13. L'importanza della pulizia

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Capitolo 13:
- dove c'è un lieve antagonismo
- dove Atlanta porta consiglio
- dove la tensione arriva alle stelle
>> ep. 04x09

Non potevo dire che Jordan Todd avesse fatto qualcosa di male per meritarsi l'astio che provavo nei suoi confronti, dovevo essere sincera

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Non potevo dire che Jordan Todd avesse fatto qualcosa di male per meritarsi l'astio che provavo nei suoi confronti, dovevo essere sincera. Sarà stata la sua espressione perennemente stizzita, il modo in cui parlava della squadra come se non vi appartenesse e, più di ogni altra cosa, la nostalgia devastante che provavo per JJ, di cui era la sostituta, ma non riuscivo a farmela andare giù. Senza contare, certo, la sua incredibile voglia di compiacere Hotch in ogni maniera possibile e immaginabile.

«Non ti ricordi com'era essere nuova e spaesata?» mi chiese sottovoce Emily, per non farsi sentire da lei mentre preparavo per il tè per me e Hotch, sul jet. «Perché non vuoi darle nemmeno una possibilità?»

«Perché non mi piace,» risposi, caustica.

«L'ho capito,» fece lei, «ma per quale motivo? È per JJ?»

«No. Cioè, forse un po' si, ma non del tutto. Puoi, per favore,» dissi, voltandomi verso di lei, «semplicemente accettare che non voglio avere a che fare con lei? Manteniamo il rapporto civile e professionale, tanto presto se ne andrà,» mugugnai.

Emily si piazzò le mani sui fianchi. «Neanche io ti stavo particolarmente simpatica all'inizio, o sbaglio? Eppure guarda adesso come siamo finite.»

Le scoccai un'occhiata scettica. «Non provare a mettere in mezzo questo argomento. Non c'è alcuna possibilità che Jordan diventi la mia nuova migliore amica, va bene?»

Lei sbuffò una risata. «Voglio ben sperare. Intendevo soltanto che potresti mostrarti gentile. Spesso ci vuole solo un sorriso per migliorare la situazione.»

La guardai, fingendomi terrorizzata. «E tu da quando saresti diventata così saggia, visto che l'altro ieri hai rischiato di finire all'ospedale per soffocamento da troppi marshmallows?»

Fu il suo turno di guardarmi come se le avessi ucciso il gatto. «Non una parola,» mi minacciò, prima di abbandonare la postazione della caffetteria e raggiungere gli altri. Io ghignai, compiaciuta della sua reazione, poi presi le tazze e la seguii, fino a sedermi accanto a Reid.

Mi allungai per porgere il tè a Hotch. «Nero come la tua anima, zuccherino,» gli dissi offrendogli anche un sorrisetto rallegrato, «proprio come piace a te.»

Ricevetti la seconda occhiataccia della mattinata, che fece ridere Morgan, Rossi e Reid. Percepii gli occhi curiosi e sfrontati di Jordan su me e Hotch, impegnata a impicciarsi, come faceva da settimane a questa parte, di ogni nostra interazione. Credevo che la causa scatenante di questo suo interesse fosse stata l'averci visti giocare a Trivia nel suo studio, in un'atmosfera di completo scherzo e rilassatezza. Doveva essere stata una modalità per lei irriconoscibile, vista la serietà e compostezza di Hotch sul lavoro, e dovevo ammettere che anch'io se il mio primo mese alla BAU avessi visto qualcosa del genere, probabilmente mi sarebbero esplose le meningi. Questo però non voleva dire che avesse la libertà di farsi gli affari altrui e di tenerci d'occhio come due animali rari a un'esibizione temporanea.

505 || aaron hotchnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora