26. Schiavo del dovere

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Capitolo 26:
- dove si dice addio a Haley
- dove Tori dorme fuori
- dove Hotch riceve una proposta
>> ep. 05x10

«Vedi? Il vestito copre anche il collare, in parte,» osservò Emily, premurosa

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«Vedi? Il vestito copre anche il collare, in parte,» osservò Emily, premurosa. Dopo avermi fatta sedere alla toeletta in camera mia, si era posta alle mie spalle, e con gentilezza si era assunta il compito di intrecciarmi i capelli, anche se era un autentico disastro in quelle cose. Risposi con un lieve sorriso, il massimo che riuscissi a fare, nel riflesso dello specchio. Lei, sollevata da quella risposta, me ne regalò uno ancora maggiore.

Tornai a guardare il mio viso, che mi restituì uno sguardo torbido e implacabile. Un giorno come gli altri avrei amato essere vezzeggiata in quel modo dalla mia persona preferita, essere pettinata e scambiarsi pettegolezzi e tè caldo in una giornata uggiosa. Quello, però, non era affatto un giorno come gli altri. Le cure di Emily facevano sempre da balsamo per la mia anima, era vero, ma nemmeno lei poteva fare i miracoli per il mio cuore in frantumi. La pioggia non riusciva a mettermi di buonumore come al solito; il tè non mi scaldava allo stesso modo; percepivo a malapena la carezza della spazzola. Non riuscivo a vedere altro che non fossero i miei occhi rossi, incendiati dai capillari esplosi nelle ecchimosi peggiori che avessi mai visto, e per quanto, come aveva detto lei, il vestito a collo alto coprisse la maggior parte dei lividi, il mio collo restava un florilegio di chiazze doloranti e dai colori più disparati. Laddove Foyet mi aveva dato lo schiaffo, la mia guancia aveva assunto un colorito giallastro che avevo potuto coprire con un po' di fondotinta e correttore. Emily aveva insistito anche per truccarmi gli occhi, facendo attenzione a non farmi male, visto che ogni singolo punto dalle spalle in su fino alla radice dei capelli aveva le potenzialità di farmi gridare dal dolore.

Questo non era del tutto vero, dovevo riconoscerlo. Non avrei mai potuto gridare dal dolore, visto il danno riportato alla laringe e alla trachea. Sarebbero passate settimane prima di riuscire a spiccicare parola, e onestamente non ne avevo nemmeno la voglia. Cosa c'era che potessi dire? Cosa avrebbe risollevato un minimo Hotch e Jack dall'oscurità che li aveva avvolti? Conoscevo bene quel sentimento di perdita, e non c'era nulla che potessi fare per loro.

Emily infilò con cautela le ultime forcine e appoggiò il mento sulla mia spalla, piano come se avesse avuto un fiore tra le mani. Mi guardò attraverso il riflesso dello specchio. «Mi dispiace così tanto che tu debba vivere tutto questo, Tori,» mormorò. Notai che aveva gli occhi lucidi. Io reclinai cauta la testa perché toccassi la sua con la tempia. Cercai la sua mano, che mi diede subito. Non ci fu bisogno di parlare, perché i suoi occhi scuri mi fecero capire che già sapeva tutto ciò che avrei voluto dirle. C'era un motivo, del resto, per cui la amavo così tanto. Le parole erano del tutto superficiali tra noi. Mi regalò un altro sorriso affettuoso e mi porse le mani per farmi alzare. «Sei bellissima,» mi disse, orgogliosa e raggiante nonostante tutto. Non obiettai di fronte quella palese bugia.

505 || aaron hotchnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora