Capitolo 30

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Sotto la tua pelle
vive la luna.

Kevin pov's

Il mio cuore si spense, io mi spensi. Probabilmente la luce nei miei occhi, da giorni ormai sempre presente, si era spenta e non sarebbe più tornata. Sentivo il mio cuore bruciare e più avanti sarebbe diventato solo un grande cumulo di cenere trasportato via dal vento. Fissai Summer. Era bellissima. Aveva il volto un po' pallido ma rimaneva lo stesso la mia déa. I suoi capelli biondi erano mossi e morbidi al tocco, lo avevo potuto constatare alla festa, i suoi occhi erano scuri come i miei, quello scuro che ti dà sicurezza, appartenenti a una ragazza stupenda. Summer doveva essere stimata da tutti e tutto il mondo doveva prenderla come esempio. Lei aveva subito un passato troppo turbolento. Un uomo le aveva tolto tutto, non mi era stato ancora detto com'è collegato con Summer e probabilmente non l'avrei mai scoperto. Da quando ero venuto a sapere cosa era stata costretta a passare cercavo di toccarla delicatamente e volevo sempre avere il suo consenso.
Puntai lo sguardo nei suoi occhi e me ne pentii immediatamente. Anche nei suoi non era presente nessuna luce, parevano cupi. Se non conoscessi Summer avrei scommesso che quella persona era senza sentimenti.

«Perchè» Riuscii a sussurrare. Sembrava più una supplica che una domanda. Ero così indifeso. Dovevo riprendere le redini in mano e ritornare lo stronzo di una volta.

«Perchè non può funzionare, non ho altro da aggiungere» Deglutì a fatica e lo notai. Io annuii solo una volta con un gesto deciso. Strisciai la sedia sul pavimento emettendo un sonoro stridio. Mi alzai, e me ne andai senza salutarla.

Mi chiusi la porta alle spalle e mi appoggiai alla parete e piano piano scesi giù fino a quando il mio sedere non si scontrò con il freddo pavimento. Mi sedetti in una posizione più comoda e mi presi la testa fra le mani.


Rimasi lì per un tempo indefinito, so solo che i miei pensieri presero un groviglio strano e, per rendere quell'ammasso di fili in un unico teso era alquanto complicato, quindi decisi di lasciare la mia mente così. Piena di nodi che prima o poi li avrei snodati.

Stava arrivando qualcuno. Era Vanessa. In volto aveva stampato un sorrisone. Solo lei era in grado di sorridere così tanto anche in situazioni critiche.

«Ciao Kevin» Mi salutò fermandosi davanti a me. La guardai dal basso. La salutai con un cenno del capo.

«Come mai non sei in stanza con Summer?» Aveva un sopracciglio alzato e il sorriso se n'era andato dal suo volto lasciando spazio alla confusione.

Mi alzai. Ora i nostri volti erano vicini, Vanessa fece un passo indietro per riprendere una certa distanza. Adesso ero io a guardarla dall'alto dato che ero più alto di lei.

«Chiedilo tu stessa a Summer» Detto ciò me ne andai. Chissà dove. Forse sarei tornato all'università.

Scesi le scale incontrando alcune infermiere che mi ammiccavano oppure si sbottonavano di uno o due bottoni la camicetta. Io alzavo gli occhi al cielo appena vedevo dei gesti così patetici. Aprii la porta che dava sul parcheggio dove costeggiavano le nostre moto. Mi issai sulla mia con il casco in testa. Lo allacciai, accesi il motore e partii verso l'università.

Probabilmente lì avrei trovato una ragazza pronta ad entrare sotto le mie coperte per un'ora o poco più. Avevo bisogno di svagarmi. Sapevo che era sbagliato. Ero consapevole che non me lo sarei mai perdonato ma non avevo altri metodi.
Il groviglio che avevo in testa si fece più fitto dai sensi di colpa. Li riscacciai via sopprimendoli.

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