𝐏𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐮𝐞

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(Premessa)
la storia che andrete a leggere, é frutto della mia immaginazione. Pertanto i presta volto, rispettivamente membri della band, Tokio Hotel, non hanno nulla a che vedere con i comportamenti e i fatti presenti qui! Inoltre, il testo contiene tematiche molto delicate, se siete sensibili vi sconsiglio la lettura, io vi ho avvertiti!

DETTO CIÒ, BUONA LETTURA
BENVENUTI IN 24 CARATI💎

Dio offre il destino...
ma è l'uomo a sceglierlo.
Questa è la mia fede.
(Flora,Berserk n°48)


Mi ero sempre chiesta come sarebbe andata la vita di ognuno di noi, se avessimo l'opportunità di prendere le scelte giuste; Di non frequentare chi non dovremmo, di non agire come non dovremmo e di non lasciare che i nostri sentimenti ci influenzino troppo in maniera preponderante, quasi a farci ragionare da persona estranea a quelli che erano i nostri parametri di giudizio e orientamento.

Sarebbe bello avere accanto qualcuno che ci suggerisca cosa dire in alcune situazioni, saper fare cose che ci farebbero risultare più popolari agli occhi della gente...Ma la verità, quella reale e così logica, era che gli unici a poter stimolare la nostra mente, eravamo noi stessi e l'ambiente che ci circondava. Se si desidera cambiare te stesso, bisognava prima cambiare il tuo modo di ragionare e di vedere le cose.

Perché chi aveva la folle idea di cambiare il mondo, senza aspettarsi di dover smuovere qualcosa, un meccanismo dall'interno, era fottuto già dalla linea di partenza.

«Fumare ti ucciderà!» sospirò cinico mio cugino, arrivando in skateboard dall'altra parte del marciapiede. Scrostai le spalle dal muro freddo di "casa mia" e gettai fuori dalle labbra un'altra scia bianca di fumo passivo.

«Sai quante cose ti uccidono che pensi siano innocue? Di questi tempi mi aspetto più che sia una bomba nucleare a uccidermi, che della nicotina...» gli risposi ricambiando il suo sguardo provocatorio. Drew posò lo skateboard sul prato del vialetto con molta delicatezza, era la cosa che più al mondo gli fosse cara, e guai se qualcuno glielo avesse danneggiato. Poi si avvicinò con le mani in tasca e dopo avermi rivolto un'occhiata divertita, si fermò di fronte. Sembrava fosse sul punto di abbracciarmi, ma impacciato se ne stava inerme, giocando con la manica del giubbotto impegnando lo sguardo altrove.

«Guarda che se mi abbracci non ti immischio mica qualche malattia genetica non rivelata...Oppure hai paura che i tuoi amichetti ti vedano e ti rovini la reputazione?» constatai con il sopracciglio inarcato. Lui strabuzzò gli occhi come se fosse stato colto in fragrante a fantasticare tra i suoi pensieri più reconditi.

Ma solo io sapevo il perché si comportasse a quel modo così trattenuto.

«Che stupida sei...» borbottò sciogliendosi da quello stato di rigidezza iniziale. Mi diede, scherzando, dei pizzichi sul braccio come faceva da piccolo, ogni volta che litigavamo per chi avesse dovuto cambiare canale della televisione.

Inutile aggiungere, che quello che piangeva alla fine era sempre lui...

Mi era mancata quella vicinanza negli abbracci, che ti faceva pensare: lo sento vicino, sento il suo cuore battere dalla gabbia toracica e scontrarsi con il rumore del mio. Quella cosa lì, ecco io la chiamavo odore di casa.

«E lo zio...Com'è?» domandò rapito dalla curiosità.
«Lo stesso immagino.» asserii.
«Wow, puoi anche smettere di parlare troppe descrizioni insieme!» sogghignò ironico.

Sulle scalette del porticato di casa, le uniche cose che ci passavano davanti erano biciclette e ogni tanto macchine che parcheggiavano nei garage; era così silenziosa quella cittadina, rispetto a Berlino, che faticavo a credere di trovarmi su un pianeta abitato.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora