"Penso che sia un buon piano."
"Yes!" esclamò Carla portando le braccia in alto, come se non aspettasse altro e il suo entusiasmo  fece dimenticare ad Ornella di avercela ancora un po' con lei per averle nascosto la corrispondenza con suo padre.
Arrivarono al centro commerciale che oramai l'una.
"Che ne dici?" disse Carla appena furono dentro "Pranziamo e poi ci lanciamo a capofitto nello shopping? Oppure entriamo in qualche negozio, facciamo pausa pranzo e poi continuiamo?"
Ornella, che aveva preso solo un caffè visto che si era svegliata tardi, aveva fame perciò decise per la prima opzione.
"Pranzo e poi shopping."
"Andata!"
Le due donne di diressero verso l'aria ristorazione dell'edificio e la ragazza fu sorpresa di vedere che la zia si era fermata davanti al McDonald.
"Sei seria?" chiese piuttosto scettica mentre entravano nel fast food.
"Ti ho detto o no che volevo mangiare schifezze?"
"Sì, ma non mi aspettavo questo."
"Tu prendi il tavolo e io ordino?"
Carla però si stava dirigendo verso la fila sbagliata.
"Zia, non devi ordinare in cassa." la fermò Ornella indicando i maxi tablet che la donna aveva ignorato.
Carla si girò verso di essi e dopo averli scrutatati per qualche secondo, come se nulla fosse disse:
"Io prendo il tavolo e tu ordini?"
Quando Ornella arrivò con il cibo al tavolo che la zia aveva scelto, quest'ultima disse:
"Devo ammettere che mi sento vecchia. L'ultima volta che sono venuta qua, non c'erano quei cosi per ordinare."
"Non sei vecchia, zia." ribatté Ornella addentando una patatina "È che di solito si smette di venire in questi posti dopo i vent'anni e giustamente non sei al passo con i cambiamenti."
"L'ultima volta che ho mangiato in un posto del genere era quindici anni fa, avevo circa ventisette o ventotto anni. Ero con una mia amica e dopo...."
Carla si interruppe bruscamente e socchiuse gli occhi, pensierosa.
"Dopo cosa?" chiese Ornella curiosa.
La zia sospirò.
"Ma sì, tanto sei adulta! Io e la mia amica avevamo fumato erba a casa sua per tutta la sera e ovviamente avevamo fame, così ci siamo fiondate nel McDonald più vicino, ma fortunatamente non c'erano i tablet perché non credo che saremmo state in grado di ordinare da lì, visto le condizioni in cui eravamo. Dio quanto abbiamo mangiato quella notte!"
Ornella ora guardava la zia meravigliata, non tanto perché le aveva raccontato che aveva fumato, ma perché secondo un rapido calcolo matematico, l'episodio era accaduto quando lei aveva avuto quattro anni. Si ricordava della zia quando aveva quell'età e non le era sembrata il tipo che trascorreva i suoi sabato sera a fumare erba.
"Non guardarmi così Ornella! Una canna che sarà mai!"
"No, è che... c'ero."
"Che vuol dire c'eri?"
"Vuol dire che quando ero piccola tu fumavi erba." disse la ragazza senza riuscire a trattenere una risata.
"Fumavi mi sembra eccessivo, Ornella. L'imperfetto si usa quando qualcosa avviene regolarmente. Io ogni tanto mi facevo una canna, tutto qui. Ma non credo che le volte in cui ho fumato siano più di dieci."
Ornella osservò la zia che con naturalezza aveva condiviso una parte di sé che di solito non si condivide con le nipoti, almeno quando sono piccole; però, la zia aveva avuto ragione, era un'adulta quindi in quanto tale, si sentì in diritto di domandarle una cosa che il giorno prima era passata in secondo piano, ma che lei non aveva dimenticato.
"Ti ricordi ieri quando ti ho chiesto delle foto? Hai detto che era una storia per un altro giorno. Ti va di dirmi che è successo?"
Carla posò il panino che stava mangiando e deglutì rumorosamente il boccone che aveva in bocca. Ornella pensò per un attimo che aveva fatto male e stava per ritirare la domanda ma la zia rispose:
"Stavo con una persona fino all'autunno scorso, e molte delle foto che avevo in giro per il soggiorno erano sue. Quando ci siamo, lasciati, però, sono stata talmente male che ho tolto tutte quelle in cui c'era lui, e sono conservate in una scatola."
A giudicare dalla tristezza che vedeva nei suoi occhi, Ornella pensò che adesso era la zia ad avere usato il verbo al tempo sbagliato.
"Ieri hai detto che si è comportato da stronzo."
Carla annuì.
"Io e Mauro stavamo insieme da due anni ed era una relazione seria, nonostante la distanza. Lavora a Milano, ma si faceva in quattro per venire in Sicilia da me ogni week end e quando veniva stavamo bene assieme. È capitato anche che riuscisse a fermarsi per un mese di seguito, lavorando da remoto e qualche volta ha fatto su e giù nell'arco di pochi giorni, perché diceva che voleva stare con me."
"Ma tu non andavi a trovarlo mai?"
La donna fece un risolino amaro.
"Qui casca l'asino, Ornella. Tutte le volte che glielo proponevo, lui insisteva che non c'era bisogno. Diceva che Milano non era una bella città e che era meglio stare vicino al mare. Inoltre, diceva che a differenza sua ero una libera professionista e dovevo risparmiare."
Ornella stava cominciando a capire dove quella storia stava andando a parare.
"È venuto fuori che Mauro, non voleva che io andassi da lui perché aveva una famiglia, una compagna e un bambino di cinque anni."
Ornella che aveva immaginato una cosa del genere disse:
"Come lo hai scoperto?"
"Una volta, non lo faceva mai, bada bene, ha saltato un appuntamento. All'ultimo mi chiama e mi dice che non può venire perché quel week end doveva lavorare, il dirigente lo aveva costretto. Allora ho pensato che era giunto il momento di partire per una volta. Conoscevo il suo indirizzo, perché anche se non ero mai andata a casa sua, gli avevo spedito un pacco, ma quando ho bussato alla sua porta è stata una donna ad aprirmi. Era la sua compagna, quasi moglie e dietro di lei c'era un bambino. Allora ho capito che mi aveva preso per il culo per due anni."
"Oddio, zia, mi dispiace!"
"La tipa lo ha lasciato," continuò "e lui ha provato a tornare da me. Ma io non ne ho voluto più sapere ed ecco la storia di come le foto sono sparite dal mio soggiorno."
"Che figlio di puttana!" esclamò Ornella con un tono di voce abbastanza alto da attirare l'attenzione dei vicini di tavolo e da provocare una risatina divertita della zia.
"Mi sono ripresa e per il momento mi godo la mia singletudine! Si può dire...è una parola?"
"Forse."
"E la tua di singletudine, come va?"
La domanda colse Ornella alla sprovvista e per poco non si affogò con l'aranciata che stava bevendo.
"Domanda sbagliata?" chiese la zia, scrutandola.
"No...non è sbagliata, solo che va.... nel senso non c'è nessuno." farfugliò, sperando che il colorito della sua faccia non fosse cambiato.
"E quel tipo? Marco?"
"Andato. Nel senso che è partito, credo. Ma non ci vedevamo più da prima che lui partisse."
"E non c'è nessun ragazzo carino che ti interessa? O che ti fa la corte?"
"La corte? Zia, non siamo nel Rinascimento!"
"Non cambiare argomento," disse la donna ridacchiando "stai uscendo spesso e quindi mi domandavo se c'è qualcuno con cui hai legato di più. Tipo ieri sera chi c'era a vedere il film?"
"Le solite. Ilenia e Chiara, e Valeria, la ragazza che è venuta in negozio."
Ornella rispose alla domanda frettolosamente, come se volesse liquidare la questione e nel frattempo aveva preso a giocare con le patatine. La zia poteva essere un'ottima interlocutrice, ma non sapeva come dirle che ad occupare i suoi pensieri era proprio una di quelle tre che aveva appena nominato.
Ornella vide che la donna la guardava come se volesse studiare le sue reazioni e per tutta risposta  abbassò lo sguardo dandole prova che c'era qualcosa da studiare in effetti.
"Pensa ai negozi dove vuoi andare." disse Carla cambiando espressione "E sappi che ho tutte le intenzioni di viziarti."
La zia le fece l'occhiolino e Ornella le sorrise, grata che avesse cambiato argomento.
Finito di mangiare, cominciarono il loro giro per negozi e Carla diceva sul serio quando aveva detto che avrebbe viziato la nipote. Costrinse, infatti, Ornella ad entrare in tutti i negozi e a provare un sacco di roba e dopo appena un'ora che avevano iniziato, la ragazza aveva guadagnato, in ordine, due camicette, due paia di pantaloncini e un costume.
"Ci prendiamo un caffè?" propose nel tentativo di frenare l'entusiasmo della zia. Carla, vittima della frenesia, però, rifiutò la proposta,
"Entriamo prima là" disse indicando la vetrina di un negozio che sembrava vendere solo jeans e crop top.
"Ma non hai intenzione di comprare nulla per te?"
"Che vorresti dire?" disse la zia fingendosi risentita "Che non posso trovare niente là dentro?"
Ornella rise.
"No, però non ti sei provata ancora niente."
"Quando troverò qualcosa che mi piace la proverò."
Zia e nipote entrarono in quello che adesso era il sesto negozio e una volta dentro si separarono.
Mentre la zia guardava i jeans, e Ornella supponeva che stavolta fosse una ricerca per la sua persona, l'attenzione della ragazza venne catturata da un vestito. Era un vestito verde acqua, corto a bretelline.
La gonna era plissettata cadeva morbida sui fianchi del manichino. E Ornella penso che era un punto a favore visto che i fianchi larghi erano un suo cruccio, immotivato, visto che lei li vedeva più larghi di quanto effettivamente fossero. La parte superiore del vestito sembrava un corsetto, anche se non era rigido allo stesso modo. Lo scollo era a cuore ma non tanto profondo da non essere casto. Le bretelle sottili, si incrociavano nella parte posteriore del vestito che lasciava buona parte della schiena scoperta.
"Perché non lo provi?." disse una voce alle sue spalle.
Ornella si girò e vide una commessa, che poteva avere al massimo venticinque anni, che le sorrideva.
"Lo stai guardando da un po', si vede che ti piace e credo anche che ti starebbe bene." aggiunse.
La ragazza era attraente e aveva un bel fisico, e Ornella si sorprese a pensare che forse quel vestito sarebbe stato meglio a lei. La sorpresa stava nel fatto che non era invidia quella che provava, ma un altro sentimento che le fece distogliere lo sguardo con imbarazzo.
"Tu dici?" disse dubbiosa Ornella
La commessa annuì e si allontanò di qualche passo e prese dallo stand il vestito del manichino.
"Tieni questa dovrebbe essere la tua taglia."
Ornella accettò con un sorriso e si diresse verso i camerini.
La ragazza aveva avuto occhio, non si poteva dire che le stesse male.
Nel frattempo la zia l'aveva raggiunta, nelle mani teneva un jeans scuro.
"Wow"" esclamò.
"Non è un po' troppo corto?"
"Ma no, Ornella! L'importante è che ti senti a tuo agio."
Non era quello che di solito portava, ma si sentiva bene con quel vestito addosso.
La commessa affabile la raggiunse nei camerini.
"Allora come va?"
Non aspettò la risposta di Ornella perché la sua attenzione fu improvvisamente catturata da Carla.
"Vuoi provarlo anche tu?" le disse e fissandola sorniona aggiunse "Se non ti secca provare lo stesso vestito di tua sorella, ne porto uno anche a te."
Carla sorrise divertita.
"Non sono la sorella, sono la zia."
"Non si direbbe. Ad ogni modo, se ti serve qualcosa io sono a disposizione."
Stavolta la ragazza fece persino un occhiolino.
"Ok. Grazie." disse Carla gentile, la quale però si stava visibilmente mordendo l'interno della guancia, per non ridere.
Ornella aveva osservato la scena attraverso lo specchio del camerino. Zia Carla era una donna attraente, era alta fisico asciutto,  aveva gli occhi azzurri come quelli di Marcello, che però lei non aveva ereditato perché i suoi erano marroni, e capelli liscissimi castani che con il sole avevano qualche riflesso biondo. Il look casual di quel pomeriggio, anzi di sempre perché la zia non amava i fronzoli, faceva credere alle persone che fosse più giovane dei suoi quarantatré anni. Dubitava però che la commessa si fosse sbagliata sulla anagrafica, semplicemente voleva fare un complimento alla zia.
"Non mi sono sbagliata, vero?" disse la donna rivolta ad Ornella, quando la commessa si fu allontanata "ci ha provato con me."
"No, non sbagli, anzi credo che avesse capito che sei troppo vecchia per essere mia sorella."
"Ehi, attenta a come parli ragazzina!" disse Carla con un cambio repentino di tono che provocò una sonora risata della nipote.
La questione finì lì e Ornella era rimasta stupita dalla disinvoltura con cui la zia aveva affrontato la cosa.
Anzi, quando la donna era andata a pagare in cassa, perché a poco erano valse le proteste di Ornella di pagare il vestito di tasca propria, addirittura aveva sorriso in maniera gentile alla commessa che da parte sua continuava ad tenere un atteggiamento civettuolo.  Pensò che sua madre, al contrario, ne avrebbe fatto un affare di stato. Una volta, erano insieme al supermercato e in fila alla cassa davanti a loro c'era una coppia di ragazzi che battibeccava su cosa cucinare per cena. Era palese che i due uomini non fossero semplici coinquilini, perché discutevano come solo le coppie fanno, a prescindere dal genere. Ornella se lo ricordava, non per l'argomento della discussione in sé, banale, ma perché la madre aveva fatto una smorfia strana quando aveva realizzato che davanti a loro c'era una coppia gay e, lei non ne era sicura, ma le era sembrata persino un po' seccata. Quindi la zia che non dava peso alle avance di una donna, era una cosa insolita a cui assistere.
Per questo motivo rimase per parecchio tempo a rimuginare quando uscirono dal negozio.
"Con tutto questo shopping Ornella, non credo che potrò permettermi di darti da mangiare per il resto del tempo che sarai da me."
Ornella però ignorò la battuta della zia e chiese:
"Non ti ha dato fastidio?"
"Cosa?"
"Che quella ragazza ci abbia provato con te?"
La zia ridacchio:
"Mi ha fatto piacere che una povera vecchietta come me può ancora risultare attraente."
Ancora una volta Ornella non rise alla battuta della zia, ma le prese il braccio e la costrinse a fermarsi.
"Era una domanda seria, zia."
Carla corrugò la fronte e la ragazza si chiese cosa le stesse passando per la testa. Subito dopo però con l'espressione distesa la donna disse:
"Non è stata né molesta né insistente. Mi ha fatto un complimento io ho sorriso, senza darle però motivo di pensare che le sue attenzioni fossero ricambiare ed è finita lì. Quindi se la tua domanda è se mi ha dato fastidio perché era una donna, la risposta è no, come, al contrario mi darebbe fastidio ricevere attenzioni moleste e insistenti da un uomo anche se lo trovo molto attraente."
Quella risposta aveva perfettamente senso e Ornella adesso si sentiva una stupida.
"Sì, hai ragione." disse abbassando lo sguardo.
"Ornella, è tutto a posto?" chiese Carla con tono premuroso.
"Sì, era per curiosità, tutto qua."
Carla annuì senza troppa convinzione ma non ebbe modo di ribattere nulla perché il cellulare di Ornella attirò la sua attenzione e le due ripresero a camminare.
Ilenia aveva proposto di andare a mangiare sushi e poi aveva aggiunto di voler invitare anche Letizia con i suoi amici. Chiara sospettava che la sua migliore amica fosse interessasse uno dei ragazzi.
Sul volto di Ornella si disegnò un sorriso quando sul gruppo giunse tempestiva la risposta di Valeria e la cosa non sfuggì alla zia.
"Perché sorridi? Per quel qualcuno di cui non mia hai voluto parlare a pranzo?" disse la donna ironica.
Ornella arrossì.
"Allora c'è qualcuno!" insistette la zia.
"No, zia. Sono solo le ragazze che hanno proposto di andare a mangiare sushi."
"E la tipa del negozio ci sarà?"
"Chi?" disse Ornella facendo finta di non aver capito.
"Valeria, chi altrimenti?"
"Sì, ci sarà anche lei."
"Sembra simpatica, e poi è carina." disse la zia.
"Lo sono tutte." rispose la ragazza vaga.
"Potresti mettere il vestito nuovo."
La noncuranza che la zia ci aveva messo in quel consiglio mise in allarme Ornella. Che il rossore delle sue guance l'avesse tradita?
"Sai tesoro," cominciò a dire la zia distrattamente "a volte le cose che fanno più paura si rivelano essere le migliori della nostra vita. Perciò buttati, se ne vale la pena."
Adesso sospettava che quella frase non fosse stata buttata lì a caso, però quello che aveva detto la zia, ancora una volta, aveva perfettamente senso.
Carla non aggiunse altro riguardo l'argomento per il resto del pomeriggio, ma le sue parole continuavano a ronzare nella testa di Ornella e forse proprio a causa del suo atteggiamento disinvolto, o dell'entusiasmo che aveva messo per trascorrere al meglio quel pomeriggio, decise di seguire i suoi consigli. Avrebbe indossato il vestito nuovo e soprattutto si sarebbe buttata perché ne valeva la pena.

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