32. La maledizione della mummia (II)

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Parte I - La maledizione della mummia // CROSSOVER

Parte I - La maledizione della mummia // CROSSOVER

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«Scusami ancora, Tori. Ho avuto il cellulare staccato tutto il giorno, altrimenti ti avrei chiamata molto prima delle otto di sera...»

«Sai che non devi preoccuparti di queste cose. Gli auguri di compleanno vanno bene a qualsiasi ora,» lo rimbeccai gentilmente, sorridendo anche se non poteva vedermi. «Sei stato molto impegnato nelle ultime settimane.»

Andrew sospirò dall'altro lato del telefono. «Già, e per quanto l'Avvoltoio possa essere in disaccordo, non c'è un istante in cui non ti abbia pensata, Riva,» ammise, cristallino come al solito. Questo genere di commenti mi aveva fatta sentire a disagio per tutta la prima parte della nostra relazione, perché non riuscivo a capacitarmi di come potesse dirmi certe cose sapendo che non ricambiavo i sentimenti che nutriva nei miei confronti. Ero stata anche piuttosto sicura che presto avrebbe smesso di cercarmi, spostandosi su donne interessate a lui e a un legame sentimentale: visto l'aspetto fisico di Andrew, i suoi occhi verdi, ero certa che non gli mancassero persone del genere, e che gli bastasse entrare in un locale per essere notato all'istante. Invece le mie aspettative erano state vanificate da quella che avevo presto compreso essere una genuina affezione verso di me, che in realtà non si basava solo sul desiderio di un rapporto più approfondito dal punto di vista sentimentale.

Forse aveva iniziato a uscire con me perché in cerca di altro, ma quando aveva capito che da me non avrebbe potuto ottenerlo, aveva scelto di restare al mio fianco come amico, ed era stato questo aspetto di lui che mi aveva del tutto conquistata. Ero stata scettica sulla possibilità di stabilire una seria amicizia con lui, eppure adesso costituiva un punto di riferimento stabile per me, un appiglio con il mondo reale al di là di quello fantastico della BAU.

«Quando torni ti posso offrire una colazione, agente?» chiese poi, strappandomi alle mie riflessioni.

Sorrisi, impegnata parzialmente a gettare un'ultima occhiata alla figura nello specchio, che mi restituì un sorriso distratto. «Certo, finché mi prometti che ci saranno cupcake red velvet e tè chai,» scherzai, lisciandomi una piega del vestito con cura. «Ti faccio sapere quando sono di nuovo in patria.»

«Salutami l'Avvoltoio, e ancora buon compleanno,» aggiunse, chiudendo la chiamata. Mi divertì pensare che se avessi riportato i saluti di Andrew a Hotch, avrei probabilmente rovinato la serata a entrambi; scelsi di riporre il cellulare nella borsa e di controllare di aver preso tutto prima di infilarmi le scarpe col tacco e indossare un paio di orecchini.

Perfezionista com'ero su certe cose, sentii l'urgenza di controllare un'ultima volta di aver preso tutto e che fossi presentabile per la serata che mi aspettava: lo sguardo che ricevetti in cambio dalla mia sosia nello specchio fu... fu incredibile. Mi ritrovai a fissarmi, affascinata, e non, com'era ovvio, da come ero vestita o truccata, piuttosto dall'aria di assoluta, pura, indelebile gioia ritratta sul mio volto, dall'eccitazione, dalla felicità, dalla trepidazione nel vivere la mia storia. Avevo gli occhi accesi, le guance rosse, un sorriso incantato e trasognato, e al contempo la grande consapevolezza del sogno che mi attendeva al piano di sotto. Lanciai un'ultima occhiata all'orologio appeso al muro e mi affrettai a uscire, desiderosa di non farlo aspettare oltre. Ebbi modo, comunque, di controllare che abito, capelli e trucco fossero in ordine una volta nell'ascensore, dotato di un grande specchio a figura intera. Indossavo un vestito lungo che avevo comprato tempo prima con Emily, della più intima sfumatura di blu egiziano: era lungo fino ai piedi, con uno spacco in corrispondenza della gamba sinistra, le sottili maniche lunghe con spalle squadrate e uno scollo profondo e sottile che faceva intravedere le curve morbide dei seni. Avevo legato i capelli in uno chignon, e al momento, memore del freddo di New York, aggiunto anche un cappotto color crema che non mi facesse soffrire durante il tragitto.

505 || aaron hotchnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora