Capitolo 29

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Una persona morta dentro
ti guarderà sempre con
diffidenza.

Summer pov's

Quando mi risvegliai mi ritrovavo sdraiata in un letto. Non era il letto della mia stanza. Le lenzuola erano bianche proprio come le pareti, appeso su di una di esse c'era un piccolo televisore spento.
Alla mia sinistra c'era una grande finestra che dava la vista su un cortile.
Dall'altro lato c'erano dei macchinari spenti e una sedia con seduto sopra Kevin che sonnecchiava con la testa piegata di lato.
Aveva un'espressione serena, sembrava così tranquillo che mi doleva disturbarlo dal suo sonnellino.

Ora mi resi conto che ero in un ospedale. Il corpo un po' mi faceva male, soprattutto il sedere e la schiena. Poi come un treno, che ti investe senza avere la premura di frenare, i pensieri mi sommersero riempiendo la mia mente che fino a poco fa era libera.

I ricordi della notte precedente -credo che sia stata la scorsa notte- bussarono alla porta e le immagini mi si spiattellarono davanti agli occhi.

Marco che mi inizia a palpare il corpo senza pietà, il tavolo freddo, mio padre con le mani legate e il volto tumefatto per colpa dei pugni. Marco che spara. Cade a terra. Davanti a me giace Alexandra in una pozza di sangue. Le urla. I pianti. Poi tutto nero, forse ero svenuta, non me lo ricordo.
Una lacrima mi scese solcandomi la guancia. Alexandra era morta? Impossibile lei era più forte di una pallottola, però non era immortale. L'ansia mi assalii. Inizia a non respirare.

Kevin si risvegliò con uno scossone, quando notò che mi ero svegliata i suoi occhi si illuminarono ma la luce si spense subito non appena vide in che condizioni fossi.

Stavo ansimando, non riuscivo più a respirare e il pianto di certo non aiutava. Il mio corpo era in preda a forti tremori, sentivo che anche il mio cuore si stava spostando nel torace.

Kevin si avvicinò a me. Mi prese il volto con le mani a modo di coppa e mi studiò attentamente.

«Non riesco...» "A respirare" volevo dire, ma le parola mi morirono in gola depositandosi nello stomaco come un macigno.

«Respira con me» Il suo petto iniziò ad alzarsi notevolmente. Io non riuscii a seguirlo. Appena prendevo un po' d'aria tremavo e non mi arrivava nemmeno ai polmoni.

«Summer stai avendo un attacco di panico, devi concentrarti con la respirazione, segui me» Cominciò di nuovo a respirare con calma. Con fatica riuscii a riprendere fiato regolarmente.

«Perchè?» Chiesi con ancora le lacrime agli occhi. Kevin ne raccolse una col pollice, poi mi baciò e quello che era successo poco fa fu solo un brutto ricordo. Uno dei tanti.

«Non lo so Sum, non lo so» Mi sussurrò, il suo fiato si scontrava con le mie labbra.

Qualcuno aprì la porta, Kevin si staccò da me e voltò lo sguardo dietro di sé. David fece il suo ingresso. Kevin lo salutò con un cenno del capo invece io rimasi lì a guardarlo smarrita.
Poi mi ricordai della felpa che mi aveva consegnato la sera precedente. Ora non la indossavo più, avevo solo una tunica da ospedale.

«David scusa ma non so dove sia finita la felpa» Sussurrò in imbarazzo. L'unica volta che David era stato gentile con me prestandomi qualcosa io ovviamente dovevo perderla.

«Non me ne frega della felpa ora sto solo pensando a come stai» Stavo sognando? David era gentile con me?

«Bene credo, come stanno gli altri?» Chiesi sperando che almeno lui sappia qualcosa su Alexandra.

«Gli altri sono un po' tristi, nulla di grave, tuo padre è messo male ma si riprenderà, per quanto riguarda Alexandra.. È in sala operatoria ora» Sussurrò l'ultima frase. Io sussultai. Pensavo che fosse già uscita da quella stanza.

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