Capitolo Ventisette

295 22 3
                                    

Valeria scambiò la calma di Carla per noncuranza e, inizialmente, ne rimase infastidita. Subito dopo, però si rese conto, che il fastidio che stava provando era causato più dalla propria impazienza  che dall'atteggiamento della sua interlocutrice, la quale, se era sembrata fin troppo tranquilla era forse perché in quel momento era la più razionale, nonostante non sembrasse sapere molte cose.
Carla, durante la telefonata che aveva svegliato Valeria quella mattina, le aveva raccontato che Paola, allarmata da un messaggio di Ornella, l'aveva contattata. Carla allora si era attaccata al telefono per rintracciare Agata. Ovviamente non aveva ricevuto una risposta immediata e la donna aveva dovuto fare numerosi tentativi prima che la cognata alla fine, molto probabilmente esasperata, rispondesse al cellulare quella sera.
"Quella rincoglionita della madre di mia nipote, " stava dicendo adesso, senza preoccuparsi di nascondere il disprezzo " ha pensato che potesse farle bene passare un po' di tempo in ritiro spirituale, parole sue."
Ritiro, rifletté Valeria, è quando una persona decide di isolarsi di sua spontanea volontà, se ti costringe qualcuno è prigionia. Tenne, però, questo drammatico pensiero per sé, e lasciò che Carla concludesse:
"Ti avrei chiamato subito, ieri sera, ma ho pensato di lasciarti dormire tranquilla e di darti oggi questa informazione."
Valeria non poteva biasimarla per averla protetta.
"Ho dormito male comunque, Carla, visto che Ornella non ha risposto al cellulare. Ma ora almeno, so il perché."
"Mia cognata non è pazza, non credo che abbia esposto Ornella a chissà quale pericolo. Sappi però che, ho tutte le intenzioni di provare a farla ragionare, promesso, e, forse, ho un asso nella manica...."
Carla non rivelò altro e Valeria, anche se era curiosa di sapere che cosa aveva in serbo la donna, non chiese nulla. Le bastava la promessa fatta, come l'avrebbe mantenuta non era importante.
Valeria, nonostante le rassicurazioni, però, continuava a sentirsi inquieta. Fortunatamente, aveva potuto contare su Laura, la quale si era presentata a casa sua quella sera aveva rinunciato ad uscire per fare  compagnia all'amica che di andare a bere qualcosa con le altre, invece,  non aveva proprio voglia. La compagnia di Laura, non era del tutto gratuita, però. Valeria, infatti, si era dovuta sorbire le sue prese in giro, la ragazza era infatti cinica quando si trattava di sentimenti e non perdeva occasione di sottolineare quanto l'amica fosse cotta a puntino.  Nonostante le battutine, o forse proprio per quelle, la presenza di Laura era stata confortante a tal punto che, appena fu andata via, verso circa mezzanotte, Valeria riuscì ad addormentarsi senza problemi. Stanca per non aver dormito la notte precedente, la ragazza fece tutta una tirata fino alla mattina successiva;  fu la madre a svegliarla, verso le dieci, per ricordarle che forse era meglio alzarsi e mettersi a studiare. La donna era stata magnanima in realtà, le aveva concesso un'ora in più di sonno, ma da quando era tornata a casa, Valeria aveva l'impressione che fosse più indulgente nei suoi confronti.
La giornata passò come quella precente. Lo studio fu piuttosto inconcludente, nonostante Valeria avesse imposto a sé stessa di rimanere seduta alla scrivania ad ogni costo, e verso le sei del pomeriggio, quando ormai erano una trentina di minuti che leggeva la stessa pagina, si concesse un caffè con Laura e un'altra amica. Tornata a casa cenò con i suoi e dopo cena decise di unirsi a loro in salotto per guardare la televisione.
"Guardiamo un film?" propose la madre, mentre prendeva posto vicino al marito.
"Ma se ti addormenti dopo venti minuti, Betta."
Sua madre sbuffò, mentre dava un pizzicotto al marito. Odiava infatti essere chiamata Betta. Preferiva infatti che la si chiamasse per intero, Elisabetta, o al massimo Eli. E il marito lo sapeva benissimo.
"Francesco, ti prego! Lo sai che lo odio. Mia nonna mi chiamava così, non lo sopportavo."
L'uomo rideva mentre, per farsi perdonare cercava di dare un bacio alla moglie, che però si negava.
Valeria stava guardando divertita quella scena dalla poltrona, di sbieco, con la schiena appoggiata su un bracciolo e le gambe sull'altro.
"Che vuoi vedere?" chiese serio Francesco alla moglie, dopo che ebbe ottenuto il suo bacio.
"Perché non guardiamo La vita di Adele? Che ne dici, Valeria?" propose Elisabetta.
Valeria, stupita, si mise dritta, mentre suo padre ignaro di che film fosse, stava cercando il titolo sul catalogo.
"Non se ne parla!" esclamò ridacchiando.
"Perché no? È una storia d'amore!" disse la madre, la quale doveva aver fatto una ricerca su Google di recente.
"Sì, tra ragazze."
"Lo so, Valeria, è per questo che voglio vederlo."
Valeria ne fu commossa. La donna ci stava provando davvero ad avvicinarsi alla figlia, ma quello non era esattamente il film adatto, e non sapeva come spiegare alla madre il motivo per cui non l'avrebbe visto con loro. Probabilmente mai. Non era abbastanza evoluta per guardare insieme ai suoi, un film che aveva delle scene esplicite di sesso. Soprattutto se si trattava di sesso tra donne.
"Innanzitutto, l'ho già visto e trovo che sia sopravvalutato come film." cominciò prendendola larga.
"Non ti è piaciuto? Ho letto che è famoso." ribatté la madre, confermando la teoria che aveva fatto sul serio una ricerca.
"È francese," si intromise il padre, che stava trafficando con il telecomando "non so se mi va di vedere un film francese."
Valeria si appigliò alle parole del genitore per sostenere la sua tesi:
"Esatto, magari vediamo qualcosa di più leggero."
"Mmm, ero curiosa di vederlo, ma se non vi va vediamo qualcos'altro."
Elisabetta sembrava piuttosto delusa e questo doveva aver smosso il marito che forse aveva capito che la moglie non era interessata tanto al film in sé quanto a cercare un punto di contatto con la figlia.
"Tesoro, se ci tieni lo vediamo."
"Non credo sia il caso." ribadì Valeria, brusca.
La ragazza vide il padre girarsi verso di lei e farsi serio.
"Senti, Valeria, capisco che tua madre non è sempre stata aperta sull'argomento. Ma so che avete parlato e ti ha dimostrato di essere disposta al dialogo e all'ascolto. Sta cercando di fare un passo verso di te, non capisco perché ti stai impuntando così."
Il padre aveva frainteso l'origine della sua reticenza.
"Papà, apprezzo sul serio la mamma, solo che non credo che questo sia un film da vedere...diciamo assieme."
Francesco, colto da un'improvvisa intuizione, scoppiò a ridere, mentre Elisabetta accanto a lui lo guardava incuriosita.
"Mi sfugge qualcosa?"
"Tesoro, mi sa che è meglio cambiare film."
Elisabetta vedendo che la figlia si stava massaggiando la fronte con aria imbarazzata, finalmente recepì il messaggio.
"Ooooh, non avrò per caso scelto un film un po'...spinto?"
Valeria annuì.
"Diciamo che se lo volete vedere io me ne vado a letto, mamma."
"Anch'io." disse Francesco.
"Taci, tu!" disse Elisabetta voltandosi verso il marito "capisco che lei sia imbarazzata, ma non capisco perché tu faccia tanto il puritano. Tua figlia è adulta, non te lo dimenticare. Certe cose le fa."
"Oddio..." disse Valeria, affondando il volto nelle mani.
"Hai bevuto, amore?"
Francesco, ridendo, diede una piccola spinta alla moglie.
"Certo che no! Ok, cambiamo film, ma lo vedrò prima o poi e tu..." Elisabetta puntò il dito contro il marito "lo guarderai anche tu, magari impari qualcosa."
"Mamma!"
Valeria credeva adesso di essere diventata rossa fino alla punta dei capelli mentre suo padre rideva sguaiatamente.
Quella scenetta familiare insolita, le fece dimenticare le recenti preoccupazioni e addirittura non controllava il cellulare da prima di cena. Sentirlo squillare, perciò, fu un brusco ritorno alla realtà.
Si precipitò in camera, da dove arrivava il trillo, sotto lo sguardo attonito dei suoi genitori.
"Valeria scherzavo, vieni qui..." sentì dire a sua madre, che non aveva capito perché la figlia fosse scappata in quel modo.
Nella fretta Valeria sbatté la gamba contro il mobiletto posto in corridoio, ma quando lesse il nome di Carla sul display si disse che aveva avuto ragione di correre.
"Carla, ci sono novità?" rispose trafelata mentre di massaggiava la gamba.
"Sì, o meglio non proprio. Ornella è riuscita a chiamarmi, stanotte. Solo che non ha fatto in tempo a dirmi dove si trovava perché qualcuno deve aver interrotto la comunicazione."
"Eh?!"
"Credo che non abbia il permesso di usare il telefono, Valeria; ho richiamato quel numero, ma mi hanno detto che non potevo parlare con Ornella. Ogni volta che chiamavo mi hanno propinato una scusa diversa."
"Credi ancora che non sia in pericolo?" chiese Valeria ricordando l'ottimismo di Carla del giorno prima.
La donna dall'altro capo del telefono sbuffò, perplessa.
"Non credo che sia in pericolo in senso stretto. Credo che Agata l'abbia spedita in qualche comunità sperduta, di quelle che si fanno il burro da sole e che non corra alcun rischio. Solo che mi ha chiesto di andarla a prendere e ho intenzione di farlo. Devo solo scoprire dov'è."
"Hai cercato il numero su Internet?"
"Sì, l'ho fatto per tutta la mattina, ma non ho trovato niente, nessun indirizzo, nessun istituto collegato al numero. Magari è una linea nuova e Ornella non ha fatto in tempo a dirmi il nome dell'istituto."
"E adesso?"
"Adesso, niente. Domani prenderò l'aereo e andrò a casa di Ornella."
"Perché non oggi?" chiese Valeria un po' troppo brusca.
"Perché sto aspettando qualcuno."
Valeria si ricordò che Carla il giorno prima le aveva detto che aveva un asso nella manica e colta da un'intuizione chiese:
"Hai chiamato suo padre?"
"Esatto. Agata è una persona molto cocciuta alle volte e c'è una sola persona capace di farla ragionare, e quella persona purtroppo è mio fratello. Ora, non è da escludere che abbia perso lo charme che esercitava sulla moglie, visto che è sparito per sei anni, tuttavia ho pensato che valesse la pena avere man forte e sta tornando in Italia. Il giorno dopo la partenza di Ornella gli ho scritto per spiegargli la situazione e quando gli ho detto che Agata l'aveva mandata via, lui ha accettato di ritornare. Spero solo che Ornella non si arrabbi, non so che sentimenti provi adesso per il padre. Ma non mi importa, è sua figlia e deve aiutarla che lei lo voglia o no."
Valeria credeva che quell'ultima frase, Carla l'avesse detta ad alta voce più che altro per convicere sé stessa, e cercò di tranquillizzarla.
"Penso che puoi stare tranquilla, non si arrabbierà. Al di là del fatto che lo hai fatto per aiutarla, e lo capirà, credo che abbia bisogno di comunicare con il padre, a prescindere se lo perdonerà o meno. Deve mettere un punto."
"Mi sa che hai ragione...."
Ci fu una pausa piuttosto lunga prima che Valeria trovasse il coraggio di dire:
"Senti, non so se è appropriato o meno e so che sono cose di famiglia, ma vorrei venire con voi. Non l'ho potuta salutare, perciò, ecco...ci terrei a vederla."
"Sì, certo, che puoi venire anche tu. Atterreremo a Torino nel primo pomeriggio, poi ci spostiamo da lì, saremo da Agata in poche ore. Perciò possiamo vederci in stazione, ma non dovresti avere difficoltà a raggiungerci. Mi ha detto Ornella che abiti a Milano."
"In realtà a Milano studio, ma io sono a casa mia, appena fuori città. Promesso però che non ci impegherò molto a raggiungervi. Con il treno è un attimo." si affrettò a dire Valeria.
"Non mi devi convicere," ridacchiò Carla "ti ho già detto di sì. Inoltre, data la situazione le farà bene vederti."
Dopo aver ringraziato Carla, Valeria chiuse la telefonata e cominciò prematuramente a prepararsi per il giorno dopo. L'impazienza, però, era tanta.
Elisabetta, molto probabilmente non vedendo la figlia tornare in salotto, la raggiunse nella sua camera e la trovò che sistemava un paio di cambi dentro uno zaino da viaggio.
"Ehm, dove stai andando?" chiese confusa.
"Domani andrò da Ornella assieme a Carla."
"Ah."
"Lo so quello che stai per dire," disse Valeria interrompendo quello che stava facendo e girandosi verso la madre "che non dovrei essere così impulsiva, come quando ho preso l'auto e me ne sono andata in Sicilia avvertendovi solo all'ultimo, che dovrei studiare per l'appello di settembre, di non preoccuparmi che Ornella è in buone mani con la zia, quindi dovrei badare alle mie cose, solo che non ce la faccio. Questa storia mi ha turbato e vorrei andare a vedere di persona se Ornella sta bene. Quindi ti prego non mi rimproverare."
Valeria a discorso concluso si rese conto che sua madre ci era rimasta male per quella supplica, ma la donna non disse nulla in proposito.
"Non ti stavo per dire nulla del genere, tesoro. Ero solo sorpresa tutto qui. Inoltre, mi piace averti a casa, ma tra poco le vacanze finiranno, è a questo che pensavo quando ho detto ah."
"Mi dispiace."
La madre sorrise.
"Non voglio farti sentire in colpa, stupida, era per farti sapere come mi sento. Ma è bello vedere che tieni tanto a qualcuno da mettere da parte te stessa."
"Hai visto mia madre per caso?" chiese Valeria sarcastica.
Elisabetta ridacchiò a quella battuta e abbassò lo sguardo con aria un po' colpevole, e Valeria pensò che forse aveva esagerato.
"Scherzo, mamma" disse avvicinandosi a lei e abbracciandola subito dopo "grazie."
"Due abbracci in pochi giorni, Valeria, hai visto per caso mia figlia?"
"Se vuoi smetto."
"No, no mi piace." disse sua madre stingendola di più.
Il giorno successivo, Valeria prese il treno che l'avrebbe e portata più vicina ad Ornella, anche se non sapeva di quanto. Per eccesso di zelo, arrivò alla stazione di Torino prima di quanto avrebbe dovuto, e finì per attendere Carla e suo fratello nel piazzale della stazione per più di un'ora.
Il telefono di Valeria squillò verso le sedici, mentre finiva il panino che sua madre aveva insistito affinché si portasse, nonostante avesse pranzato. E Valeria un po' per noia e un po' per il nervosismo, aveva finito per mangiarlo.
"Siete arrivati?"
"Girati." ordinò Carla.
Valeria ubbidì.
"Un altro po'...ecco, mi vedi adesso? Sto agitando la mano."
"Sì, arrivo."
Valeria raggiunse la donna dall'altra parte del piazzale e pensò due cose. La prima era che Carla doveva avere più di dieci decimi di vista se era riuscita a vederla da laggiù, la seconda era che non tirava una bella aria.
Nonostante Carla non avesse battuto ciglio nel chiamare il fratello in suo aiuto, non sembrava contenta di vederlo.
"Non dovevamo prendere il treno?" chiese Valeria notando un BMW che aveva l'aria di essere molto costoso.
"No, perché mio fratello in Costa Rica guida una bicletta."
"Non so cosa voglia dire."
Valeria era confusa. Fortunatamente l'uomo le venne in aiuto.
"Lasciala stare, è il suo modo per dire che le fa piacere vedermi."
Poi allungò la mano verso Valeria.
"Piacere, Marcello."
La ragazza ricambiò la stretta di mano
"Valeria, piacere."
Scrutò l'uomo per qualche secondo. Notò che i capelli erano uguali a quelli della figlia, mossi e castani. Padre e figlia avevano gli stessi occhi tondi e grandi, solo che quelli di Marcello erano azzurri come quelli di Carla. La cosa però che colpì Valeria era che Marcello ed Ornella avevano lo stesso sorriso. E solo per questo un po' le piaceva.
"Per rispondere alla tua domanda, Valeria" disse Marcello " ho pensato che un' auto ci servisse, così ne ho noleggiata una."
"Ma non un auto qualsiasi..." commentò sarcastica la sorella facendo capire alla ragazza che la donna aveva un problema con il modello dell'auto più che con l'auto in sé. O forse, era solo un pretesto per avercela con il fratello.
Marcello, però, la ignorò e disse:
"Dovremmo essere a destinazione verso le diciannove circa." Poi si girò verso la sorella che stava per aggiungere qualcosa e disse: "Il modello dell'auto non influisce affatto sulla tabella di marcia, Carla. Niente battute."
Carla si rassegnò e dopo che Valeria ebbe sistemato lo zaino, salirono tutti e tre in auto.
Valeria, per il momento, aveva solo tre informazioni riguardo a Marcello: aveva lo stesso bellissimo sorriso della figlia, abitava in Costa Rica e gli piacevano le auto costose. Per Valeria quelle informazioni sarebbero sufficienti, ma grazie alla passività aggressiva di Carla stava per apprenderne delle altre.
"Hai detto ad Agata che stiamo andando da lei?" chiese Marcello dopo cinque minuti di viaggio, girandosi verso la sorella seduta alla sua destra.
"Sì certamente, Marcello. Ho detto a mia cognata che rifiuta le mie chiamate, che la sottoscritta insieme a suo marito e la ragazza di sua figlia stanno andando da lei. Anzi chiedeva cosa vogliamo per cena."
Se Valeria non avesse conosciuto la situazione avrebbe giurato che la donna fosse seria. Non le sfuggì nemmeno che la donna l'aveva considerata come la ragazza della nipote, cosa che a quel punto poteva essere data per scontata, ma che le due  non avevano avuto il tempo di discutere. Era triste sentirlo da qualcun altro prima che da Ornella stessa.
"Ex marito." puntualizzò Marcello.
"Solo perché te ne sei andato non vuol dire che agli occhi della legge non sei sposato."
"Di che diamine parli, Carla? Ho inviato i documenti del divorzio ad Agata e lei li ha firmati. Ci ha impiegato un anno a farlo, ma alla fine ha ceduto. Non te l'ha detto?"
Carla rimase letteralmente a bocca aperta
"No.....aspetta, quindi quando, dopo aver scoperto che mi avevi scritto, mi ha detto che non aveva avuto più tue notizie,  ha mentito."
"Non ha mentito, ha fatto tutto il mio avvocato."
" E gli alimenti? Marcello, per legge devi pagare!"
"Io li pago gli alimenti, Carla, ho sempre mandato il denaro ad Agata. Ogni mese, anche dopo i che Ornella ha compiuto diciott'anni."
Carla guardava il fratello attonita.
"Agata non l'ha mai detto né a me né a Ornella. Ha sempre detto che non ha mai visto un centesimo da parte tua."
"Non cambia poi molto. Il fatto che sia in regola con gli alimenti non mi redime. I soldi non colmano una assenza."
"Non è questione di soldi, Marcello. Tenendo nascosti ad Ornella i soldi e la storia delle mail,  Agata ha interferito con i sentimenti di tua figlia. Sapere che chiedevi di lei o che mandavi dei soldi affinché non le mancasse niente, poteva aiutarla a sentirsi un po' meno abbandonata. Così tua moglie ti ha cancellato completamente dalla sua esistenza, ma questa è una decisione che dovrebbe prendere Ornella, non tua moglie."
"Ex moglie, Carla e non essere dura con lei. Ha fatto il meglio che ha potuto."
"E adesso, Marcello? È anche  questo il suo meglio? Ha mandato via sua figlia perché non le piace quello che è, e la vuole cambiare. È da maniaci."
Carla si mise a braccia conserte e si girò verso il finestrino, segno che per lei la discussione era conclusa. Marcello sembrava avere  ancora quacosa da dire, però, ci rinunciò. Valeria capiva la rabbia di Carla, e doveva averla capita anche suo fratello che le concesse la piccola vittoria per quella discussione.
Per il resto del viaggio i due fratelli evitarono argomenti spinosi e si limitarono a scambiare poche parole o chiedere qualcosa a Valeria; si fermarono  una decina di minuti per un caffè e quando già avevano persorso più di metà strada, Valeria, stanca, chiuse gli occhi e si addormentò. Fu svegliata un ora più tardi dalla voce di Carla che la chiamava dolcemente.
"Siamo arrivati?" chiese stiracchiandosi.
Carla sorrise e annuì.
L'orologio segnava le sette e dieci e Marcello stava parcheggiando l'auto.
"Siamo a casa di Ornella?"
"No," rispose Carla "questa era casa di mia madre. Ci diamo una sistemata e poi io e Marcello andremo da Agata e cercheremo se non di farle cambiare idea, almeno di farci dire dove si trova Ornella."
"E come pensate di fare?"
Valeria si pentì subito di quella domanda impertinente, ma le era uscita di getto e, a dire il vero, quei due sembravano avere un piano piuttosto improvvisato. Fortunatamente Carla e Marcello, che stava aprendo il porta bagagli dell'auto, non sembravano essersela presa. Anzi, si scambiarono uno sguardo che le aveva fatto credere a che aveva avuto ragione di dubitare.
"Non lo so, Valeria." disse Carla con un sospiro. "Le ricorderemo che ormai il bene di Ornella, dipende da lei stessa."
Mentre Carla e Marcello facevano la doccia, Valeria si mise a curiosare in giro per casa. Si vedeva che era stata chiusa da molto tempo e aveva sentito dire all'uomo, mentre entravano, che credeva che la sorella l'avesse ormai venduta. Lei gli aveva lanciato un occhiataccia e la ragazza aveva temuto che fossero lì lì per sbrogliare un'altra matassa familiare come era accaduto in macchina. Marcello, però, aveva alzato le mani in segno di resa e la sorella aveva lasciato perdere.
Marcello uscito dal bagno, con indosso dei vestiti puliti, trovò Valeria che guardava le foto esposte sui mobili del salotto.
C'erano foto di Marcello e Carla da ragazzi, una con un uomo e una donna, che a giudicare dai vestiti dovevano essere i nonni di Ornella, e una, che Valeria prese nelle mani, dove c'era un giovane Marcello con in braccio una bambina che poteva avere sì e no due anni.
"È mia figlia." disse Marcello arrivando alle spalle di Valeria.
"Era una bella bambina, non trovi?" disse l'uomo orgoglioso.
"Sì e adesso è una bella donna." rispose Valeria tenendo gli occhi sulla foto.
"Aspetta."
Marcello si allontanò e apri il primo cassetto di una imponente cassettiera dallo stile piuttosto antico e tirò fuori una scatola.
Valeria rimise a posto la foto e si avvicinò a Marcello incuriosita.
"Dovrebbe essere qui...." disse l'uomo mentre frugava nella scatola.
"Questa no...no...dove diamine.... Ah eccola!"
L'uomo porse a Valeria una foto. C'era Ornella, doveva avere quattro o cinque anni. Indossava un vestitino estivo bianco che aveva delle piccole ciliegie disegnate dappertutto ed era seduta su qualcosa che però non si vedeva in foto. Ornella sorrideva timida con le mani nascoste in mezzo alle gambe come se fosse imbarazzata. Valeria la conosceva quella postura, spesso le aveva visto nascondere le mani in mezzo alle gambe e stringersi nelle spalle.
"Me lo ricordo quel giorno. Eravamo al parco e Carla l'ha dovuta pregare affinché si facesse fotografare. È una delle mie preferite."
Valeria passò il dito sul volto di Ornella.
"Posso immaginarlo."
"Se ti piace, tienila."
"Non posso, hai detto che è la tua preferita..."
"Una delle mie preferite," precisò Marcello "ce ne sono altre, Carla aveva l'abitudine di fare tante foto e usava mia figlia come modella . Ce sono migliaia qua dentro."
Valeria rimase un po' frastornata. Marcello che nel salone della casa della sua infanzia cercava foto della figlia dava una versione di lui premurosa che cozzava contro quella dell'uomo che aveva abbandonato moglie e figlia.
"Sei gentile." disse Valeria con un tono che non lasciava capire cosa in realtà intendesse per davvero.
Marcello scoppiò a ridere.
"Lo dici come se fossi stupita. Non ti biasimo, però. Comprendo che nell'immaginario comune, non ho la fama di essere un padre amorevole che mostra in giro le foto della figlia."
Valeria abbassò lo sguardo un po' colpevole e Marcello aggiunge porgendole la scatola:
"Ci sono molte foto qua dentro se ti va di guardarle."
Valeria si sedette sul divano con la scatola sulle gambe, Marcello stava per prendere posto affianco a lei, probabilmente pronto e fare da didascalia alle immagini mentre aspettava la sorella, ma il campanello lo interruppe.
L'uomo fece un'espressione incuriosita, la stessa che Valeria vide addosso a Carla la quale li aveva raggiunti un secondo dopo che il campanello aveva suonato, con l'asciugamano sulla testa.
"Chi sa che siamo qui?" chiese la donna frizionandosi i capelli.
La risposta non tardò molto ad arrivare.
Dall'ingresso, forte e chiara, arrivò una voce femminile e a Valeria bastò guardare Carla per capire di chi si trattava.
"Che cazzo ci fai qui, Marcello?"
Agata fece il suo ingresso nel salone come una furia seguita dall ex marito che però non sembrava altrettanto sconvolto.
"Agata, siediti e parliamo." disse l'uomo calmo mentre si sedeva.
La donna, però, di sedersi non ne voleva sapere.
"Come sapevi che eravamo qui?" chiese Carla.
"Ho incontrato Paola e stranamente non mi ha salutata così ho pensato che volesse evitarmi perché c'era qualcosa che mi nascondeva."
"O forse ti evita perché sei una stronza." disse Carla e a giudicare come si era girata Agata verso di lei, Valeria avrebbe giurato che la donna avrebbe volentieri messo le mani intorno al collo della cognata.
"Sono perciò passata di qua e ho visto che c'era qualcuno. Doveva trattarsi per forza di te Carla. Ho immaginato che Paola ti avesse chiamata, anche se non capisco perché ti sia scomodata a venire e perché ti sia portata dietro questi due."
Valeria notò il disprezzo nel tono di Agata, solo che non sapeva se fosse equamente dipartito tra lei e Marcello o se tra loro due fosse uno peggiore dell'altro agli occhi della donna.
"Siamo qui perché Paola mi ha detto prima che avevi impedito ad Ornella di usare il telefono e poi che l'hai mandata via di casa."
"Le ho tolto il telefono perché non volevo parlasse con questa qui" disse indicando Valeria "e poi non l'ho mandata via. È  in un istituto religioso che aiuta i giovani."
"Tua figlia non ha bisogno di aiuto, Agata. E se ne avesse bisogno non sono sicura che quello sarebbe il posto giusto. Lo sai che mi hanno impedito di parlare con lei? Dicevano sempre che era impegnata."
"Non è in villeggiatura, Carla. È ovvio che ci siano delle regole."
"Agata, Ornella mi ha chiamata di notte. E di per sé è un po' sospetto, ma soprattutto la chiamata si è interrotta bruscamente. Qualcuno ha staccato il telefono. È una regola anche questa?"
Agata sembrò vacillare e per un attimo distolse lo sguardo da Carla, pensierosa.
Marcello approfittò di questo attimo di esitazione della ex moglie per prendere parola.
"Ascoltami, capisco che  che sei sconvolta, però, ragiona, ti prego, mandare via Ornella non è la soluzione. Parlane piuttosto con lei."
Agata incrociò le braccia e guardò l'ex marito duramente.
"Non che sia un problema tuo, visto che te ne sei andato, ma vorresti dirmi che a te questa cosa sta bene? Ti piace l'idea di tua figlia con un'altra donna, che la tocchi, magari che la baci in pubblico dando spettacolo, come ha fatto in vacanza, che non possa farsi una famiglia normale?"
"Quello che mi piace è vedere Ornella felice, chi o cosa la rende felice non è importante."
"Queste stronzate funzionano solo nel tuo mondo, ovunque esso sia, dove la vita si prende come viene. Ma sappi che qui, al contrario, cosa rende felice Ornella conta. Ha bisogno di una guida e io sto cercando di dargliela."
"Magari l'avessi fatto, Agata." disse Marcello con sarcasmo.
"Che vorresti dire?"
"Che non hai fatto proprio niente. Hai delegato quello che era il tuo compito a qualcun altro. Invece di sederti con tua figlia e ascoltare, l'hai allontanata perché non ti piaceva quello che aveva da dire. Fai sempre così, Agata, eviti tutto ciò che è per te scomodo. Ornella però, non è una cosa che può essere evitata."
"Torni dopo non so quanti anni e vuoi insegnarmi come trattare mia figlia?"
C'era stizza nel tono di Agata, ma non solo. Valeria poteva vedere infatti che era rimasta ferita dalle parole di Marcello. E per esperienza, se una cosa ti tocca è perché è vera, o perlomeno credi che lo sia.
Questo voleva dire che c'era una crepa nel muro che la donna aveva alzato ed era a quella che si doveva puntare per farlo cadere.
"Mia madre ha fatto la stessa cosa per anni." disse Valeria "e così abbiamo finito per evitarci a vicenda a un certo punto."
Agata si girò verso di lei, con aria scettica, ma non disse nulla, perciò Valeria argomentò:
"Non si è interessata alla mia vita privata per molto tempo, non ne parlava e si girava dall'altra parte. E le poche volte che mostrava interesse lo faceva per criticare, facendomi sentire sbagliata e non voluta. Questo mi feriva e così dopo un po' mi sono allontanata da lei, ho smesso di aspettarmi supporto da parte sua e sono arrivata persino a credere che fosse stato meglio per lei che io non esistessi. Non è così ovviamente, e le cose tra me e lei sono un po' cambiate, però voglio che si chieda se Ornella, ovunque sia, sta pensando la stessa cosa in questo momento e se si sente  rifiutata, solo perché lei non si è nemmeno sforzata di ascoltare quello che aveva da dire."
Agata incrociò le braccia.
"Non c'è niente da ascoltare. Mia figlia si renderà conto che sta sbagliando e tornerà come prima. Ornella non è come te."
"Qualsiasi cosa sia,  vuole rischiare di perderla per questo? Perché verrà il momento in cui il rifiuto che sentirà supererà il bene che prova per lei e  Ornella smetterà di provare a venirle incontro, come ho fatto io con mia madre, e, al contrario, comincerà a camminare in direzione opposta, senza girarsi più indietro. Mi sembra un prezzo un po' troppo alto da pagare, solo perché c'è una cosa di sua figlia che non approva."
Agata sciolse le braccia e guardò prima Carla e poi Marcello. Sembrava pensierosa, ma le rughe della fronte aggrottata suggerivano che non era ancora disposta a cedere.
"Hai detto che le cose sono un migliorate con tua madre..." disse rivolta a Valeria.
"Sì, ma è stata lei a fare il primo passo."
"Cosa le ha fatto cambiare idea?"
Valeria sospirò. Non le andava di tirare fuori la storia Andrea, perciò rimase sul vago.
"Quando nella vita di accade qualcosa di inaspettato e doloroso, metti tutto in prospettiva e ti rendi conto che non vale la pena mantenere il punto su certe cose."
Agata scrutò Valeria, sembrava volesse chiedere qualcosa, ma non lo fece. La donna doveva aver intuito che non si trattava di un argomento facile per lei.
"Agata, ti prego..." disse Marcello.
Agata fece un piccolo segno di assenso con il capo.
"Domani mattina andremo a prenderla."
"Perché non ora?"
"Arriveremmo troppo tardi, Marcello"
"Sti cazzi," esclamò Carla "temi per caso di disturbare?"
"Si tratta della strada. Chilometri e chilometri di curve in una strada stretta e non illuminata. È stato difficile percorrerla di giorno. Di notte è più pericoloso."
"Andremo piano." insistette Carla.
"Sì, ma dovremmo farla due volte" osservò Marcello "rischiando il doppio, praticamente."
Agata annuì.
"È più sicuro andare domani mattina."
Carla sbuffò.
"Partiremo da qui quando sorge il sole , promesso." disse il fratello.
Riluttante Carla acconsentì.
"Agata..."comiciò a dire l'uomo senza che fosse chiaro dove voleva andare a parare.
La donna alzò il braccio e fermò ogni suo tentativo di parlare.
"Non voglio sentire altro, Marcello. Ho messo un punto tanto tempo fa."
Marcello abbassò lo sguardo e annuì.
La donna, dopo aver lasciato l'indirizzo del posto dove si trovava Ornella, se ne andò.
Carla non si era arresa all'idea di andare a prendere subito la nipote.
"Marcello andiamo adesso!"
"Se la strada è brutta come dice Agata, non mi va di esporvi a un pericolo inutile."
Marcello mise le mani sulle spalle della sorella.
"Mi è sempre piaciuto quanto tenessi a mia figlia e ti prometto che domani saremo in macchina alle sei se è del caso."
Carla acconsentì, stavolta sembrava più convinta di come si era mostrata ad Agata.
"Per il momento" aggiunse l'uomo senza sapere quanto in realtà fosse in errore "credo che Ornella sia più al sicuro lì dove si trova."

Se mi innamoro sotto le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora