Capitolo Venti

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I compleanni erano una cosa seria a casa di Valeria ed era severamente vietato che passassero in sordina.
A stabilirlo era stata Andrea, che non perdeva occasione per celebrare qualsiasi cosa, persino l'onomastico del cane del suo ragazzo.
Sempre Andrea, aveva deciso che la persona che compiva gli anni poteva decidere di avere la torta che voleva, senza curarsi dei gusti degli altri che sarebbero stati costretti a mangiarla senza discutere. Ed ecco perché, per esempio, ad ogni compleanno del padre, Valeria, Andrea e la madre erano state constrette a mangiare la torta alla frutta che, forse per genetica, non piaceva a nessuna delle tre o perché, per il compleanno di Valeria, era la madre a cucinare la torta, che la ragazza preferiva a quelle comprate in pasticceria.
Al suo ultimo compleanno, ricordava che, mentre la mamma era intenta ad infornare la torta, sua sorella era spuntata in cucina e aveva esclamato:
"Perché non gliel'hai fatta a forma di tette?"
La madre si era girata di scatto e aveva riservato alla figlia più grande un'occhiataccia talmente gelida che il sorriso di Andrea si era spento all'improvviso. Quando il padre, però, anch'egli seduto in cucina intento a leggere qualcosa sul tablet, senza neanche alzare lo sguardo dal dispositivo aveva detto serio quella gliela facciamo per l'addio al nubilato, Andrea era scoppiata a ridere, contagiando anche Valeria.
Il dieci agosto Andrea compiva gli anni. L'anno precedente però, per qualche motivo, la ragazza aveva deciso di limitare i festeggiamenti. La sua unica richiesta era stata di passare una giornata a mare con la sorella e fare una cena casalinga insieme alla famiglia e al fidanzato. Valeria, appena sveglia quella mattina, esattamente ad un anno da quella giornata, si era domandata se la sorella avrebbe fatto qualcosa di diverso se avesse saputo che quello sarebbe stato il suo ultimo compleanno.
Era la prima volta che Valeria faceva un pensiero del genere; dalla morte di Andrea, infatti, avvenuta circa tre mesi prima, aveva fatto di tutto per censurare ogni pensiero e ogni argomento che la riguardasse. Valeria si era concessa di piangere solo quando aveva appreso la brutta notizia, il giorno del funerale in chiesa aveva rifiutato gli abbracci del padre e aveva trascorso la funzione fissando sempre lo stesso punto per evitare di fare cadere lo sguardo sulla bara che era accanto. Quando la funzione era finita, la ragazza, con la complicità di Laura, era fuggita via evitando le persone che volevano darle le condoglianze e si era rifugiata a casa dell'amica, evitando perfino di andare al cimitero. Se ci fosse andata, infatti, avrebbe dovuto ammettere che la sorella non c'era più e lei non era ancora pronta. E non lo era tutt'ora; ed era il motivo per cui aveva deciso di intraprendere quella vacanza, nonostante fosse stata proprio Andrea ad organizzarla, partire le aveva permesso di fuggire dagli ambienti e dalle persone che continuavano a ricordargliela. Non aveva detto a nessuno di avere una sorella, l'aveva nominata solo con Ornella , solo perché con lei era facile abbassare la guardia ed era stata grata alla ragazza per aver intuito che non era il caso di fare altre domande. Fare finta di niente, a lungo termine, non era una strategia vincente, ne era consapevole, e quel giorno, dove tutti si stavano mettendo d'impegno per minare i suoi propositi, ne era la prova.
Valeria era stata riluttante ad accettare l'invito di Chiara di fare colazione assieme, e aveva accettato solo quando era stata Ornella a scriverle, non solo perché non voleva deludere la ragazza, ma anche perché se fosse rimasta a casa da sola sarebbe impazzita.
Uscire di casa non aveva funzionato, però. Sua madre era diventata fastidiosamente insistente e suo padre le aveva dato manforte. Quando, però, aveva visto il nome di Andrea apparire sullo display per poco non aveva perso il controllo.
Fortunatamente, Valeria era riuscita a rimanere composta mentre usciva dal bar, ma appena fu lontana da occhi indiscreti e soprattutto da Ornella, si nascose in un vicolo, si attaccò spalle al muro e si sedette al suolo, per riprendere fiato.
Chi diamine poteva chiamarla con il numero della sorella morta, il giorno del suo compleanno?
La risposta era banale, ed era la persona che aveva il suo cellulare, Ricky, il fidanzato di Andrea.
"Che diamine di salta in mente?" disse Valeria appena fu in grado di telefonare.
"Perdonami Vale," il ragazzo sembrava costernato "non ci ho pensato, ho perso il tuo numero, volevo sentirti e ho pensato di recuperarlo dal cellulare di Andrea, non volendo mi è partita la chiamata."
"Sei un coglione, Riccardo."
Valeria sapeva che chiamarlo con il suo nome completo per il ragazzo superava di gran lungo il coglione, come insulto.
"Volevo sapere come stavi, soprattutto oggi."
Eccolo lì un altro che ci teneva a ricordarle che giorno fosse. Valeria noncurante del fatto che la telefonata di Ricky poteva avere un duplice scopo, ossia non solo quella di sentire come stava ma anche di parlare in po' con qualcuno che poteva capirlo, sbottò:
"Sto di merda e grazie alla tua svista sto ancora peggio. Buona giornata."
Valeria chiuse brusca la chiamata. Si sarebbe pentita in seguito, ma in quel momento non le importava.
Ora aveva solo bisogno di tornare a casa, sprofondare sul divano e rincoglionirsi davanti alla tv. Ed è quello che fece. Scelse un reality dove le coppie mettevano alla prova la solidità della loro relazione facendosi le corna a vicenda e guardò una stagione di fila.
Poco male se chiuse gli occhi un paio di volte, tanto quando li aveva riaperti i concorrenti erano sempre lì a dire le stesse stupidaggini.
Non si prese neanche la briga di mettere sotto carica il telefono, pur sapendo che sua madre si sarebbe arrabbiata in seguito perché aveva trovato il telefono spento.
Erano quasi le tre quando senti suonare alla porta. Doveva essere la signora Rosa dell'appartamento di fronte. Ogni tanto la donna la invitava per un caffè o per farle assaggiare un dolce. Quel giorno, però, Valeria, di fare quattro chiachiere non aveva voglia.
La signora Rosa era una donna simpatica sulla settantina e non molto insistente, perciò quando la ragazza sentì suonare una seconda volta, si stupì e le venne il dubbio che si potesse trattare di qualcun altro. Magari il tizio che le aveva affittato l'appartamento e che viveva al piano di sopra. Al diavolo anche lui, qualsiasi cosa volesse poteva aspettare il giorno dopo, ma poi Valeria sentì una voce familiare dire.
"Vale, ci sei?"
Era Ornella. La gran voglia che Valeria aveva avuto di rimanere sola, svanì appena sentì la voce della ragazza.
"Se vuoi vado via subito, ma ti prego apri un attimo, vorrei sapere se stai bene."
Non se lo fece ripetere un'altra volta e aprì la porta.
Ornella sembrava impacciata e sorrise timidamente quando disse:
"Ho provato a chiamarti, ma il telefono è irraggiungibile."
Valeria le fece segno di entrare.
"Si è scaricato, scusa."
"No, non ti scusare," disse la ragazza mentre la seguiva in salotto " anzi sono io che devo scusarmi per essere piombata qui, solo che ero preoccupata per te."
"Non dovevi, sto bene, è solo una giornata particolare tutto qui." Mentre si sedeva con le gambe raccolte ebbe l'accortezza di non guardare Ornella negli occhi, perché altrimenti sarebbe stata scoperta a mentire.
Anche Ornella prese posto sul divano, rivolta verso di lei, con un un braccio appoggiato sullo schienale e una gamba piegata sotto il sedere.
"Solo?" disse mettendo una mano sul suo ginocchio "Vale, sei fuggita via stamattina. È ovvio che sei turbata per qualcosa. Se non ne vuoi parlare va bene, ma voglio farti sapere che con me puoi."
Poteva, Valeria lo sapeva, la domanda era, però, lo voleva?
"Non c'è niente di cui parlare, problemi di famiglia. Lo sai anche tu come sono le famiglie, o no?"
"Se non vuoi parlare va bene, ma non minimizzare. Qualsiasi cosa sia è importante se ti fa stare così."
"Ornella, ti ho detto che non è niente!" Valeria aveva scansato bruscamente la mano della ragazza, la quale ora sembrava delusa.
"Scusa, non dovevo insistere, mi dispiace.  Adesso ti lascio sola, chiamami più tardi se ti va. Va bene anche un messaggio per dirmi che stai bene."
Valeria rimase rannicchiata sul divano mentre guardava Ornella sparire nel corridoio. I muri che aveva issato intorno a sé, già crepati da quella mattina, adesso con la sua sola presenza stavano cadendo.
"Aspetta!" le gridò quando sentì la serratura della porta d'ingresso scattare.
Le corse dietro, la trovò con la mano sulla maniglia e la porta dischiusa.
"Dimmi." disse dolcemente.
Valeria non riuscì a rispondere, ma fece uno scatto verso di lei e non le diede neanche il tempo di capire che cosa stava succedendo, che già la stava stringendo a sé. Non ci volle molto affinché Ornella la stringesse a sua volta, e quando lo fece , Valeria le sussurrò nell'orecchio:
"Non andare, ti prego!"
Ornella aveva obbedito alla richiesta implicita di Valeria di non chiedere nulla e da dieci minuti le ragazze erano sdraiate sul letto.
Valeria, appoggiata sul petto di Ornella si stava godendo le sue carezze e sarebbe rimasta per ore in quella posizione. Sapeva però che doveva, anzi voleva, dare una seppur minima spiegazione per essere fuggita via quella mattina.
Si mise seduta e di riflesso lo fece anche Ornella.
"Non devi dirmi niente se non vuoi?" disse quest'ultima.
"Voglio."
"Allora, ti ascolto."
Valeria sorrise perché senza rendersene conto, Ornella aveva dato la stessa risposta che qualche giorno prima si era sentita dire da lei.
"La prima volta che ci siamo viste mi hai chiesto perché ero venuta in vacanza da sola, e io ti ho detto che avevo deciso all'ultimo e che nessuno poteva accompagnarmi. In realtà c'era qualcuno che doveva accompagnarmi."
"Andrea?"
Annuì. Non era stupita del fatto che la ragazza avesse indovinato. Era sicura infatti che quella mattina avesse sbirciato il suo cellulare.
"Ultimamente io e mia sorella non ci vedevamo molto. Io vivevo nell'alloggio universitario la maggior parte del tempo e lei si era trasferita a casa del ragazzo. Così quando il trenta aprile di quest'anno sono tornata a casa perché per tutta la settimana non ci sarebbero state lezioni, Andrea decise dopo il lavoro sarebbe passata a prendermi e saremmo andate a cena fuori, solo io e lei, e avrebbe dormito a casa, così avremmo potuto passare il primo maggio assieme. Avevamo appuntamento sotto casa alle sette e trenta e un quarto d'ora prima, mi scrisse che era appena uscita dall'ufficio e che stava arrivando. Mi chiese di farmi trovare già sotto altrimenti mamma l'avrebbe sommersa di chiacchiere facendoci perdere tempo. Non è mai arrivata, però; dopo averla aspettata mezz'ora, sono risalita a casa, ho trovato mio padre al telefono con la polizia."
Valeria si interruppe e sentì Ornella emettere un leggero sospiro, forse in anticipazione di quello che stava per sentire.
"Aveva percorso con motorino appena cento metri dall'ufficio, quando un'auto all'incrocio non si è fermata allo stop e l'ha travolta. È morta sul colpo, pochi minuti dopo aver scritto che stava per arrivare."
Valeria alzò lo sguardo verso Ornella che la fissava, notò che aveva gli occhi lucidi.
"Non qui...."mormorò la ragazza "quando ti ho chiesto dove fosse tua sorella hai detto che non era qui, adesso ha senso."
"Il fatto è che ho fatto di tutto per non pensare a lei in questi mesi, è per questo che sono venuta qui da sola, perché non c'era nessuno che mi parlava di lei, e, a parte te, nessuno sa che avevo una sorella."
Ornella avanzò con il bacino verso Valeria, allargò le proprie gambe e facendo in modo che prendesse posto in mezzo a ad esse, mentre con la punta delle dita cominciò ad accarezzarle il braccio.
" E Oggi? Che giorno è?"
"Il suo compleanno. Oggi fa...avrebbe fatto ventiquattro anni."
"La chiamata di stamattina, invece?"
Valeria sbuffò facendo pensare erroneamente ad Ornella di essere infastidita a causa sua.
"Riccardo, il ragazzo di mia sorella," spiegò "ha tenuto il suo telefono, quell' idiota ha fatto partire una chiamata da quel numero. E quando ho visto il suo nome apparire sul display, per un fottuto attimo, Ornella, ho creduto che fosse lei veramente, che la sua morte fosse stata un'incubo e ed è stato un momento bellissimo perché per un attimo solo mia sorella c'era ancora...."
Valeria non ne poté più e forse perché, finalmente, per la prima volta dopo tanto tempo era riuscita ad aprirsi, scoppiò in lacrime.
Ornella la fece appoggiare a sé e le circondò la schiena con le braccia. Valeria con il volto nascosto nella sua spalla, pianse tutte quelle lacrime che non aveva osato versare per mesi. Il dolore che adesso stava provando sembrava insopportabile, ma sentire le braccia di Ornella che la stringevano a sé la confortava.
Rimasero così per un po', Ornella non diceva niente, l'unica cosa che aveva fatto oltre a stringere Valeria, fu quella ogni tanto di darle un bacio sulla testa. Valeria le fu grata per il silenzio, perché le parole non erano quello di cui aveva bisogno.
La ragazza osò parlare solo quando i singhiozzi si furono calmati.
"Ti va se ci mettiamo più comode?" disse sussurrando.
Valeria annuì e permise ad Ornella di staccarsi. Le due si sdraiarono su un fianco una di fronte all'altra. Di nuovo Ornella strinse Valeria a sé, in modo tale che avesse la faccia affondata sul proprio petto e le labbra posate sulla sua fronte. Sentendosi al sicuro e coccolata, Valeria, presto, si addormentò.
Aprì gli occhi che il sole stava ormai tramontando e quando realizzò di essere sola, si sentì delusa, come la mattina che non aveva trovato Ornella dopo aver fatto l'amore. Doveva essere tornata a casa, ma stavolta non avrebbe fatto l'errore di non farsi sentire. Si alzò con l'intento di recuperare il cellulare dal salotto , ma il fracasso improvviso proveniente dalla cucina attirò la sua attenzione.
Valeria corse in cucina e trovò Ornella chinata sul pavimento a raccogliere delle padelle.
"Non arrivavo allo stipo, mi sono messa sulle punte, ma non è stato sufficiente e mi sono scivolate dalle mani."
Ornella, con espressione mortificata, si stava alzando in piedi e poggiò le padelle sul piano da lavoro della cucina.
"Scusa se ti ho svegliata." aggiunse poi e a Valeria venne da sorridere perché trovava tenero che fosse in imbarazzo.
"Tranquilla, mi ero svegliata poco prima. Che stai preparando?"
"Ho visto che avevi delle uova in frigo. Così ho pensato di fare una frittata per cena."
Solo adesso, Valeria notava che affianco al piano cottura, c'era una ciotola in ceramica con dentro le uova sbattute.
"Ho fatto qualcosa di male?" chiese Ornella, allarmata, evidentemente, dalla sua fronte aggrottata.
"Hai ragione non dovevo permettermi di cucinare senza chiedertelo, mi sono praticamente auto invitata a cena, se vuoi vado via..."
"Nonono." la fermò, Valeria sorridendo divertita "Non si tratta di questo."
Ornella ora la guardava confusa.
"È che quelle uova non le ho comprate io, erano già nel frigo quando sono arrivata."
La ragazza si voltò la ciotola con aria disgustata.
"Oddio, che schifo! Perché non le hai buttate? "
Valeria scoppiò a ridere, mentre Ornella, con una smorfia, buttava il composto nel lavandino.
"Volevo fare una cosa carina e cucinare per te."
Valeria intenerita cercò di rimediare.
"Possiamo cucinare qualcos'altro. Non ho molto nel frigo, ma la signora di fronte l'altra volta mi ha offerto dei pomodori. Dice che glieli ha portati una amica che li coltiva nel suo giardino, posso chiederglieli di nuovo. Però, sappi però che non sono molto valida come sous chef."
"Immaginavo, ti ricordo che ho avuto il piacere di assaggiare la tua cucina qualche sera fa."
"Beh almeno il dolce quella sera è stato buono." disse allusiva mentre la faccia di Ornella prendeva fuoco.
"Scusa, ho esagerato."
"No, tranquilla."
Ornella aveva ripreso il solito colorito ma teneva ancora lo sguardo basso.
Valeria, allora, le mise due dita sotto il mento e le sollevò il volto.
"Continui a vergognarti davanti a me. Te l'ho già detto, non devi."
La ragazza sorrise timidamente e  Valeria, prima di lasciarla, le diede un piccolo bacio sulla punta del naso.
Recuperato il necessario dalla signora Rosa, le ragazze si misero a cucinare.
Valeria, mentre metteva sul fuoco una pentola con l'acqua, chiese:
"Che hai fatto tutto il pomeriggio? Non mi avrai guardato dormire tutto il tempo? Ti sarai annoiata."
"Primo" rispose Ornella mentre preparava una padella con dell'olio "sei molto carina quando dormi, secondo, mi sono addormentata poco dopo. Mi sono svegliata, solo, quando Chiara mi ha chiamato. Voleva sapere che facciamo stasera."
"Me n'ero scordata?"
"Le ho detto che ti sentivi poco bene e che ero venuta a farti compagnia. E che nel caso ti fossi sentita meglio li avremmo raggiunti."
Valeria non aveva molta voglia di uscire, ma non voleva rovinare la serata ad Ornella.
"È che a me non va molto di uscire" disse "però dopo cena tu potresti raggiungerli."
"Mmm, non so."
"Non ti va?"
Ornella, dando le spalle al piano cottura, appoggiò i fianchi su di esso, posizionandosi affianco a Valeria che, lenta, ora stava ancora tagliando i pomodori.
"È che mi va di stare con te, ovviamente se tu vuoi. Se poi vuoi restare sola lo capisco."
"No, no" la interruppe Valeria girandosi verso la ragazza "è che non ti voglio trattenere."
"Non lo fai."
"E le stelle cadenti?"
"Ne farò a meno."
"Grazie." disse guardandola  intensamente negli occhi.
"Figurati, si dice che in realtà non se ne vedono tante durante la notte di San Lorenzo."
"No, intendevo per oggi pomeriggio. Grazie di essere venuta e per esserti fermata."
Ornella posò una mano sulla guancia di Valeria.
"Prego." sussurrò prima di darle un bacio sulle labbra.
Se il cellulare di Ornella non avesse suonato, difficilmente quel bacio si sarebbe raffreddato da solo.
Poco dopo Valeria, sapendo di essere più di intralcio che di aiuto, si era spostata in salotto.
"Che vuoi guardare?" gridò ad Ornella rimasta in cucina.
La testa della ragazza spuntò dalla cucina.
"Quello che vuoi."
Valeria, però, di vedere un film non aveva voglia e quando aveva detto che non le andava molto di uscire, quello che intendeva era che non le andava di vedere gli altri.
Ebbe un'idea, ma prima di esporla ad Ornella doveva capire se era fattibile.
"Torno subito." disse e senza dare il tempo alla ragazza di fare domande, uscì di casa.
Salì al piano superiore e suonò il campanello dell'appartamento direttamente sopra il suo.
"Valeria, tutto bene?" chiese Giovanni, il padrone di casa.
"Sì tutto bene, mi dispiace disturbarla a quest'ora. Ma volevo chiederle un favore."
"Tranquilla, non ci eravamo ancora messi a tavola, dimmi, di che hai bisogno?"
"Si ricorda che mi ha detto che se avessi voluto usare il terrazzo per stendere avrei potuto."
"Sì, certo. Anzi se vuoi una mano per stendere i fili sono un po' alti..."
"No, non è di questo che si tratta . Ecco io volevo chiederle se è posso usare il terrazzo per qualche ora."
L'uomo incrociò le braccia e la scrutò con aria sospettosa.
"Non vorrai dare una festa?"
"Niente del genere. Siamo solo due, volevo fare una sorta di Pic nic."
L'espressione dell'uomo mutò in una sorniona.
"Aaaah, un appuntamento."
"Qualcosa del genere." rispose Valeria piuttosto imbarazzata.
Poi aggiunse:
"Le prometto che non lascerò niente in giro..."
Le promesse però furono interrotte da una voce femminile fuori campo.
"Oggi è San Lorenzo, caro."
Una donna bassina dai lineamenti dolci si avvicinò alla porta.
"La signorina vorrà portare qualcuno a vedere le stelle."
Ora i due coniugi si guardavano con aria complice, e anche se erano chiaramente propensi a dirle di sì ,Valeria si sentì un po' a disagio.
L'uomo tirò fuori da un cassettino di un mobile posto all'ingresso un mazzo di chiavi.
"Ecco a te, puoi restituirmele domani."
"Grazie mille e scusate per il disturbo."
Valeria si girò per andarsene
"Aspetta." La signora la fermò prima di sparire in cucina e tornare dopo pochi secondi.
"Ecco a te." disse porgendole delle candele.
"Sopra è buio, ideale per vedere le stelle, ma queste potrebbero esserti utili. Inoltre, creeranno l'atmosfera giusta."
Valeria, trattandosi di una cosa improvvisata, aveva pensato di usare le torce dei telefoni, ma così era molto meglio. La signora poteva essere benissimo un cupido in incognito.
Quando Valeria rientrò a casa, Ornella confusa chiese:
"Dove sei stata?"
"Dal padrone di casa. Mi servivano delle chiavi. Hai già apparecchiato la tavola?"
"Non proprio."
"Bene non farlo." disse enigmatica
"E quelle?" chiese Ornella indicando le candele.
"Un regalo di sua moglie."
"E che ci devi fare?"
"Vedrai. Nel frattempo puoi mettere la pasta in un contenitore? Ci deve essere una ciotola capiente sopra il lavello."
Valeria non diede modo ad Ornella di ribattere, perché lasciò la cucina.
Prese una coperta dalla camera da letto e dal salotto, i cuscini del divano.
Sgattaiolò di nuovo fuori dall'appartamento e salì in terrazza.
Era un ambiente carino, pieno di piante e soprattutto da lì non si sentivano i rumori della strada. Posiziono coperte e cuscini al meglio, che circondò con le candele ancora spente.
Ritornò a casa e trovò Ornella intenta a eseguire le istruzioni che le erano state date.
"Mi spieghi perché non mi hai fatto mettere la pasta direttamente nei piatti?" chiese mentre indicava la ciotola fumante.
"Perché è più facile trasportarla." rispose Valeria come se fosse scontato.
Nel frattempo stava prendendo tutto il necessario tra piatti e posate.
"Trasportarla dove?"
"In terrazza."
"E che andiamo a fare in terrazzo?" chiese Ornella, la quale però stava sorridendo.
Valeria si fermò, le diede un bacio a stampo sulle labbra e disse:
"Semplice. Andiamo a vedere le stelle."

Se mi innamoro sotto le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora