Capitolo Ventiquattro

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Valeria, dopo aver ascoltato con attenzione il racconto di Carla, era indecisa se crederle o meno.
Lei non aveva un buon rapporto con sua madre, ma in confronto a quello che aveva fatto la madre di Ornella, la sua avrebbe potuto vincere il premio come genitore dell'anno.
"Ho infilato un bigliettino con il mio numero nella sua valigia," stava dicendo adesso Carla " ora dobbiamo aspettare solo che Ornella abbia l'opportunità di scrivermi. Mia cognata però sembra intenzionata a starle addosso."
Valeria, oramai, aveva deposto le armi, ma c'era stato un tempo in cui aveva cercato un punto di incontro con la madre e in cambio aveva ricevuto solo disapprovazione, perciò capiva perché Ornella non si era opposta a quella improvvisa partenza.
Inoltre, lei aveva avuto dalla sua parte sua sorella e suo padre.
Ornella, al contrario, era figlia unica e suo padre se n'era andato. Poteva contare solo sulla zia che però abitava a chilometri e chilometri di distanza.
Valeria lasciò il negozio di Carla con un opprimente senso di impotenza. Le due si erano scambiate i numeri e la donna le aveva assicurato che, appena avrebbe avuto notizie della nipote, l'avrebbe contattata. Per il momento, quindi, non poteva fare altro che incrociare le dita.
Spiegare l'assenza di Ornella alle altre non fu facile. Valeria si inventò una vaga emergenza familiare. Le ragazze fecero un milione di domande, soprattutto quando Chiara puntualizzò che Ornella avrebbe almeno potuto scrivere un messaggio per salutarle e Valeria, che non sapeva come giustificare quel silenzio, rispose che non ne sapeva granché, ma che Ornella era sembrata abbastanza sconvolta. Chiara e Letizia non sembravano averle creduto, ma se la prima tenne i suoi dubbi per sé, la seconda appena rimasta sola con Valeria al bar, senza mezzi termini pretese di sapere la verità.
"Non ci credo che sia partita senza dirti esattamente quello che è successo!" stava dicendo Letizia a braccia conserte "Non dopo quello che ho visto ieri sera fuori dal pub!"
"E cosa hai visto?"
"Ho visto due ragazze talmente incollate l'una all'altra che mi hanno fatto salire i livelli di glicemia."
"Lo fai sembrare stupido così." si lamentò Valeria.
"Affatto. Quindi, mi dici o no quello che è successo?"
Valeria le raccontò tutto, mentre guardava gli occhi di Letizia aprirsi sempre di più in un' espressione di sgomento, e quando finì di parlare l'amica rimase a bocca aperta per mezzo minuto.
"Questa è follia..." commentò Letizia incredula.
"Lo so."
"E adesso che si fa?"
"Si aspetta, Letizia."
Valeria, però, non era molto brava ad aspettare e aveva trascorso i giorni successivi a fissare il cellulare in attesa di una chiamata che non era mai arrivata. Aveva rintracciato Paola, ma la ragazza, che a quanto pareva si trovava in Grecia, non le aveva risposto.
Per Valeria, lo scopo di quella vacanza era stato processare la morte di sua sorella e se era riuscita a far cadere la maggior parte dei muri che aveva issato nella sua testa era stato grazie all'aiuto di Ornella. Senza di lei, perciò, non aveva senso restare lì e, visto che aveva una materia da preparare, dopo una settimana dalla partenza di Ornella, fece le valigie e, dopo aver salutato le ragazze, si mise in auto diretta verso casa.
Valeria, partita quando il sole non era del tutto sorto, si concesse in minimo delle pause durante il tragitto e arrivò a casa che la mezzanotte non era ancora scoccata.
Trovò la casa immersa nel silenzio e ringraziò la sua buona stella per averle concesso di non imbattersi in nessuno dei suoi genitori, che erano già belli che addormentati. Era stanca e non avrebbe sopportato di parlare con nessuno, men che meno con sua madre.
Prima di andare a dormire, tuttavia, lasciò un biglietto dove avvertiva i genitori del suo arrivo, in modo tale che non prendesse loro un colpo se se la fossero trovata davanti.
Si addormentò subito e la mattina dopo aprì gli occhi solo perché i raggi del sole la colpivano sul volto. Avrebbe preferito continuare a dormire, ma si era dimenticata la notte prima di tirare le tende.
Una volta sveglia sentì i morsi della fame e decise allora di alzarsi.
La casa era ancora silenziosa, come Valeria l'aveva trovata la notte prima, e fu ancora una volta sollevata quando entrò in cucina. Il sollievo si trasformò, però, in paura quando sentì una voce alle sue spalle:
"Non mi aspettavo che ti saresti alzata così presto."
Sua madre era spuntata sulla soglia della cucina e Valeria aveva fatto fare un volo al cartone del latte.
"Mamma, ma non sei a lavoro?"
disse girandosi, con la mano sul petto, verso la donna.
"Sono in ferie."
"Allora puoi portarmi all'ospedale, perché credo di avere un infarto."
Sua madre rideva sotto i baffi.
"Tesoro, scusami. Pensavo mi avessi sentita arrivare."
Subito dopo la donna, forse per farsi perdonare, si offrì di pulire e di prepararle la colazione.
"Io e papà non ti aspettavamo fino ai primi di settembre, mancano ancora un po' di giorni."
"La vacanza era diventata noiosa e ho una materia da preparare per la prossima sessione."
"Non hai aperto libro, immagino."
"No."
"Lieta di sapere che ti sei divertita."
Valeria era sorpresa. Si era aspettata un rimprovero di fronte all'ammissione di non aver studiato.
Invece la madre aveva usato un tono complice al quale la ragazza non sapeva come reagire.
"Ti sei fatta degli amici?"
Chiese la madre dopo aver messo la moka sul fuoco.
Madre e figlia avevano già affrontato quella conversazione che era sfociata in una mezza discussione e Valeria, che non voleva si ripetesse la stessa cosa, rispose vaga:
"Sì, ho conosciuto delle belle persone."
"Qualcuno in particolare con cui hai legato?"
La madre non sembrava intenzionata a mollare la presa e adesso si era seduta di fronte a lei, con l'aria di chi si aspettava un racconto.
"Solo un gruppo di ragazzi e ragazze con cui andavo in spiaggia o a ballare. Nessuno di cui valga la pena parlare."
"Mmm...."
La donna sembrava diffidente, ma fu distratta dal caffè che stava uscendo.
Servì alla figlia la colazione e versò una tazzina di caffè anche per sé, prima di riprendere posto al tavolo.
"Dici di non aver niente da dire, eppure sei tornata a casa prima e senza avvertire."
"Questo non prova nulla."
"Sei evasiva, Valeria. Se è successo qualcosa in vacanza puoi parlarmene."
Valeria si era rimpromessa di mantenere la calma, ma di fronte all'insolita disponibilità, non poté fare a meno di infastidirsi:
"Posso sul serio?"
"Certo che puoi farlo."
Lo sbalordimento della madre, che Valeria si diceva che non poteva essere vero, la innervosì a tal punto da perdere la testa.
"Cazzate. Non posso parlare con te, non ho mai potuto, perché tu non hai mai voluto ascoltare. Hai sempre girato la testa dall'altra parte di fronte a tutto ciò che riguarda la mia vita e onestamente, mamma, non capisco questo cambio di atteggiamento."
"Mi preoccupo, Valeria, non c'è niente da capire."
"E quando mai ti sei preoccupata per me? Ti sei sempre preoccupata solo di Andrea, di me non ti è mai importato niente e anzi sono convinta che se avessi potuto, avresti messo me sul quel fottuto motorino, al posto suo."
Lo schiaffo della madre arrivò talmente repentino, che Valeria ci mise un po' per capire quello che era appena successo. Era pietrificata, la guancia le bruciava, ma a fare più male era la sorpresa di essere stata colpita.
"Non osare." disse sua madre glaciale.
Solo quando la donna si fu alzata e ebbe lasciato la cucina, Valeria si rese conto del peso della parole che aveva detto a sua madre. Il suo respiro accellerò e sentì le lacrime riempirle gli occhi, fu in grado, però, di ricacciarle indietro.
Pentitasi, andò a cercare sua madre e la trovò sul divano del salotto, con il volto nascosto tra le mani.
In piedi di fronte alla donna, con un sussurro, che non era sicura che fosse udibile, disse:
"Mi dispiace..."
Passarono alcuni secondi prima che la madre alzasse la testa.
"Non ti azzardare a pensare, nemmeno per un secondo, che darei la tua vita per avere quella di Andrea indietro. Darei la mia, piuttosto, e se potessi farmi anche carico del tuo dolore per non farti sentire la mancanza di tua sorella, lo aggiungerei al mio volentieri, perché ti amo, Valeria, e non sopporto di vederti stare male. Non sono una madre perfetta e hai ragione quando dici che non ti ho mai saputo ascoltare, ma sto cercando di rimediare, perché ho già perso una figlia e non ne voglio perdere un'altra solo perché non mi sono sforzata abbastanza per capirla. Ti chiedo, però, di essere paziente e di venirmi incontro."
La madre aveva parlato con la voce rotta e senza accorgersene Valeria aveva lasciato libere le lacrime che prima aveva trattenuto.
"Non mi perderai, promesso."
disse con un filo di voce prima di lasciarsi andare tra le braccia di sua madre.
Non credeva di ricordare l'ultima volta che si era fatta abbracciare così, segno che forse era passato troppo tempo, e  si stava rendendo conto adesso che gli abbracci di sua madre le erano mancati. Non lo sapeva spiegare, ma avevano qualcosa di diverso dagli altri, era come se avessero un tepore speciale.
Madre e figlia stettero strette per un po' ed entrambe si lasciarono andare ad un pianto liberatorio.
Visto che quella mattina, a causa di tutte quelle emozioni, Valeria era troppo poco concentrata per studiare, decise di accompagnare la madre per la spesa.
La donna fu contenta di avere la figlia tra i piedi e addirittura quando finirono il loro giro al supermercato, insistette affinché si sedessero insieme al bar per prendere qualcosa.
"Non lo facciamo mai!" aveva detto con entusiasmo e Valeria aveva acconsentito.
Distratta com'era stata dalla madre e dallo shopping Valeria si era dimenticata del suo proposito di stare incollata la cellulare in attesa che Ornella o Carla si facessero sentire, quindi non aveva visto la notifica che le segnalava che Paola aveva finalmente risposto al suo messaggio.
Quello che aveva scritto non era molto confortante. La ragazza diceva che non le aveva risposto subito perché non aveva avuto idea di quello che era successo fino al giorno prima, che era riuscita a vedere Ornella solo per poco e che per un pelo aveva ottenuto il suo nuovo numero. Valeria finalmente aveva modo di contattare Ornella, ma Paola aveva specificato di non chiamarla subito, ma di aspettare la mezzanotte.
Valeria accigliata aveva fissato quel messaggio per qualche secondo di troppo e adesso sentiva lo sguardo indagatore della madre, seduta di fronte a lei al tavolo del bar, addosso.
"Successo qualcosa?"
Era chiaro ormai che sua madre fosse più che intenzionata a farsi coinvolgere nella sua vita, perciò tanto valeva parlare con lei. Mostrò a sua madre il messaggio, più per effetto drammatico che per un motivo pratico, perché quel messaggio fuori contesto non voleva dire nulla. E infatti con tono divertito, la madre chiese:
"Perché mai dovresti chiamare questa Ornella dopo mezzanotte?"
Il sorriso vagamente beffardo della madre si tramutò in sgomento appena Valeria le ebbe raccontato quello che era successo.
"Beh è talmente... assurdo." commentò la donna mentre cercava di elaborare il racconto.
"Già."
"Immagino che la tua opinione nei miei confronti sia migliorata adesso."
Valeria guardò la madre con le sopracciglia alzate, mentre la donna alzava le mani sulla difensiva.
"Ok, scusa, Valeria, cercavo di smorzare la tensione."
In realtà sua madre non aveva torto, Valeria guardava con occhi diversi le incomprensioni che avevano avuto.
"Ornella  è maggiorenne e sua madre non la potrà isolare dal resto del mondo in eterno. Appena capirà che non solo non può farci niente ma che sta rendendo sua figlia infelice, allenterà la presa."
"Il problema non è se, è quando."
"Devi avere pazienza. Sai che io e tuo padre non ci siamo visti per un anno quando eravamo giovani?"
Valeria roteò gli occhi seccata, quella storia la conosceva già. Prima che i suoi si sposassero suo padre aveva ricevuto un incarico che l'avrebbe tenuto lontano da casa per un anno e la fidanzata non l'aveva potuto seguire. Quando l'incarico fu concluso, suo padre tornò a casa e i suoi genitori finalmente si sposarono. C'era un piccolo dettaglio, però, che non giocava però a favore dell'attuale tesi di sua madre sull'avere pazienza.
"....e infatti ti sei sposata incinta, mamma."
"Almeno tu non corri questo pericolo." disse seria la donna facendo scoppiare a ridere Valeria.
Alla fine sua madre ci era riuscita, la tensione era stata smorzata.
Il resto della giornata Valeria lo passò cercando di distrarsi in modo da non percepire le ore che mancavano alla chiamata ad Ornella, come secoli..
Provò a studiare, con scarsi risultati, incontrò Laura alla quale però dovette spiegare la situazione vanificando così il tentativo di non pensare ad Ornella, e dopo cena addirittura accettò di vedere un film con suo padre, il quale usciva pazzo per i western, l'unico in tutta la famiglia.
Erano ormai le ventitré e cinquantacinque minuti e Valeria decise che cinque minuti non potevano fare la differenza. Non vedeva l'ora di sentire la voce di Ornella.
Il telefono però squillò a vuoto, sia la prima volta che le altre cinque che seguirono. Al sesto tentativo addirittura, Ornella risultò irraggiungibile. Valeria allora si arrese.
Quella notte si addormentò dopo tanto e lo fece con il telefono accanto a sé sopra il cuscino e quando la mattina dopo fu svegliata proprio dal trillo di quest'ultimo, Valeria scattò a sedere sul letto piena di ottimismo.
Sul display però c'era scritto il nome di Carla e la ragazza rispose con riluttanza. Aveva un brutto presentimento.
"Stavi dormendo?" disse Carla "Scusami se ti ho svegliato però ci tenevo a chiamarti il prima possibile."
Più che una richiesta di scuse, a Valeria quell'incipit sembrava un modo della donna per prendere tempo.
"No, no, tranquilla. Avevo il telefono vicino. Ho provato a chiamare Ornella ieri ma non ha risposto. Sai se sta bene?"
"Sta bene, credo. Almeno fisicamente. Ho cattive notizie, però, e temo che per il momento non riusciremo a contattarla."
"Che cosa vuoi dire...?"
Valeria udì un sospiro che non lasciava intendere nulla di buono.
Si abbandonò graziata sul letto e posizionò la mano libera sugli occhi. Aveva l'impressione che qualsiasi cosa Carla stesse per dire, non le sarebbe piaciuto affatto.

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