capitolo 22

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Matteo's pov:

Ero nella stanza da letto della mia nuova villa, ero sceso da poco dal jet, piuttosto incazzato e in fretta. Necessitavo di una fottuta pausa da tutto e da tutti tranne che Lorenzo, sarebbe stata molto meglio la fottuta pausa se fossi con lui, fra le sue braccia, tra le sue carezze, e tra le sue coscie a farlo morire dal piacere, mentre lui implorava di essere preso ripetutamente.
Mi mancava più di ogni altra cosa, e prima che io perda il controllo dovevo trovare una situazione in fretta. Mi ricordai in un nano secondo dell'esistenza di Alejandro, uno stronzo che conoscevo da quando mi cambiava il pannolino. Era un po' fuori di testa, ma per riuscire a comunicare con lui per bene, avevi un solo compito. Gareggiare. Tutta la mia vita quando il mio cuore si sentiva solo a causa di un certo qualcuno, non facevo altro che andare a intromettermi negli affari degli adulti, che non appena la polizia spariva dal loro raggio visivo, potevi sentire il suono delle gomme che si contraevano, il fumo che consideravo migliore di quello delle sigarette, le luci, e infine le urla e i fischi della gente, che pagava per vedere quei spettacoli. Quella era la mia casa.
Alejandro era uno di quei stronzi a cui non fregava di meno quanti anni avevi, se volevi fare parte di loro lui ti insegnava tutto quello che sapeva, facendoti provare e gareggiare a tua volta. Così infatti feci i miei primi soldi, dalle ragazze che pagavano centinaia per vedermi sgommare tra le strade della città.
Non ci pensai due volte prima di farmi portare una macchina per andare da Alejandro a chiedere aiuto, per lui ero come un figlio, lo avrebbe fatto di sicuro. Appena i miei "nuovi" uomini mi condussero verso il giardino dove c'era parcheggiata la mia macchina mi fermai di scatto scoppiando a ridere.

"Siete seri? Una Miata? Volete che io vada in giro con questa macchinina?" domandai ridacchiando mentre osservavo meglio la macchina nera con i dettagli viola, che mi stava guardando sorridendo.

"Ci scusiamo, possiamo procurar-"

"No, mi va bene questa. È da tanto che non ne guido una!" esclamai allargando il mio sorriso interrompendolo.

Salii in macchina e la prima cosa che feci fu giocherellare con i fari della macchina, alzandoli e abbassandoli in continuazione. Misi in moto e mi avviai verso la villa dello stronzo, sperando che abitasse ancora nel solito posto. Durante il tragitto ricevetti moltissime attenzioni, molti mi facevano segno di alzare e abbassare i fari, molti facevano foto e molti indicavano, mentre io guidavo verso la casa di quello che mi avrebbe aiutato a riprendermi una volta per tutte il ragazzo che desideravo di più, non potendo chiedere a Christian e Viktor perché erano probabilmente anche loro sotto stretta sorveglianza.
Arrivai al centro di Madrid, parcheggiai e scesi, un'imponente villa ergeva davanti a me e sorrisi, cazzo se era bella.
Rispetto al piccolo garage in cui mi aveva custodito in segreto per anni, questa era maestosa.
Riuscivo ancora a ricordare ogni angolo in cui la polvere mi faceva starnutire, mentre Alejandro rideva di me.
Mi guardai intorno per ammirare la struttura, quando delle guardie mi vennero all'occhio, che bloccarono l'entrata per non farmi entrare. Avanzai verso il cancello e quando vidi che non c'era modo di passare agii in modo maturo e calmo, come i veri adulti.

"Sono Matteo Walker, mai sentito stronzi? Solo sicuro che il vostro bel capo vi abbia detto che io posso entrare, e se ancora non l'ha fatto e si è dimenticato di me, vi ucciderò uno a uno finché non avrò la via libera. Intesi?" domandai con uno sguardo tagliente, calando tutti come cagnolini.

Mi lasciarono passare di loro iniziativa neanche minimamente obbligati, ed entrai nella villa, ammirando l'interno affascinato come un bambino in un parco giochi. Camminai verso la stanza in cui sentii più voci, sperando di trovare il bastardo il più in fretta possibile. Infatti davanti ogni mia aspettativa trovai Alejandro steso sul letto, con due mulatte nude suo letto, che ridevano e scherzavano animatamente mentre lo accarezzavano, con una canna fra le labbra. Appena sentì la porta aprirsi cigolando si girò, e quando mi vide appoggiato alla porta impaziente sgranò gli occhi, riconoscendo uno dei tanti tatuaggi sul mio corpo, la rosa nera.

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