18.Ricorda che ogni ferita ha bisogno di essere curata

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𝐒 𝐊 𝐘

La situazione era soffocante.

Seduti in un tavolo di un bar, appena vicino scuola, facevo passare il mio sguardo guardingo tra mio cugino che avvertiva il mio stesso disagio, ma riusciva a mascherarlo bene nella sua postura rilassata e Tom che invece ,come al suo solito, era immobile nella sua postura rigida, mentre fumava con la schiena contro il muro e si estraniava dal nostro mondo per rifugiarsi nel suo.

E poi c'era lui: un ragazzo che dava l'aria di avere più o meno venticinque anni, dai capelli scuri e leggermente lunghi che teneva dietro con una molla, la quale racchiudeva una piccola porzione di chioma in un codino a metà. L'orecchino nero che aveva al lobo spiccava al lato del suo zigomo definito, così come la sua collana pendente al collo in una croce.

Aveva una indescrivibile aura che rendeva impossibile agli occhi degli altri, non fissarlo o non notarlo. Ma non incuteva timore.

Era solo...Una presenza forte, che disperdeva carisma in ogni suo piccolo gesto o respiro. Soprattutto quando ti guardava, con quegli occhi scuri, assottigliati in una forma elegante, le sue sopracciglia folte, le sue labbra. I suoi lineamenti avevano caratteristiche pittoresche, quasi come se l'avessero dipinto.

Priva di discrezione alcuna, presa dell'attrazione che emanava quel corpo scolpito, feci scendere lo sguardo più in basso, dal mento alle clavicole, dalle clavicole alle spalle larghe coperte in una giacca di pelle nera e la maglia bianca attillata.

Ma la cosa che più mi folgorò e attirò la mia attenzione, fu la cicatrice che aveva sulla palpebra, una profonda e vivida di dolore.

«Toglierei anche la giacca, ma sai com'è...Siamo quasi a dicembre.» asserì riportandomi subito alla realtà, rialzai all'istante gli occhi verso i suoi che mi scrutavano divertiti.

Girai la cannuccia della coca cola che avevo preso, fino a piegarla quasi nella lattina rossa.

«Ma cos'è, voi ragazzi soffrite tutti di un complesso genetico di narcisismo? Perché propinate sempre le stesse battute...» roteai gli occhi al soffitto in modo annoiato.

Il ragazzo sorrise beffardo, non scomponendosi alla mia frecciatina.Anzi, con un certo tono attitudinale si poggiò completamente allo schienale della sedia nera del bar e mise le braccia lungo i lati di essa. Mi stava fissando ancora più intensamente.Non seppi il perché, ma a primo impatto quello sguardo mi ricordò quello di Tom.

Freddo. Con la sola differenza che il suo, era intinto di uno sfondo vivace, burlesco, l'altro invece era solo gelido, esente di alcuna emozione visibile all'esterno.

Mi metteva a disagio. Eppure mi convinsi che distogliere lo sguardo, sarebbe stato come perdere una sfida.E io le sfide odiavo perderle.
Così lo mantenni fissa, aggrappando la forza che avevo in quel contatto visivo. Perché non lo avrei di certo intimorito, ma avrebbe capito che non avrei avuto paura di lui.

Sollevò curioso un sopracciglio.

«Ti piace sfidare la gente, eh?» chiese divertito.

«E poi mi piace batterle.» risposi sfacciata.

Ampliò il sorriso sghembo che aveva tra le labbra e intravidi delle piccole fossette sulle guance fare capolino. Poi voltò il capo nella direzione di Drew che era intento ad osservare in silenzio la conversazione, puntando ogni tanto il dito sul tavolo preso nei suoi pensieri.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora