3.Gabbia di maschere

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Vidi quel ragazzo dell'aula.

Quello che dentro sembrava portarsi un odio che non avevo mai visto dipinto in faccia a nessuno, e mi chiedevo se davvero avesse la mia stessa età e avesse potuto contenere tutta quella rabbia in un solo corpo. Aveva un cappellino sulla fronte che gli copriva gli occhi, una maglia grande dei Nirvana e dei jeans larghi.

«Allora, piaciuta la vacanza...Kaulitz?» Josh gli arrivò di fronte con aria minacciosa, ma in tutta risposta l'altro non indietreggiò, come se ciò non alo scalfisse.

Non sapevo bene come descrivere la persona che mi era apparsa davanti, forse come un vulcano in eruzione e di cui conoscevo ben poco. I due ragazzi continuavano a fissarsi, o meglio Josh continuava a farlo perché Tom lo ignorava.

«Allora?» ripeté quell'ultimo incazzato.

«Cosa?»

«Perchè. Sei. Qui.» Josh lo prese per il colletto.

«Non mi sembra che io debba darti spiegazioni.»Tom lo congedò con uno sguardo indifferente, prendendogli la mano con freddezza. Josh traboccava dall'ira, era pronto per tirargli un pugno, lo alzò e poi titubante lo tenne a mezz'aria. Il solo a fermarlo fu quel ragazzo con gli occhiali che si frappose tra loro.

«Blake...» digrignò i denti rivolgendosi all'amico che non tradiva le sue emozioni.

Il moro si allontanò sorpassandolo con una spallata mentre spariva verso le stradine albergate da lampioni, estraniandosi da quella atmosfera pesante generata dalla sua comparsa improvvisa.

Tutto parve ritornare in una sfera di normalità.
Anche se a dirla tutta, dallo sguardo di preoccupazione di Drew, lui non sembrava esserlo.
Ma quando stavo cercando in tutti i modi di rilassarmi, non di interagire, solo di rilassarmi da quello stato di vigilanza, un ragazzo in lontananza mi additò con lussuria.

«Ah, Tom.» si intromise in tono confidenziale.

«Hai conosciuto la cugina di Drew da Berlino?» si lasciò scivolare quelle parole sulla punta della lingua con allusione.

«Skylin.» mi indicò con il palmo della mano aperta e per la prima volta il ragazzo dalle treccine scure, chinò il capo in sù per giungere fulmineo con gli occhi verso di me. Non c'era nulla lì. Erano vuoti, spenti, lo erano. E allora perché al suo contrario, dentro di me non c'era altro che un tornando vagante che mi stava distruggendo le osse e ogni fibra del corpo?

Come la prima volta che l'avevo incontrato per sbaglio. Lo stesso identico effetto.

«Grazie per la presentazione non richiesta, la prossima volta saprò a chi rivolgermi per conoscere nuova gente, dato che sei stato così gentile.» gli sfoggiai un sorriso da marchio di fabbrica, che significava ben altro. Tom non aveva distolto lo sguardo, anzi lo aveva intensificato. Lo sapevo che si ricordava di me, anche perché ci eravamo letteralmente incontrati qualche giorno fa.

«Da Berlino eh?» increspò un sorrisetto amaro ai lati delle labbra.

Ma non era un sorriso divertito.

«Sì, sai se non conosci la geografia si trova sempre in Germania.» replicai con sarcasmo. Tom non diede minima importanza a quella battuta, e fece un tiro della canna che gli aveva appena passato Gustav.

«E cosa ci fa una ragazza da Berlino, qui nella remota Lipsia?» chiese accompagnato da una pungente ironia.

«Beh, una mattina mi sono svegliata e ho deciso di fare la maratona della Germania a piedi.»affermai, continuando a sferrargli le stesse carte con cui lui stesso giocava.

Tom scosse la testa come a capacitarsi di quanto fosse fastidioso il mio ribattere a tutto ciò che diceva con una vena di satira. Poi si lasciò andare con la schiena contro la panchina per godersi meglio la mia vista rigida di fronte.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora