13.Accorgersi di una piaga inaspettata

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Avete presente quando la vostra vita prende una piaga inaspettata?

Un bel giorno smetti di svegliarti la mattina e sapere già cosa fare in modo meccanico, smetti persino di perderti nelle tue fantasie a occhi aperti. Un giorno smetti semplicemente di essere ciò che avevi sempre creduto di essere, o ciò che gli altri ti avevano fatto credere di essere.

Avvertii un senso di adrenalina sviscerarsi nelle vene, quando in mezzo alla folla di persone che accanite urlavano diversi nomi ,a me sconosciuti,
capii di non essermi mai sentita più viva di così.
Nonostante la morsa allo stomaco per il poco spazio e numerose gomitate distratte che ricevevo, rimanevo immobile trasportata da una corrente misteriosa. I piedi saldi al marciapiede.

Avvistato uno spazio vicino a quella che sembrava essere una porta di servizio, mi ci appoggiai accanto, tutti erano accalcati in prossimità del centro, impazienti di godersi lo spettacolo dalla prima fila.

Aspettavo sempre più nervosa la fine della gara , con la puzza di smog che aleggiava nell'aria congiunta a quella stantia di fumo e alcol. Non vedevo l'ora di andare via da quel posto e ogni minuto che passava sembrava interminabile. Ma prima dovevo scoprire che ruolo aveva mio cugino in tutta quella raccapricciante faccenda.

Girai il polso l'ennesima volta per controllare l'orario, ed erano passati sì e no dieci minuti da quando ero lì fuori, ma sembrava un'infinità.

«Ehi, biondina.» Udii vicino e alzando subito lo sguardo mi accorsi di un uomo che avanzava verso di me. Ingoiai il groppo in gola che avevo da un po', e dopo avergli dato una rapida occhiata, che servì decisamente a farmelo inquadrare come persona da evitare, distolsi lo sguardo.

«Che ci fa una ragazza carina come te in un posto come questo?» Mi domandò affiancandomi al muro, mentre l'alito pieno di scotch mi arrivava
dritto al naso e in una smorfia mi trattenevo dal non vomitare.

Sospirai lievemente e premetti le mie labbra per impedire a me stesa di rispondere in maniera scortese, cosa che mi avrebbe recato solo altri guai.Continuavo a guardarmi intorno, sperando capisse che non avevo intenzione di dargli corda e che volevo si spostasse da qui, sentivo il suo fiato addosso e mi metteva a disagio.

«Fai la misteriosa, tesoro?» Gongolò alzando una mano nella mia direzione. Mi spostai subito e lo guardai negli occhi arrossati e lucidi che presero subito un' espressione meschina al mio rifiuto.
«Sai...Potrei farti vedere qualcosa di più interessante che un incontro tra macchine rubate...» disse con sorriso lascivo, ritentando e trascinando sul muro l'avambraccio che aveva appoggiato all'altezza della testa.

Avevo un carattere piuttosto spigoloso e poco accondiscendente per scocciature simili, odiavo trovarmi in determinate situazioni.

«Gentile, ma passo.» sillabai priva di interesse guardando la folla. Se ce ne fosse stato bisogno avrei trovato qualcuno che mi avrebbe aiutata
qui dentro?

Evidentemente non soddisfatto del mio ulteriore declino si indispettì e mi rivolse un'occhiata arrabbiata, pronto forse a ribattere o avvicinarsi ancora. Con un gesto avventato mi afferrò le braccia e mi portò davanti al suo viso.

«Forse non sai come funzionano le cose qui. Credimi sono stato anche fin troppo cortese, adesso basta parlare.» Sibilò all'orecchio. Freddata da quelle parole, non ebbi il tempo per sapere che cosa rispondere per uscire bene dalla situazione, quindi iniziai a divincolarmi.Mi preparai già a lottare e mollargli uno schiaffo, se fosse stato necessario. Con mia grande sorpresa non dovetti fare molto, se non per niente, che mi lasciò subito, come se scottato, addirittura spingendomi via da lui.

Confusa lo guardai per scoprire che i suoi occhi non erano diretti verso di me, ma alle mie spalle.
Un'espressione che potrei definire di terrore cresceva sul suo volto e girandomi vidi un ragazzo che lo stava fissando. Lui.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora