capitolo 25

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Lorenzo's pov:

Era passata una settimana se non due da quando mi avevano rinchiuso in questa casa dispersa nel nulla. Alcuni giorni Sebastian e Katherine restavano con me a sorvegliarmi, come se potessi fare qualcosa. Non avevo niente tranne che una TV e dei libri da leggere e secondo loro con quel poco che mi avevano concesso potevo in qualche modo comunicare con un'anima vivente. Ero costantemente in ansia a causa dei vari spari e motori che sentivo ogni tanto, in quei casi mi chiudevo in camera mia, non volendo vedere o sentire nulla di quello che poteva succedere fuori da quell'edificio di cui conoscevo solo l'interno a memoria. Anche in quel momento ero chiuso nella mia stanza, guardando di tanto in tanto fuori dall'unica finestra presente in quella stanza per vedere quando i vari spari fossero cessati, sperando con tutto il mio cuore che mio padre fosse una vittima di quei attacchi. Con l'arrivo della donna che affermava di essere mia madre, sembra che abbia alzato il livello della pazienza, che pensavo non sapesse neanche cosa fosse.
Improvvisamente Katherine entrò nella stanza con uno sguardo allarmante stampato in faccia, strillando come una fottuta.

"Lorenzo! Se sentirai dei rumori forti in casa, non ti spaventare, ok? Andrà tutto bene." disse avvicinandosi a me per poi prendere il mio viso fra le sue mani accarezzandomi con panico nelle sue iridi. "Se ti succede qualcosa urla, urla il mio nome o quello di tuo padre, verremo subito da te." continuò.

"Forse te verrai, si. Ma mio padre? Basta sognare. In ogni caso se mi succede qualcosa non potete mica lasciarmi qui." risposi togliendo le sue mani dal mio viso che mi provocavano un fastidio allucinante.

"Su, non dire così." cercò di tranquillizzarmi anche se di quello non ne avevo bisogno, finché il rumore degli spari aumentò e si fece sempre più vicino a noi.

"Ora devo andare, tu non muoverti."

"Come se potessi." conclusi guardandola uscire dalla mia stanza e sentendo la porta chiudersi a chiave. Fantastico.

Andai dalla finestra aprendola grazie alla mia curiosità, solo per vedere uomini su uomini che si sparavano, facendomi chiedere da quando fossi così tranquillo a vedere gente morire, sentire colpi di proiettile vagare per aria, e avere corpi morti davanti a me senza provare nulla. Poi mi ricordai l'esistenza di un certo individuo che in passato e ultimamente anche nel presente aveva picchiato a sangue multiple persone per avermi toccato. A me bastava dire 'fallo' e lui gli disintegrava il cranio, chiedendomi di fermarlo quando fossi soddisfatto. Ma adesso, noi non siamo più noi. Niente tornerà più come prima, ma infondo nel mio cuore ancora avevo un pizzico di speranza che lui venisse a prendermi, che mi portasse via per sempre da questo inferno.
Ad un certo punto un forte rumore assordante di vetro che si rompeva riempì la casa e in quel momento iniziai a preoccuparmi veramente. Non era mai capitato che entrassero in casa, non sapevo come reagire se fossero entrati in camera mia. Non ho la minima voglia di morire!
Mi staccai dalla finestra lasciandola comunque aperta e mi avvicinai alla porta per mettermi dietro di essa se qualcuno fosse entrato. Riuscivo a sentire mille urla provenire dal giardino, tra cui anche la voce di mio padre che strillava come una gallina, creando in me una sensazione di felicità e leggerezza per qualche assurdo motivo.
Poco dopo sentii dei bussi sulla porta, a cui ovviamente io non potevo rispondere essendo chiusa a chiave.

"Lorenzo Bauer, la preghiamo di aprire la porta!" esclamò una voce maschile profonda alzando e abbassando la maniglia in continuazione.

Non risposi, il mio cuore batteva rapidamente, e le mie mani si fecero fredde a causa dell'ansia.

"Le chiediamo di collaborare, o butteremo giù questa porta." aggiunse un'altra voce, erano in due o tre.

"Non posso." risposi soltanto con la voce tremante.

Non passò neache un minuto da quando vidi la porta accanto a me spaccarsi in mille pezzi per poi cadere a terra, due uomini entrarono nella stanza con delle pistole in mano. Appena mi videro posarono le armi e si tolsero le maschere.
Il più alto si avvicinò a me in modo cauto e con leggerezza guardandomi negli occhi per rassicurarmi che ero al sicuro.

"Che cazzo volete? Non toccarmi." sputai non appena vidi che il più grande voleva poggiare la sua mano sulla mia spalla.

"Stia tranquillo, ci ha mandati Matteo Walker. Ha detto che ti vuole riportare a casa." mi interruppe un'altro uomo.

"Perchè dovrei crederci?" domandai aprendo le orecchie il momento in cui sentii nominare il suo nome, ma sapendo che potrebbe anche essere una trappola.

"Se vuole possiamo chiamarlo come conferma." propose il più grande.

Sentire la sua voce dopo avergli riferito delle parole così crudeli, sapendo quanto fosse ossessionato, mi avrebbe distrutto. Ma avevo bisogno di sentire la sua voce dirmi che mi perdonava, volevo spiegargli della telefonata, volevo dirgli che non sono stato io a dirle veramente quelle parole, io lo volevo.
Annuii, non riuscendo a emettere neache un suono, e uno di loro prese il telefono che aveva in tasca iniziando a digitare. Quando sentii i squilli il mio cuore sembrò appesantirsi sempre di più nell'attesa che lui risponda, e quando finalmente quel rumore si fermò mi resi conto che lui aveva risposto.

"Come sta andando?" domandò dall'altra parte della linea, strappandomi via il respiro.

"Lo abbiamo preso, voleva solo la conferma che chi fosse lei dietro a tutto questo, signore." affermò.

"Mh. Adesso è vicino a voi?" chiese mandandomi nel panico assoluto mentre l'altro confermò. Cosa voleva dirmi? Cosa avrebbe detto? Uno dei due uomini mi passò il telefono. "Voglio parlare da solo con Lorenzo, voi due uscite dalla stanza." continuò.

Guardai entrambi gli uomini uscire senza riferire parola, mentre io rimasi bloccato con il telefono in mano, agitato anche se eravamo lontani l'uno dall'altro.

"Lorenzo." abbassò il tono della voce. "Ti prego rispondimi." implorò appena sentì nessuna parola da parte mia.

"Si?" mormorai, non ero abile nel pronunciare bene una parola solo al pensiero delle sue prossime frasi.

"Sappi che ti amo, solo a te. Non c'è divinità che non ucciderei pur di tenerti al mio fianco, ricordatelo." buttò così, facendomi tremare le mani. Mi mancava, così tanto da commuovermi a quelle semplici parole, ma piene di significato. "Sto venendo a prenderti, tu aspettami. Ti lascio nelle mani di Christian e viktor."

"Matteo, torna a casa." piansi. Non riuscii a dire nient'altro. Dopo tutto questo tempo ad essere separati non potevano impedirci di rimanere uniti, avremmo fatto tutto il possibile per restare per sempre insieme, ne ero sicuro.

In quel momento sentii la chiamata chiudersi, e mi asciugai le lacrime per non sembrare patetico davanti a quei grandi uomini, poi uscii dalla stanza dove trovai i 'bodyguard' fermi davanti alla porta come due cani della polizia. Gli restituii il telefono e lo ringraziai, mentre loro mi portarono fuori dall'edificio e mi fecero salire su una Range Rover nera. Loro due si sedettero davanti io invece ero dietro, con la testa mescolata tra i sedili che non riuscivi a vederla da dietro la macchina. Non parlai molto, feci qualche chiacchera con l'uomo più basso che sembrava più socievole e poco dopo mi addormentai, non sapendo né la destinazione di quel viaggio né la durata, sapevo soltanto che se Matteo aveva pianificato tutto allora io ero al sicuro.

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Dalixdesix

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