Capitolo Ventinove

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Carla e Valeria rientrarono dopo un'ora con quattro buste piene di cibo. La ragazza sospettava, però, che dietro la scelta della donna di esagerare ci fosse il desiderio di viziare il fratello e la nipote.  Carla, infatti, ogni volta che aveva messo qualcosa nel carrello ci aveva tenuto a specificare che si trattava di qualcosa che piaceva o a Ornella o a Marcello. Anche Valeria non era rimasta esente da quelle premure. Era stata, infatti, costretta a prendere  i cereali che le piacevano di più nonostante nel carrello ce ne fosse già uno scatolo di un altro tipo.
Per quanto Carla fosse una persona piacevole e fare la spesa con lei si era rivelato piuttosto divertente, Valeria fu contenta di essere tornata a casa da Ornella. Non aveva programmato di dirle che l'amava, ma era stato bello farlo in maniera spontanea e, in fondo la ragazza aveva ragione, non c'era niente di più romantico di un salvataggio.
Ornella entrò in cucina, mentre Valeria e Carla stavano sistema la spesa. Si era cambiata e aveva i capelli umidi, segno che aveva finalmente fatto la doccia tanto agognata. Non rivolse nemmeno un'occhiata a Valeria e si mise ad aiutare la zia, ma  appena Carla si fu allontanata, Ornella lasciò andare bruscamente il pacco di pasta che aveva tra le mani, la tirò a sé e cominciò a baciarla.
"Pensavo mi stessi ignorando." disse Valeria con le labbra premute contro quelle della ragazza.
"No, solo non potevo baciarti come volevo di fronte alla zia."
Ornella tornò a baciarla con foga.
"Piano, tesoro...."
"Non credo... di averti detto...quanto mi sei mancata."
No, non gliel'aveva detto, pensò Valeria, ma sicuramente glielo stava dimostrando in quel momento.
Stava per stringere Ornella di più a sé, quando sentirono qualcuno schiarirsi la voce.
"Ragazze, capisco la lontananza, ma vi prego, datevi un contegno." disse Carla, ironica.
Valeria scoppiò a ridere, mentre Ornella nascondeva il volto nella sua  spalla per l'imbarazzo.
"Ornella è inutile che ti nascondi," esclamò ridendo la donna "credevi forse che non sarei più tornata in cucina?"
"Pensavo ci avresti messo di più..."
Carla alzò l'oggetto che teneva nelle mani.
"Ho semplicemente preso una tovaglia dal mobile di là. Comunque, vi prometto che avrete tempo per voi più tardi. Adesso, vi prego, aiutatemi a cucinare che sto morendo di fame."
Carla era affamata sul serio e coinvolse tutti nella preparazione di un pranzo che sarebbe bastato per un esercito. Valeria, non sapendo cucinare, era stata relegata alla preparazione della tavola, mentre Marcello e Ornella stavano tagliando delle verdure.
Per quanto Valeria egoisticamente volesse avere Ornella tutta per sé, era contenta di vedere che andava d'accordo con il padre.
Ignorava quello che i due si fossero detti quando erano rimasti soli, ma adesso sembravano andare d'accordo. Si percepiva un certo imbarazzo da ambo i lati, ma a fare da cuscinetto c'erano i modi schietti di Carla che faceva in modo che la conversazione non ristagnasse.
Marcello raccontò poco della sua vita in Costa Rica, era interessato piuttosto a quello che aveva fatto Ornella, o in alternativa raccontava a Valeria di quando la figlia era piccola, mettendola a disagio.
"Zia, ti prego, puoi farlo smettere?" supplicò Ornella quando Marcello, a pranzo finito, raccontò a Valeria di quella volta che al parco  con la bicicletta la figlia era caduta addosso a un'anziana signora che, subito dopo,  l'aveva rimproverata facendola piangere a dirotto.
Mentre Carla rideva, Valeria disse:
"Quello di cadere addosso alla gente con la bicicletta è un vizio che ha tuttora. Una volta hai investito anche me!"
"Sono riuscita a evitarti," disse Ornella mentre le guance le si tingevano leggermente di rosso "E poi, ti ricordo che eri in mezzo alla pista ciclabile."
"Correvi come una pazza!"
"Esattamente come faceva al parco." disse Carla.
"È così che vi siete conosciute? Scontrandovi?" chiese Marcello.
"No, Valeria è venuta al negozio di zia, mentre ero sola e ha comprato un bracciale."
"Galeotti furono i gioielli...." commentò con una certa fierezza Carla.
Ornella e Valeria si scambiarono un'occhiata, entrambe sapevano che non era per i gioielli di Carla che Valeria era entrata in negozio. Non dissero niente, però e lasciarono che la donna credesse di avere qualche merito.
"Ci siamo, però, riviste la sera stessa in discoteca, e da lì abbiamo cominciato a diventare amiche e ad andare a mare assieme e cose così, fin quando non ci siamo rese conto di piacerci." concluse Ornella.
Era ovviamente una versione censurata della storia, ma a Marcello non serviva sapere tutti i dettagli.
"Hai omesso di raccontare di quel cretino." si intromise Carla con un ghigno.
"Quale cretino?" chiese Marcello.
"Non è importante, papà. Un tizio che ho visto un paio di volte."
"Un paio di volte di troppo," continuò Carla parlando al fratello "devi sapere che tua figlia usciva con questo tizio e i suoi amici che facevano i cretini in discoteca. Lei e Valeria hanno discusso a causa sua."
"Non abbiamo proprio discusso, zia. Diglielo anche tu, Vale!"
"Sì, Carla, non abbiamo litigato, ma quello era un cretino sul serio."
"Ti ci metti anche tu?!" la rimproverò Ornella.
Carla ridacchiò andò avanti, faticando a mantenersi seria:
"Mi dispiace, Ornella, ma tuo padre deve sapere che gentaglia frequenti."
"Non frequento gentaglia. Marco era un ragazzo carino e ci sono uscita un paio di volte perché sembrava gentile."
"Ma in realtà era uno stronzo." commentò Valeria che aveva ben stampato in mente il loro ultimo incontro.
Quella frase le fece guadagnare un occhiolino di intesa da Carla.
"Smettetela di coalizzarvi voi due!" supplicò Ornella.
"Non ci stiamo coalizzando, è la verità, tesoro. Ti eri presa una sbandata per un cretino, non c'è niente di male, ci siamo passate tutte."
Ornella roteò platealmente  gli occhi.
"Non era una sbandata zia."
"Menomale che hai conosciuto Valeria, altrimenti sarei stata costretta a mangiare con quel tipo oggi."
"Ma finiscila!"
"Parole sante, Carla." le diede manforte Valeria.
Ornella si girò verso di lei puntando il dito.
"Non ti prendere meriti che non hai, mi ero resa conto che era un deficiente, prima che mi accorgessi che mi piacevi tu!"
"Allora lo ammetti che era un deficiente!" commentò Carla, senza però riuscire a rimanere seria stavolta, contagiando con la propria ilarità anche della stessa Ornella.
Marcello si alzò di scatto causando la brusca interruzione della conversazione. Aveva un aria accigliata e Valeria poteva immaginarne il motivo. Aveva guardato fino a quel momento la figlia e la sorella battibeccare  con una complicità che lui non aveva più da tempo, e che non sapeva se sarebbe riuscito a recuperare.
"Chi vuole il caffè?" chiese facendo finta di niente.
"Dobbiamo trovare la moka," rispose Carla "ti ricordi dove la teneva la mamma?"
Il fratello annuì.
"Lo metto su io e sistemo la cucina. Che ne dici?"
"Non ho nulla in contrario, anzi io mi andrei a spaparanzare sul divano." disse Carla stiracchiandosi.
"Ho notato che c'è una scatola con delle foto in salotto." disse Ornella al padre.
"Le stavo guardando ieri sera. Non è l'unica,però, devono essercene delle altre in giro per il salone. Perché non andate a dare un'occhiata? Porto il caffè di là quando è pronto."
Ornella e Carla annuirono con entusiasmo e lasciarono la cucina, mentre Valeria cominciò a impilare i piatti vuoti.
"Devo essere sembrato uno stronzo prima, con quello scatto." disse Marcello a Valeria, la quale stava mettendo i piatti nel lavello.
"No, sei sembrato uno che si è perso troppe cose."
Marcello le sorrise e le fece gentilemente segno di spostarsi e cominciò a lavare i piatti.
"Anche se era praticamente un'adolescente quando sono andato via, Ornella mi parlava più o meno di tutto. Mi chiedo, perciò, se mi avrebbe parlato di quel ragazzo."
"Spero proprio di no." disse la ragazza, mentre tirava fuori quattro tazzine dalla credenza.
Marcello rise.
"Non necessariamente in positivo. Avrebbe potuto parlarmene male e a un certo punto cominciare a parlare di te. Ora vai pure di là che qua me ne occupo io."
Marcello fece l'occhiolino a Valeria, che si diresse verso la porta. Prima però di lasciare la cucina chiese:
"Me la togli una curiosità?"
"Certo"
"Forse non dovrei chiederti una cosa del genere, visto che ti conosco da neanche ventiquattr'ore, però, visto il motivo per cui ci siamo incontrati, credo di potermelo permettere."
Marcello chiuse il rubinetto dell'acqua e si girò incuriosito verso la ragazza.
"Ieri ho nominato mia madre, dicendo che ci siamo allontanate a causa del miocoming out. Non ho detto, però, che mio padre è rimasto confuso per la prima settimana, ma poi non sembrava che la cosa lo sconvolgesse, anzi. Mi chiedevo se fosse una prerogativa dei papà prendere bene il fatto che alle figlie possano piacere le ragazze."
Marcello assunse un aria metidabonda e disse:
"Quanto deve fare schifo questo mondo se ti senti costretta a pensare che l'accettazione sia l'eccezione e non la regola..."
Valeria alzò le spalle, con aria rassegnata.
"Ad ogni modo," continuò l'uomo "non credo di essere in diritto di prenderla male, voglio dire sono tornato adesso, se mi metto pure a fare lo stronzo!"
"Stronzo no, perplesso sarebbe normale."
Marcello scosse la testa, sorridendo.
"Mi piacerebbe dirti che sono una persona progressista, ma vedi, Valeria, quando mia sorella mi ha detto che Ornella frequentava una ragazza, non è stato esattamente un fulmine a ciel sereno. Era una cosa che avevo già messo in conto tempo fa."
Valeria rimase a bocca aperta, soprattutto perché il tempo fa a cui Marcello faceva riferimento era più di sei anni prima, quando la figlia frequentava le medie. L'uomo intuendo quale fosse la sua domanda successiva spiegò:
"Quando Ornella aveva dodici anni, sotto il nostro appartamento venne ad abitare una coppia che aveva una figlia della sua stessa età. Si chiama Emilia , se non sbaglio, e Ornella ci diventò molto amica. Passavano quasi tutti i pomeriggi assieme, a casa nostra o a casa sua, e mia figlia non faceva altro che parlare di lei. Costantemente e anche fastidiosamente, devo ammettere. Il problema era che il papà di Emilia era un carabiniere e appena nove mesi, fu trasferito e con la sua famiglia andò via. Ornella pianse per giorni quando accadde, era inconsolabile. "
"Non è insolito avere delle reazioni così a quell'età."
"Sì, ma Ornella era disperata e mi diceva quanto le mancasse quella ragazzina. E la cosa insolita è che quando, qualche tempo dopo, sentì il papà di Emilia, mi disse la stessa cosa, che anche sua figlia era disperata. Ne ho dedotto quindi che le due avevano un' intensa amicizia di cui in realtà non erano pienamente consapevoli. Credo che se glielo domandassi adesso, Ornella ti direbbe che era solo una vicina di casa."
Marcello unì le mani in segno di preghiera e aggiunse:
"Ti prego, però, non glielo chiedere. Non credo che mia figlia approverebbese sapesse che te l'ho raccontato."
Valeria promise di non dire nulla e lasciò la stanza.
Era intenerita e allo stesso tempo ingelosita dal racconto di Marcello. Quindi la prima cosa che fece quando entrò in salotto di quella di sedersi accanto a Ornella e abbracciarla.
Era seduta sul divano e Carla su una delle due poltrone. La ragazza era concentrata, perciò, si accorse all'ultimo che le stava cingendo la vita con il braccio.
"Sto cercando una foto," disse mentre Valeria poggiava la propria testa sulla sua spalla "non la trovo però, chissà dove è finita."
Dopo qualche minuto Marcello arrivò con il caffè, e dopo che ebbe bevuto il suo tirò fuori un'altra scatola di foto, con il disappunto di Carla.
"Basta foto!"
"Disse la donna che aveva sempre la macchina fotografica nelle mani. Ti ricordo che se non fosse stato per te, non avremmo tutte queste scatole in giro."
"Sì, ma non le vorrai mica guardare tutte ora."
"Perché no?"
"Perché moriremmo di noia. Facciamo un giro, invece."
"Magari più tardi."
"Vuoi dirmi che torni dopo sei anni e non sei curioso di vedere come sono cambiate le cose?"
"Sì, ma non c'è fretta."
"Dai," insistette Carla "mi annoio."
"Ma non volevi riposarti?"
"Ho cambiato idea, usciamo."
"Ok, dove vi porto donzelle?"
"Donzella, io e te Marcello. Voglio passare del tempo sola con mio fratello."
Valeria e Ornella si scambiarono un'occhiata. Avevano forse entrambe il sospetto che l'intento della donna non fosse solo quello di recuperare il tempo perduto con il fratello, ma di lasciarle sole. Del resto era stata proprio Carla a promettere loro, un paio di ore prima, che avrebbero avuto del tempo per loro.
"Io e te, va bene." disse Marcello che non lasciava intendere se si fosse mangiato la foglia o meno. Valeria credeva, infatti,  che in fondo all'uomo non importasse granché se la sorella avesse o meno intenzioni duplici.
Carla e Marcello uscirono dopo cinque minuti;  prima, però,  la donna, di nascosto dal fratello che era davanti a lei di qualche passo, fece l'occhiolino alle ragazze sedute una affianco all'altra sul divano, causando così l'imbarazzo di Ornella che si coprì il volto con le mani.
"Mia zia è fuori di testa." commentò un secondo dopo che la porta di ingresso fu chiusa.
"L'adoro."
"Ho notato," rispose stizzita "andavate molto d'accordo a pranzo tu e lei. Direi anche troppo!"
"Sei arrabbiata?"
Ornella mise il broncio.
"Sì."
Valeria si chinò verso di lei e  le diede un paio di baci sul collo.
"Ancora arrabbiata?"
"Sì."
Allora, Valeria  le mise il braccio intorno alla vita e cominciò a mordicchiarle l'orecchio.
"Adesso?" chiese, senza, però, smettere.
"Mmm...meno."
Valeria, partendo da ginocchio di Ornella, cominciò a fare scivolare la mano verso l'alto e arrivata all'orlo dei pantaloncini, vi si insinuò dentro, finendo sull'interno coscia.
"E adesso?"
La ragazza non rispose questa volta, ma le prese il volto tra le mani e la baciò.
"Andiamo di sopra." disse poi.
Valeria non se lo fece ripetere due volte e afferrata la mano di Ornella, cominciò a correre verso la camera da letto che aveva occupato la sera prima.
Nella penombra che la veneziana garantiva, Ornella e Valeria si liberarono dei vestiti in tempo record, prima di abbandonarsi l'una sull'altra sul letto.
Non avevano a disposizione il grande letto matrimoniale, sul quale avevano fatto l'amore fino a poco più di dieci giorni prima,  ma Valeria trovò eccitante farlo su un letto più piccolo, le permetteva di tenere Ornella più vicina a sé mentre la faceva godere, o mentre lei stessa godeva per mano sua; e, quando finalmente furono esauste e appagate, la fece sdraiare su di sé, per poi stringerla con entrambe le braccia e contemporaneamente con la gamba che non era posizionata in mezzo alle sue.
"Ti amo." disse Ornella dopo qualche minuto di silenzio. La voce le era uscita ovattata, poiché aveva metà del volto premuto sul petto di Valeria.
"Ieri qualcuno ha detto che sono la tua ragazza," rispose Valeria "ma non ne abbiamo mai parlato."
"E lo sei?"
"Vuoi che lo sia?"
"Vuoi esserlo?"
"Ornella, per favore...."
Ornella si mosse, costringendo Valeria ad allentare la presa. Si sollevò sui gomiti, e si posizionò in modo tale da trovarsi le labbra di Valeria ad appena un centimetro di distanza.
"Si, voglio che tu sia la mia ragazza." disse prima di baciarla. L'ennesimo bacio di quel caldo pomeriggio, solo più lento degli altri.
Ornella si sistemò di nuovo su Valeria, non si sdraiò completamente sopra di lei come prima, ma si mise in modo da avere il braccio della ragazza sotto di sé, che le circondava la vita, e il volto sulla sua spalla.
"Che facciamo adesso?" chiese Ornella, sfiorando distrattamente uno dei capezzoli di Valeria.
"Che vuoi fare? Ci vestiamo prima che tornino i tuoi, direi."
"No, scema." ridacchiò Ornella "che facciamo nel prossimo futuro.... non viviamo nella stessa città."
Valeria sospirò.
"Innanzitutto, se per  tuo padre  va bene, mi posso fermare per un paio di giorni, prima di tornare a casa."
"Solo un paio?"
"Amore, devo preparare una materia e se non torno mi madre mi viene a prendere di peso e poi.....boh?  Innanzitutto devi capire che cosa vuoi fare tu."
"Vorrei iscrivemi all'università, credo che debba cominciare a prendere sul serio la cosa. Potrei iscrivermi a Milano, saremmo vicine."
Valeria avrebbe voluto dirle che quella era la soluzione migliore e forse l'unica accettabile dal suo punto di vista, ma non sarebbe stato giusto nei suoi confronti.
"Dovresti iscriverti dove vuoi a prescindere da me. Sarei felicissima se lo facessi, ma se vuoi rimanere vicino a casa, io verrò a trovarti tutte le volte che posso, e potresti farlo anche tu."
Ornella baciò Valeria sul collo, e tenendo sempre le labbra premute sulla sua pelle disse:
"L'idea di separarmi ancora una volta da te, mi sembra impossibile."
"Vedrai che ce la caveremo."
Il rumore della porta di ingresso che si apriva fece scattare Ornella a sedere allarmata
"Non credo che tua zia e tuo padre piomberanno in camera."disse Valeria ridendo per l'espressione buffa della ragazza.
"E poi ho chiuso a chiave." la tranquillizzò.
"Sì, ma vestiamoci lo stesso, non mi sento a mio agio. Mi devo abituare all'idea di avere papà in giro."
Ornella si alzò e cominciò a rivestirsi, mentre Valeria, messasi a sedere anche lei sul letto, ne ammirava le forme.
"Sai che sei stupenda?"
Ornella rise imbarazzata e si girò verso la scrivania.
"Eccola!" esclamò dopo due secondi.
Lasciò i pantaloncini che stava per indossare e prese tra le mani qualcosa.
"Era questa la foto che cercavo. Perché ce l'hai tu?"
Ornella aveva tra le mani la foto che Marcello aveva dato a Valeria la sera prima.
"Me l'ha data tuo padre."
"Mi ricordo quel giorno. Ero con papà e zia, che si lamentava perché non stavo ferma quando mi fotografava."
"Tuo padre ha detto che ha dovuto pregarti."
"Sì, non amavo che mi fotografasse, ma alla fine, come vedi, mi ha convinto." disse Ornella girando la foto verso Valeria.
"Tuo padre mi ha detto che posso tenerla, ti dispiace?"
Ornella scosse la testa, con un sorriso. Poi di colpo diventò di nuovo seria e domandò:
"Non ti avrà mica raccontato altre cose imbarazzanti, come ha fatto a pranzo?"
Valeria rise.
"No, tranquilla. Ha visto che guardavo incuriosita le foto incorniciate nel salone e mi ha mostrato questa foto. Tutto qui. Poi mi ha detto che potevo tenerla."
"Mi piace che l'abbia tu." disse Ornella prima di riprendere a vestirsi.
Valeria si alzò e la raggiunse.
"A me piace avere l'originale, però, non solo la copia." disse mentre le posava le mani suoi fianchi e la tirava verso di sé.
Ornella chiuse gli occhi per un attimo e si morse il labbro inferiore.
"Sei nuda." disse in modo asciutto.
"E quindi?"
"Dovresti vestirti."
"Perché?"
Ornella mise la mano dietro la nuca di Valeria e avviciniò il suo volto al proprio. Chiuse di nuovo gli occhi e con tono suadente disse:
"Perché altrimenti ti butterei di nuovo sul letto e non ti lascerei più andare."
Subito dopo Ornella le diede una pacca sul sedere e dopo averle fatto l'occhiolino, uscì dalla stanza lasciando Valeria perplessa, almeno fino a quando non capì che aveva usato le stesse parole che aveva usato lei il giorno del loro primo bacio.

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