39.Edificio in fiamme

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D R E W
2 anni prima

Era passata appena una settimana e alla tv non si faceva che parlare dell'incidente avvenuto al Monster Beat.

«Ritrovato il corpo di un giovane diciannovenne, figlio di uno dei capi più influenti della mafia: stiamo parlando del clan Rojas. Non si conosce l'identità del presunto assassino, perché le indagini sono ancora in corso, causa: lo scompiglio della ribalta tra diverse fazioni di clan, che fortunatamente non hanno riportato alcuna vittima. Allora Chris-» il telecomando mi fu strappato dalle mani e lo schermo diventó nero.

«Smettila di guardare queste cose o impazzirai.» commentò repertorio Tom con una sigaretta spenta tra le labbra.

«Forse sono già impazzito.» asserii con il respiro che mi mancava e il magone che avevo sullo stomaco da quella fatidica sera.
«E invece no.» ribatté tracotante lui.

«Tom.» lo guardai negli occhi senza nascondere alcun sintomo di reticenza «Io sono un assassino. Io ho messo fine alla vita di una persona e merito di subire la stessa fine per ciò che ho fatto.»

«Dagli un taglio con questo tipo di cazzate! Tu non farai una fine del genere. Mai. Mi hai capito?» mi prese i lati del volto e cercò nel suo margine di delicatezza velata di rasserenarmi e non viaggiare troppo oltre con la mente, non lasciare che il mio pessimismo avesse sopraffazione sulla poca lucidità rimasta in circolo.

«Resto con te fino alla fine, chiaro?» mi scosse ancora una volta Tom, con gli occhi più vividi che mai.

«Ti proteggerò a qualsiasi costo.» promise solenne, privo di alcuna esitazione, fervido nella sua armatura di sicurezze fittizie che lo rendevano forte agli occhi di tutti e senza cuore.

Tom diceva così, lui provava a nascondermi dal resto del mondo e dallo sporco che mi stava raggiungendo, che mi stava imprigionando.

«Tom?» lo richiamai una volta che si era voltato di spalle per accendersi la sigaretta e ricostruirsi la maschera che gli era allentata.
«Che c'è?» bisbigliò a bassa voce, come se qualcuno ci avesse potuto sentire.
«É questo il mondo che tanto ti portavi dietro? Come hai fatto, insomma, come hai fatto a sopravviverci per così tanto tempo?»

Avevo tutto il corpo che tremava, che esalava respiri lenti e fiacchi. Perché ormai sapevo non sarei stato più lo stesso di prima.

«Ho ferito per non essere ferito.»

É nell'istante in cui proferì quelle parole macchiate da profonde cicatrici di sofferenza e rabbia, il suo cellulare squillò e lui rispose esente da qualsiasi emozione che corrispondesse perfino ad una condizione di noia perenne da cui l'uomo non era mai riuscito a scappare, caduco nella sua prigione di solerzie speranze e sentite passioni che nulla avranno un buon finale.

«Andiamo a fare un giro?» propose il moro voltandosi nella mia direzione.

Sorrideva.
Lui stava sorridendo anche se io sapevo benissimo che non avrebbe voluto farlo.

«Andiamo.» accettai in un groppo in gola.

J O S H
2 anni prima
Stesso giorno.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora