17.Ebrezza del pericolo

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Gli adulti dicono tante cose.

Gli adulti ti dicono come comportarti, cosa dire e chi frequentare: ecco, questo mio padre non l'aveva mai fatto. A lui non era importato cosa dicessi davanti agli altri, cosa facessi o con chi uscissi.

Lui stava lì. Nel suo cappotto scuro, gli stivali malconci, il maglione azzurro e i capelli grigi.

«Papá?» chiesi non credendo ancora a ciò che avessi davanti ai miei occhi.Il mio sguardo rimaneva fisso tra la sua figura seduta sul letto, impassibile e quella di Drew che gli era di fronte.

Perché era lì? In questi giorni non era mai a casa per questioni di lavoro.

«Cosa ci fai qui?» continuai fredda, dato che la freddezza era il sentimento che più tra tutti ci legava. Non affetto, straripante di calore, solo semplice freddezza.

Io ero sua figlia, lui era mio padre.
E ciò non sarebbe cambiato. Eppure non c'era nessun filo a legarci, semplice sangue. Credevo, che se lo avessi rivisto di nuovo, non avrei sentito quella stretta allo stomaco.Ma la sentivo. Cos'era? Risentimento, rabbia, o il vuoto che avrei voluto colmare?

«Vi lascio soli.» affermò Drew alzandosi in piedi verso la porta, dove eravamo io e Tom, il quale era alle mie spalle e osservava come spettatore passivo la scena. Mio cugino mi riserbò un'occhiata di sbieco, facendo segno con il capo al ragazzo con le treccine di seguirlo per lasciarci il nostro spazio. Tom rimase fermo per un paio di secondi, appoggiato contro il muro del salotto, poi chiuse la porta d'ingresso con discrezione.

Misi le mani al petto e con lo sguardo basso, mi appoggiai alla scrivania di legno; non sapevo il perché, ma avvicinarmi a mio padre, mi toglieva il fiato in senso negativo. Non volevo esserci troppo vicina. Ero troppo ferita.

«La casa di Drew é piena di robaccia, dovrebbe essere più ordinato soprattutto visto che Margaret e Jack non ci sono.» constatò dando un veloce colpo di occhi in giro.

«Non che la nostra casa risplenda di luce propria.» risposi fredda.

«Sì, ma-»
«Papá, cosa vuoi? Non hai mai cercato di parlarmi quando sono a casa, e adesso ti presenti qui? A te che non ti é mai importato di venire a trovare tuo nipote?» scossi il capo con disappunto e amarezza.

«Sono tuo padre, cerca di essere meno irrispettosa.»

Quella frase mi fece ribollire il sangue nelle vene.

«Solo adesso te ne sei ricordato?» domandai con acidità che sgorgava dalla voce. Se i miei occhi avessero potuto rigettare veleno, forse, mio padre a quest'ora sarebbe stato avvelenato.

«Lo sai che ho sempre lavorato e non ho mai avuto tempo per-» lo interruppi fulminea allungando una mano e aprendo il palmo.

«Per cosa? Per occuparti della tua famiglia, di tua moglie fuori controllo oppure di tutti i problemi che ci stavi causando? Se tu non avessi detto quelle cose, quel giorno...» strinsi il pugno, mi stavo addentrando in dinamiche passate che non avrebbe fatto bene a nessuno dei due ritirar fuori.

«...Sarebbe andata in modo diverso.»

Solo in quell'istante di realizzazione, mi resi conto che la mia non era più rabbia. Io, non ero più un'adolescente arrabbiata, che provava a ribellarsi in tutti i modi.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora