16. L'onnivoro

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Capitolo 16:
- dove Tori prende l'iniziativa
- dove ci sono occhi indiscreti
- dove c'è una nuova conoscenza
>> ep. 04x18

La mia punizione stava volgendo al termine, e io non potevo essere più furiosa

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La mia punizione stava volgendo al termine, e io non potevo essere più furiosa.

Ogni singolo giorno che Hotchner mi aveva costretta a trascorrere a casa, a fare le pulizie, a cucinare, a vedere insulsi programmi televisivi, aveva costituito un gradino in più sulla scala che mi avrebbe portata alla follia. Se lo avessi avuto davanti lo avrei strangolato a mani nude, e non c'erano lezioni di yoga o pilates o passeggiate al parco che potessero alleviare questo desiderio. L'avrei volentieri presa come una vacanza, ma non ci riuscivo, non con tutti i casi di cui mi stavano raccontando Emily e gli altri. La notte precedente, il sei novembre, eravamo usciti per bere qualcosa con la squadra—con la squadra senza Hotch, cioè—ed erano stati tutti entusiasti per un caso di rapimento di bambini che avevano concluso senza neanche una vittima. Io, che pure non ero appassionata alle indagini senza spargimenti di sangue, ero stata mortalmente invidiosa.

Mancavano quattro giorni a quando sarei tornata in servizio, che vedevo come la fine di un'agonia prolungata oltre i limiti della tortura e del masochismo. Avevo finito le attività da fare—per fortuna avevo approfittato della complicità di Haley per vedere Jack, unico raggio di sole nella mia esistenza macabra. Purtroppo l'ex moglie di Hotch ne aveva approfittato per ribadire il suo invito a vederci da sole, ed era per questo motivo che mi ritrovavo alle otto di mattina in un bar del sud della città. Era l'unico orario compatibile con i suoi, visto che Jack era a scuola, e purtroppo non potevo dire di avere impegni inderogabili che mi impedissero di vederla. In realtà, a parte un sottile imbarazzo e una grande curiosità, non avevo davvero una ragione valida per non voler essere lì. Non provavo astio nei suoi confronti perché Hotch era ancora innamorato di lei, né ero gelosa in qualche modo; tuttavia, avevamo solo due argomenti in comune, il figlio e l'ex marito, e chissà perché sospettavo che non avremmo discusso del primo.

Il bar dove la stavo aspettando era forse uno dei più carini in cui fossi stata in tutti gli anni che avevo abitato a Washington. Mi ero seduta fuori, sotto un tendone bianco decorato con fiori colorati. Sebbene fosse debole essendo i primi di novembre, il sole riusciva un minimo a intiepidirmi dove non arrivava il calore dei funghi riscaldanti. Avevo dovuto mettere il cellulare a faccia in giù sul tavolo per non far cadere gli occhi sui tremila messaggi non letti di Emily, Garcia e JJ, impegnate in numerose supposizioni su cosa mai avesse avuto intenzione di dirmi la donna. Haley arrivò forse una decina di minuti dopo di me, i capelli a caschetto biondi che le svolazzavano sulle spalle esili e un sorriso caldo e gentile.

«Tori!» esclamò, abbracciandomi. «Scusa il ritardo.»

«Figurati,» tornai a sedere e le porsi un menù. «Hai lasciato Jack a scuola?»

Mandò una risata divertita. «Esatto. Ogni giorno è diventata una lotta da quando gli hai regalato quella divisa, non c'è singola mattina in cui non provi ad andarci a lezione. Sei diventata l'idolo dei suoi compagni e l'incubo dei suoi insegnanti,» scherzò.

505 || aaron hotchnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora