Lorenzo's pov:
"Mocciosetto." mio padre mi chiamò togliendomi le coperte per essere sicuro che io lo ascolti, mentre io mi stavo preoccupando di più per gli succhiotti.
Lo guardai negli occhi e non riuscivo a capire le sue emozioni, diversamente dalle altre volte, vedevo solo nero e per questo non gli risposi perché non sapevo come avrebbe potuto reagire, anche se non avrebbe mai potuto mostrare un'espressione felice o gentile, almeno davanti a me.
"Ricordi che c'era un ospite vero?" Annuii continuando a stare in silenzio, intravidi la donna che stava dietro di lui, non me ne fotte di chi si vuole scopare, perché me la mostra?
"Di ciao a tua madre moccioso di merda." disse mostrandomi l'individua.
Guardai in basso, non la degnai nemmeno di un mio sguardo nonostante la mia grande sorpresa e curiosità, avevo milioni di domande che però era meglio tenere per me, volevo tanto prenderla a pugni, strozzarla e sbatterla a terra, proprio come mio padre mi ha insegnato, ma non lo feci, rimasi impavido e immobile come uno spettro, non avevo intenzione di tenere una conversazione per bene con una donna che mi ha abbandonato solo per un fottuto orientamento.
"Sebastian perché lo chiami moccioso? Si chiama Lorenzo" disse la donna che dovrebbe essere mia madre con occhi dolci, e fu allora che mi venne spontaneo togliergli quell'espressione del cazzo dal suo volto da puttana.
"Come se ti importasse di me." e come al solito risposi con un fare provocatorio ma uno sguardo leggermente più appuntito di mio padre che mi zittì.
"Mi dispiace, ma sei pur sempre mio figlio" aggiunse lady troia.
Guardai mio padre per capire come avrebbe reagito ad ogni mia parola ma lui mi fece segno di no con la testa, ciò significava stare zitto se non volevo gravi conseguenze.
"Vedi, Katherine, io ho cresciuto Lorenzo, l'ho trattato bene, l'ho fatto mangiare, non gli è mai mancato nulla" disse confidente.
Oh certo. Gli schiaffi, i lividi, il sangue non me li hai mai fatti mancare di certo, perché lui ci teneva alla sua posizione decise di mentire, cosa che a me non sarebbe passata inosservata, me lo sarei ricordato e lo avrei di sicuro detto a Matteo di ucciderlo, non appena ci saremmo ritrovati.
Si avvicinò e si sedette al mio fianco, fingendo di fare il padre responsabile e gentile, cosa esattamente opposta di ciò che era."Vedi tuo padre mi ha detto che sei migliorato e che hai passato la tua fase. Mi ha detto che con Matteo hai chiuso per sempre." disse pronunciando ogni lettera del suo dannato nome con disprezzo stringendo gli occhi, pensando di farmi paura.
Ha!
"Mamma non è una cazzo di fase, mi piacciono i maschi, e se a te non sta bene vattene come hai fatto per tutti questi anni perché non voglio rivederti più." lo dissi senza pensarci, senza ricordarmi di avere mio padre a fianco che, appena finii di parlare mi tirò un pugno tanto potente da farmi girare la testa a 180 gradi.
Mia madre stette lì, ferma, senza alcun interesse, senza alcuna sofferenza nei suoi occhi a vedere il suo figlio, sangue del suo sangue, preso a pugni da suo padre, anche lui sangue del suo stesso sangue.
"Lorenzo tuo padre lo fa per te per farti passare la tua fase" disse facendo ribollire in me la rabbia.
Ma mio padre rise in modo ironico, vide che i miei occhi iniziarono a scurirsi e allargò il sorriso.
"Katherine, è malato. Non ci puoi fare un cazzo. E adesso levati dai coglioni perché questo moccioso deve capire che cazzo vuol dire il rispetto e ciò che gli ho insegnato in tutta la mia cazzo di vita passata appresso a lui" esclamò alzandosi dal letto.
Mia madre mi guardò riluttante e disse "Sebastian fa piano, è debole"
fa piano... nonostante sapesse che mio padre stava per far uscire tutta la merda che avevo dentro non se ne curò, disse di andarci piano, lei voleva vedermi soffrire. Non glie ne poteva fottere di meno dei miei sentimenti, e dice ancora che sono suo figlio.
Debole. L'unica parola che mi faceva venire il disgusto, io odiavo la debolezza, odiavo essere debole nonostante lo fossi fin troppo, odiavo quando le persone me lo rinfacciavano, mi faceva sentire inutile, senza un senso in questo mondo contorto, in questa casa.
Katherine uscì e mio padre chiuse la porta a chiave, si avvicinò e iniziò: mi prese per il polso e mi buttò a terra dandomi un potente calcio nello sterno facendomi tossire. Continuò con altri calci finché non si chinò e mi diede un destro dritto in faccia. Cercai di alzarmi e di contrattaccare ma lui mi prese i polsi e li strinse talmente forte da creare dei grossi lividi. Continuò così, a martoriarsi, ad usurparmi e a picchiarmi.
Di solito con me c'era sempre Matteo dopo che mio padre mi picchiava. Ma adesso lui, come me, era in prigione, isolato dal resto del mondo senza nessuna spiegazione sul perché tanta crudeltà, nonostante fosse lui il crudele, nonostante il mio cuore se ne freghi di tutta questa crudeltà, poiché non esisteva per me un mondo senza Matteo, anche se significasse dividerci di nuovo, le nostre anime si sarebbero incontrate ancora e ancora, e si sarebbero sprofondate una nell'oceano oscuro dell'altra.
La tortura finì durante questi pensieri e mio padre mi prese il mento con una mano costringendomi a guardarlo negli occhi."Tu con Matteo hai chiuso. Mi hai capito?" chiese con la massima felicità nei suoi occhi, mentre i miei erano spenti, e si accendevano solamente quando udivano il suo nome.
Matteo. Lui era pericoloso. Se io avessi rinunciato a Matteo mia madre mi vorrebbe ancora bene, se io rinunciassi a Matteo mia madre mi accarezzerebbe, mi sussurrerebbe parole dolci e mi amerebbe di nuovo.
Ma di queste carezze io ne avevo bisogno prima, quando la mia anima era ancora piccola e voleva vedere come funzionasse il mondo, quando la figura materna era più importante di qualsiasi altra cosa, ma adesso, adesso volevo solo vederla bruciare, prendere fuoco per mano mia, tutti e due.
Gli incubi in cui io presi a innumerevoli coltellate finché non mi sentivo soddisfatto mio padre erano aumentate nel corso degli anni, e avevo raggiunto il livello della pazzia, le notti insonni erano troppe, i lividi erano troppi, la sofferenza non finiva più, e io non potevo muovere un dito, niente.
Mio padre uscì dalla stanza chiudendola a chiave, lasciandomi solo nel luogo in cui tutto questo dolore dentro di me iniziò, dove le notti riflettevo per ore se togliermi la vita o provare, anche se per un po', a resistere, nella speranza che tutto migliori, quando in verità era il contrario, io scendevo sempre di più in quell'abisso senza fine, e nessuno sarebbe mai venuto a prendermi.--------------------------------------------------------------
Dalixdesix

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The Cruel Boss
RomanceDue migliori amici che si separano da adolescenti per colpa dei genitori. Matteo, che da quando aveva sedici anni ha preso una cattiva strada, lavorando per grandi mafiosi, e Lorenzo, ragazzo che gli è stato portato via dai suoi parenti. Cosa succe...