41.Universo parallaelo

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{Piccola precisazione temporale}
Con 3 anni prima si intendono eventi successi in seguito all'incendio all'orfanotrofio.

MAEVE
3 anni prima

Tom non c'era più.

Sembrava di star continuamente in bilico sul filo del rasoio. Non ricordavo un attimo di pace in cui evidenti drammatici non avessero scosso le nostre vite.

Mi guardai nel rifletto nitido del telefono e presi un profondo respiro. Bussai alla porta della camera d'ospedale, stampandomi un falso sorriso sulle labbra. Ormai era consueta abitudine che andassi a trovarla durante il suo recupero psicologico.

Pensavo si fosse ripresa dopo la scomparsa di Tom, eppure quel giorno rivedendo il volto di Bill, qualcosa era andato storto. Sky era scoppiata in un pianto incontrollato ed era andata in una profonda depressione. Ora pareva stare meglio.

«Sky, sono venuta a-» le parole mi morirono in bocca quando notai l'assenza della sua figura stesa sul letto. Lei non c'era.

Era andata via.
Sky era andata via per sempre.


S K Y
presente

Si diceva che i capelli racchiudessero ricordi.

Forse era per quello che li avevo tagliati. Avevo deciso di tagliare il ponte che collegava la persona che ero ad oggi a quando ero un'adolescente di diciassette anni e vivevo a Lipsia. A quando dovevo solo preoccuparmi di avere buoni voti a scuola, e nient'altro.

A quando ero felice.
O forse mi illudevo di esserlo, nel barricarmi tra le mie insicurezze e notti bianche. Nel credere che la felicità fosse solo un sentimento lontano.

Adesso il biondo dei miei capelli era solo un ricordo sbiadito dal tempo. Il colore scuro, di un nero intenso, era ciò che fissavano i miei occhi nel riflesso di un anonimo bagno dell'Università di psicologia di Berlino. I miei occhi erano più dilatati del solito, in quegli ultimi tempi facevo un abuso esagerato di caffeina. Estrassi dalla borsa nera, le pillole lassative che mi aveva prescritto il dottore.

Guardai l'etichetta trattenendo il barattolo tra le unghia smaltate: dovevo smettere di prendere medicine.

Tutto intorno a me era più amplificato, quasi mi fischiavano le orecchie. Le luci briciavano quasi sulla mia pelle, e quello che era il chiacchiericcio generale mi arrivava fastidiosamente ai timpani, come urla. Misi le mani attorno allo specchietto.

Chissà perché dentro quegli occhi verdi, rivedevo i suoi occhi scuri.

Trattenni il fiato per un secondo. Un singolo istante. Aggrappandomi alla sensazione di vuoto che colmava lo stomaco, all'incompletezza che presagiva il mio petto.

Vai avanti.

E poi l'aprirsi d'improvviso di una porta e il rumore della campanella mi riportano alla realtà.

Riaprii subito le palpebre e cercai di acquisire un minimo di autocontrollo, mentre due studentesse varcavano la soglia in un'espressione sorridente e giocosa.

Ero ancora all'università.

Raccolsi le mie cose e con passo veloce mi diressi lungo i corridoi, dove la parola silenzio di certo non rientrava nel vocabolario di quel luogo tanto affollato. Forse però stare in mezzo a tanta gente mi aiutava a non far caso ai miei pensieri e a quanto la mia solitudine si stringesse al mio cuore.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora