Capitolo 22:
- dove Hotch passa il testimone
- dove Tori parla del suo passato
- dove c'è una tavola calda
>> ep. 05x05«Ho troppo sonno. Non possiamo andare a casa?» chiesi, prendendomi la testa tra le mani. Avevo i gomiti appoggiati sulla scrivania a sorreggermi il capo, e gli occhi chiusi dalla stanchezza. Ormai non erano più sufficienti caffè e pizzicotti; ogni volta che abbassavo le palpebre mi serviva un miracolo per riaprirle.
«Se vai a dormire così tardi è normale che tu sia tanto stanca,» mi rimbeccò Hotch, senza alzare gli occhi dai suoi preziosi documenti.
«Non è colpa mia se il film era così lungo. Reid non mi aveva avvertita,» borbottai, lasciando cadere la testa sulle braccia incrociate sulla scrivania. «Abbi pietà di me. Andiamocene da questo buco infernale.»
Lo sentii sospirare. «Perché non ti sdrai un po' sul divano? Ho ancora da fare.»
Risposi con un mugolio scontento, troppo esausta per replicare, figurarsi per spostarmi sul divano con il rischio di addormentarmi. Era mezzanotte, quindi per i miei standard era piuttosto presto; tuttavia, la notte prima Reid e Garcia mi avevano portata a vedere Avatar, un nuovo film che aveva fatto impazzire il web. Il problema era che avevamo appena chiuso un caso, quindi eravamo andati alla programmazione delle undici; non eravamo usciti prima delle due e mezza, e comunque Hotch non aveva fatto sconti sull'ora in cui farci trovare quella mattina a lavoro. Sarei inoltre potuta tornare a casa alle nove con Emily, quella sera, e come una stupida ero rimasta a fare compagnia a Hotch perché non finisse con le sue scartoffie troppo tardi e da solo. Purtroppo mi ero innamorata di qualcuno che aveva già un altro amore, cioè il suo lavoro—non mi aveva calcolata minimamente, lasciandomi a morire di stanchezza nel suo studio anziché rivolgermi la minima attenzione.
«Vì,» mi richiamò, stavolta con tono più dolce. «Vai a stenderti, va bene? Qui ci vuole ancora una mezz'ora.»
«Sono rimasta a farti compagnia, Hotch. Non mi addormenterò sul tuo divano perché poi tu mi sollevi come una principessa e mi porti in braccio fino alla macchina,» risposi, la voce attutita dalle braccia.
«Giusto perché tu lo sappia,» replicò, e colsi un sorriso dalle sue parole che non potevo vedere, «ti sveglierei.»
Tirai su la testa, indignata. «Non chiederei niente di diverso, ma sono comunque offesa da questo rifiuto.»
Lo trovai a sorreggersi il capo con l'indice sulla tempia, uno sguardo morbido negli occhi, un angolo della bocca gentilmente all'insù. «Grazie di essere rimasta,» mormorò, tenero.
Non risposi, troppo distratta dall'assoluto fascino che esercitava su di me. Lo trovavo estremamente bello, forse più di quanto la mia mente potesse davvero comprendere. Non c'era un singolo dettaglio del suo viso che trovassi non mozzafiato, certo, ma a conquistarmi completamente era l'espressione aguzza, lo sguardo vivace, gli occhi intensi. Estese lentamente una mano verso il mio volto e mi accarezzò la guancia nel modo più delicato che gli avessi mai visto fare, assorto nel guardare la propria pelle in contatto con la mia.
STAI LEGGENDO
505 || aaron hotchner
FanfictionTori Riva non voleva entrare alla BAU. Dopotutto, per quanto potesse essere prestigiosa, era un posto da matti: rapimenti, persecuzioni, omicidi, bombe, sette sataniche, episodi di piromania, e chi più ne ha ne metta. Se non fosse stato per Emily...